L'Ottantanove La caduta del Muro
archivia il Novecento

La caduta del Muro di Berlino
di Angelo Bolaffi
3 Minuti di Lettura
Venerdì 29 Novembre 2013, 20:12 - Ultimo aggiornamento: 5 Dicembre, 18:56
Grandi capovolgimenti storici sono spesso dovuti al caso: nessuno li ha potuti prevedere n tanto pianificare. Semplicemente avvengono. Cos andata anche per la caduta del Muro di Berlino.

«Se sono stato correttamente informato quest’ordine entra in vigore immediatamente. Da subito»: questa dichiarazione del colonnello della Stasi Guenter Schabowski alle fine della conferenza stampa tenuta a Berlino Est nel tardo pomeriggio del 9 novembre del 1989, una dichiarazione che come oggi sappiamo ha cambiato la storia mondiale, in realtà è stata frutto di un colossale fraintendimento. L’esito finale di una incredibile serie di disguidi burocratici che hanno dato il colpo di grazia a un regime ormai agonizzante.



Il Muro esaltato all’atto della sua costruzione il 13 agosto del 1961 come “vallo antifascista” da Walter Ulbricht, il fondatore del partito comunista tedesco e primo capo della Repubblica democratica, il Muro che secondo Erich Honecker sarebbe stato ancora lì nei successivi cinquanta o forse cento anni - il leader tedesco-orientale pronunciò questa azzardata previsione all’inizio del 1989 nonostante Gorbaciov l’avesse saggiamente richiamato alla realtà ricordandogli che «chi arriva tardi viene punito dalla storia» - è caduto sotto i colpi di una circolare del Ministero della sicurezza della Ddr che avrebbe dovuto essere resa nota solo il giorno dopo.

Oggi a distanza di un quarto di secolo, l’anno prossimo infatti saranno trascorsi 25 anni da quella notte fatale, si fa addirittura fatica a riportare alla memoria la realtà e le immagini di una città divisa da un muro (in realtà di muri le autorità orientali ne avevano costruiti per sicurezza due) e da una “striscia della morte” larga quasi cento metri. Una città che per decenni aveva rappresentato il luogo di scontro di due potenze planetarie sempre in bilico sull’abisso di una possibile guerra nucleare le cui ossessioni e paure è possibile rivivere ritornando sui luoghi che hanno fatto la storia della Berlino divisa tra Occidente e Oriente: andando a visitare il museo del Muro al Check Point Charlie. Oppure attraversando i ponti, quelli di Glienicke o della Bornholmerstrasse raccontati da Le Carrè e usati da americani e sovietici per fare lo scambio delle spie.

«In qualche modo dinnanzi a Dio», ha scritto Theodor Fontane, «tutti gli uomini sono berlinesi»: infatti la caduta del Muro di Berlino che è all’origine dell’89 tedesco, la prima rivoluzione democratica riuscita in terra tedesca, ha cambiato il corso del mondo esattamente come due secoli prima l’89 francese aveva cambiato i destini dell’età moderna.

Dunque Berlino. Ma non certo per la sua “bellezza”: da questo punto di vista, infatti, quella tedesca occupa sicuramente l’ultimo posto in una ideale classifica estetica delle capitali europee. La storia ha lavorato, al contrario di quanto è capitato a Roma o Parigi, Madrid o Praga, contro Berlino. Ma piuttosto per quello che potremmo chiamare il suo magnetismo spirituale: Berlino, che era stata un luogo dell’anima (per questo Hitler la detestava) come pure l’unica città della Germania comunista a insorgere nel 1953 contro i sovietici, dopo una sorta di eroica resistenza contro tutto e tutti è tornata ad essere capitale. E’ la città in cui i giovani di tutta Europa sognano di poter andare a vivere. Una grande metropoli della cultura tollerante e cosmopolita destinata ad occupare in questo secolo il ruolo che nel ‘900 fu prima di Parigi e poi di New York.



Per questo non è eccessivo parlare di un vero e proprio “mito Berlino”. Insomma, come negare che quanto accaduto dopo il 9 novembre 1989 debba essere letto come l’ennesima conferma della diagnosi secondo la quale Berlino è l’unica capitale del mondo mai solamente “stata” ma anche sempre “post”. Mai completamente “divenuta” perché sempre in divenire. Insomma l’opposto di una “urbs aeterna”. Berlino è una città assolutamente “eccentrica” rispetto non solo all’Europa ma alla stessa Germania. Un luogo di libertinaggio dei costumi e di libertà del pensiero. Per capire e amare la Berlino che potrebbe diventare la capitale d’Europa occorre aver definitivamente archiviato culturalmente e politicamente il XX secolo. Aver davvero fatto i conti con il passato, con le sue tragedie e le sue illusioni: questo presuppone la decostruzione delle ideologie totalitarie della prima metà del secolo scorso il cui scontro si era letteralmente pietrificato nel Muro di Berlino. È, per usare una famosa formulazione di Francis Fukuyama, il prodotto della “fine della Storia”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA