Piero Marrazzo lascia la politica:
«Mi dimetto, sofferenza estrema»

Piero Marrazzo (foto Lapresse)
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Martedì 27 Ottobre 2009, 10:25 - Ultimo aggiornamento: 9 Febbraio, 23:00
ROMA (26 ottobre) - Piero Marrazzo si dimesso dalla carica di presidente della Regione Lazio. Le dimissioni, che secondo lo Statuto comportano anche lo scioglimento della Giunta e del Consiglio regionale, diventeranno efficaci da domani, quando il presidente del consiglio regionale dichiarerà con decreto la cessazione dalla carica. Scontro tra maggiornaza e opposizione sulle elezioni del dopo-Marrazzo. Sul lato delle indagini l'inchiesta si estende ad un presunto giro di ricatti ad altri clienti. La procura, inoltre, cerca il secondo video del quale ha parlato il trans Brenda, al momento irrintracciabile. I trans interrogati: non ci sono altri politici tra i nostri clienti.



La lettera. «Le mie condizioni personali di sofferenza estrema non rendono più utile per i cittadini del Lazio la mia permanenza alla guida della Regione. Comunico con la presente le mie dimissioni definitive ed irrevocabili dalla carica di presidente della Regione». Questo il testo della lettera che Marrazzo, travolto dallo scandalo di un video che lo ritrae con un trans e ricattato da quattro carabinieri finiti in manette, ha inviato al vicepresidente della Regione Esterino Montino e al presidente del Consiglio regionale Bruno Astorre. Rivolgendosi «a tutti coloro che mi hanno sostenuto ed a quanti mi hanno lealmente avversato» Marrazzo precisa che «finché mi è stato possibile ho operato per il bene della comunità laziale». «Mi auguro che questo possa essermi riconosciuto al di là degli errori personali che posso aver commesso nella mia vita», conclude Marrazzo nella lettera.



«Basta, voglio chiudere, non avere più nessun contatto con la mia vita politica», avrebbe detto ai suoi collaboratori annunciando la decisione che sarebbe stata una scelta dello stesso presidente che in molti descrivono «in uno stato di salute molto preoccupante». Montino ha spiegato che Marrazzo «si è dimesso perché il suo stress, il suo malore, il suo malessere, sono veramente forti determinando un impedimento che non è temporaneo ma si va consolidando come un impedimento più lungo».



Bagarre sulla data delle lezioni. L'attuale maggioranza di centro sinistra, che per bocca del Presidente del Consiglio regionale Bruno Astorre si appella al governo per evitare di andare al voto il 7-8 marzo, in anticipo rispetto al voto nelle altre regioni. Il centro destra chiede di andare subito al voto senza escamotage o interventi governativi dell'ultim'ora. Le due diverse posizioni sono divise da soli 20 giorni. Anche se c'è chi, come il deputato romano del Pdl Fabio Rampelli, sostiene che si potrebbe votare addirittura entro gennaio. Stando alle regole che si è dato il Lazio, le elezioni devono tenersi il 7 e l'8 marzo perché dopo l'uscita di scena ufficiale del Presidente devono passare al massimo 135 giorni. Ai 90 giorni di tempo per redigere i decreti per l'indizione dei comizi elettorali devono essere aggiunti 45 giorni che sono la condizione necessaria per darne notizia agli elettori con apposito manifesto. La data a tutt'oggi proposta dal ministro dell'Interno Roberto Maroni per le elezioni è il 28 marzo, ma deve essere ancora ratificata dal Consiglio dei Ministri di domani e, dunque, lo spiraglio ci sarebbe. Dal canto suo Montino si appella invece all'opposizione: «tecnicamente si può arrivare al 28 marzo e mi sembra una soluzione ragionevole per unificare tutte le scadenze elettorali. Non ci sono impedimenti tecnico legislativi a questo, previo un accordo politico istituzionale». Secondo Montino, tuttavia «sarebbe ridicolo e forse assurdo fare le elezioni il 7 marzo e farne altre il 28 e il 29 marzo, dopo soli 20 giorni, per tantissimi comuni e per l'intera provincia di Viterbo».



«Elezioni subito», è quanto chiede il Pdl. Federico Mollicone, consigliere comunale del Pdl, si unisce alla richiesta di Marco Marsilio: «convocazione immediata dei comizi elettorali senza attendere i termini massimi, in modo da permettere ai cittadini del Lazio di votare entro Natale ed avere già da gennaio un governo regionale legittimato e nel pieno dei suoi poteri».



Il Segretario Regionale dell'Udc Luciano Ciocchetti ribadisce la legittimità «di svolgere le elezioni regionali ai sensi dello statuto e nell'interesse di tutti nel turno di election day». Anche Alessandro Pignatiello, coordinatore della segreteria nazionale del PdCI, chiede «che si vada al voto il 28 e 29 marzo, in occasione dell'election day».



Alessio D'Amato (Pd), presidente della Commissione regionale affari costituzionali e statutari chiede di «arrivare all'election day concordando l'iter con l'opposizione e l'approvazione di alcuni provvedimenti legislativi».



L'inchiesta si estende ad un presunto giro di ricatti dei quali potrebbero essere stati vittime clienti di transessuali. Non ci sono nominativi o numeri di presunte vittime dei ricatti, ma gli inquirenti, hanno deciso di estendere gli accertamenti sulla base di alcune rapine fatte ai danni di transessuali da sedicenti carabinieri. Si vuole cioè verificare se si siano verificati casi analoghi a quello di Marrazzo e se gli stessi trans siano stati oggetto di prevaricazioni e violenze.



La procura indaga anche su un secondo video, in cui comparirebbe Marrazzo in compagnia di transessuali e nel quale sarebbe coinvolto Brenda, uno dei trans che avrebbe avuto rapporti, ma l'interessato ha smentito. Gli inquirenti hanno incaricato i carabinieri del Ros di rintracciare Brenda e di verificare se, effettivamente, esista questo secondo filmato. Successivamente il transessuale sarà convocato per essere sentito come persona informata sui fatti.



I trans interrogati: Marrazzo nostro cliente, non ci sono altri politici. Marrazzo «era nostro cliente», uno dei tanti personaggi importanti che frequentavano via Gradoli, ma tra questi «non vi è nessun altro politico». È quanto avrebbero raccontato ai carabinieri del Ros i transessuali che sono stati ascoltati. Davanti ai militari sono tornati Natalie, il trans che anche oggi avrebbe negato di essere lei la persona nell'appartamento con Marrazzo, e altri cinque transessualii. Nessuno avrebbe ammesso a verbale il proprio coinvolgimento nella vicenda ma in via confidenziale più d'uno avrebbe raccontato di aver avuto rapporti con Marrazzo. Dagli interrogatori, inoltre, non sarebbero emersi elementi utili a chiarire chi ha messo o ha portato la cocaina nell'abitazione. E sempre in via confidenziale, alcune delle persone ascoltate oggi avrebbero raccontato che sarebbero state abbastanza consuete delle «scorribande» da parte dei carabinieri arrestati, per rapinare i trans dei guadagni delle loro prestazioni sessuali.



Nessun accertamento sul governatore da parte della magistratura spiegano dalla procura dove è stata smentita la voce di un avviso di garanzia e di convocazione di Marrazzo, anche se non è stato escluso che possa esserci prossimamente per approfondire alcuni aspetti. Le indiscrezioni parlavano di un possibile coinvolgimento nelle indagini di Marrazzo sotto il profilo delle dazioni di denaro ai quattro carabinieri accusati di averlo ricattato e per l'uso dell'auto blu per recarsi in via Gradoli. Per il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e per il sostituto Rodolfo Sabelli non ci sono dubbi che a girare il video siano stati i carabinieri Carlo Tagliente e Luciano Simeone e che a loro, oltre ai due colleghi Nicola Testini e Antonio Tamburrini, sia attribuibile la richiesta di danaro a Marrazzo. Quindi nessuna presunta attività corruttiva del Governatore del Lazio, secondo gli inquirenti, ma solo una evidente estorsione. Quanto all'auto di servizio è stato ribadito che Marrazzo poteva disporre del mezzo per qualsiasi suo spostamento. La procura nega anche che ci sia un'indagine su altri due

personaggi politici.



La storia dei 5000 euro. Cominciano a chiarirsi alcuni particolari poco convincenti, come quello dei 5000 euro. L'avvocato Luca Petrucci, che assiste Marrazzo, ha spiegato che i 3000 euro citati nell'ordinanza di custodia cautelare erano in realtà provento dell'attività di mercimonio del trans Natalie. La precisazione è stata fatta in merito alla notizia che 5.000 euro (tremila sul tavolino nell'appartamento e duemila nel portafogli di Marrazzo) sarebbero stato il compenso pattuito per la prestazione sessuale.



L'acquisto del video. L'avvocato di Marrazzo ha anche precisato che da parte del suo assistito non c'è mai stata la volontà di acquistare il video. Marrazzo ha avuto un contatto con il titolare della società Photo Masi (dove il Ros ha sequestrato il filmato) «per capire di cosa si trattava, dopo la telefonata fatta da Silvio Berlusconi che lo avvertiva della presenza in giro di un filmato che lo riguardava. Ma non è stata avviata alcuna trattativa».



Ma Carmen Masi, titolare con il marito Domenico della Photo Masi, racconta al settimanale Oggi che Marrazzo la chiamò il 19 ottobre, chiedendo di stipulare un «contratto di cessione in esclusiva» del video. «Lunedì 19 ottobre - racconta - vengo preavvertita da un giornalista della Mondadori, preferisco non dire chi, e nel primo pomeriggio ricevo una telefonata: "Sono Piero Marrazzo". Marrazzo, prosegue Carmen Masi, «parla lentamente, con lunghe pause, mi chiede di poterci incontrare. Gli dico che io sto a Milano, quindi propone di mandarmi una persona di sua fiducia, che mi chiamerà a breve. Poichè non ero convinta che si trattasse veramente di lui, e dato che mi si chiedeva di stipulare un contratto di cessione in esclusiva con un patto di riservatezza, in quella telefonata ho precisato che qualora ci dovesse essere un incontro, avrebbe dovuto svolgersi presso lo studio del nostro legale. Una nuova telefonata arriva il giorno dopo, è la versione della Photo Masi, dallo stesso numero. «Tanto che io - afferma Carmen Masi -, di getto, rispondo dicendo "buonasera dottor Marrazzo". Ma il mio interlocutore si qualifica come "emissario'" del governatore. Fissiamo l'appuntamento per mercoledì sera». Un incontro che non ci sarà mai perchè nella notte intervengono i carabinieri del Ros.



La procura replica a Cossiga: non abbiamo protetto nessuno. «Non abbiamo protetto nessuno. Non corrispondono al vero le parole pronunciate ieri dell'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga» sul caso Marrazzo ed, in particolare, quelle secondo cui «solo dopo quattro mesi di indagine la magistratura ha dato ordine di arresto; per quattro mesi li hanno protetti». Lo affermano fonti autorevoli della procura di Roma. Negli stessi ambienti di piazzale Clodio si sottolinea che gli accertamenti sono partiti il 14 ottobre scorso sulla base di un'informativa nella quale si afferma che c'era qualcuno, nell'ambito dei carabinieri, che stava cercando di vendere un video in cui appare un uomo politico con un transessuale. Cossiga precisa: le sue paroel sono state fraintese, intendeva «lodare» la procura per non aver fatto uscire la notizia prima che Marrazzo ne fosse a conoscenza.



Carabinieri in carcere guardati a vista. In celle singole nella settima sezione del carcere romano di Regina Coeli, i quattro carabinieri accusati di aver ricattato Marrazzo sono in isolamento giudiziario e sotto stretta sorveglianza, senza la possibilità di leggere giornali o di guardare la tv. Nei loro confronti sarebbe stata disposta la sorveglianza a vista. Due agenti di polizia penitenziaria sono quindi costantemente presenti al piano della sezione e ogni quindici minuti hanno il compito di controllare all'interno delle quattro celle. Misura, quest'ultima, generalmente adottata per scongiurare il rischio di atti di autolesionismo. Sul corridoio della settima sezione, inoltre, sarebbero attive telecamere puntate sulle porte di ingresso delle celle, per evitare qualsiasi genere di contatto con i quattro carabinieri arrestati mentre le indagini sono ancora in corso.



Marrazzo nell'Abbazia di Subiaco, ma la Regione smentisce. Secondo varie fonti Marrazzo si sarebbe recato nell'Abbazia di Subiaco per trascorre parte della convalescenza dopo che ieri, visitato al Policlinico Gemelli, gli è stato diagnosticato un forte stress psicofisico. La Regione però smentisce. Secondo altre fonti questa mattina Marrazzo aveva scelto l'Abbazia di Montecassino, ma per timore di essere assediato dai giornalisti, avrebbe deciso di cambiare meta. Molte strutture religiose avrebbero pero dato la loro indisponibilità ad ospitare l'ex presidente solo perché hanno paura del clamore mediatico.



Il governatore della Puglia, Nichi Vendola commenta le dimissioni: «Cambiano la scena politica in Italia, perché evidentemente da questo lato dello schieramento politico c'è chi ritiene che non ci possa non essere una relazione tra vita privata e vita pubblica».




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