Indesit all'angolo tra la minaccia cinese
e il nodo lavoro

di Roberta Amoruso
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Martedì 10 Dicembre 2013, 20:00 - Ultimo aggiornamento: 11 Dicembre, 15:09
Potrebbero essere i cinesi di Haier a inghiottire in un boccone il colosso delle lavatrici made in Italy, quella Indesit Company della famiglia Merloni al bivio obbligato dell’alleanza internazionale. L’ipotesi spunta in un report firmato dagli analisti di Exane che adombrano il rischio di un affondo dagli occhi a mandorla, se gli azionisti della Fineldo e l’azienda stessa non spingeranno davvero sull’acceleratore per arrivare a un’alleanza (fusione compresa) tutta europea o al massimo Oltreoceano.



Electrolux, Whirlpool o Bosch potrebbero essere in principali indiziati per arrivare a un matrimonio. E questo non solo perchè Indesit rappresenta l’unico vero player contendibile del settore per dimensioni e per le sinergie possibili, ma anche perchè gli svedesi, gli americani e i tedeschi sono più che determinati a bloccare l’avanzata nel settore dei cinesi e dei coreani.



Va detto, infatti, che l’approdo Haier difficilmente sarebbe avallato dalla famiglia Merloni, dati in numeri in ballo. I colosso orientale vale circa 8 miliardi di capitalizzazione, otto volte l’azienda di Fabriano. E questo vuol dire che il 45% dei Merloni può valere ad occhio (e senza considerare il premio di maggioranza) nemmeno il 6% di un ipotetico nuovo gruppo Haier con dentro Indesit.

Altra cosa può essere l’ipotesi Electrolux, che invece supera di poco i 5 miliardi di capitalizzazione. In questo caso i numeri sono ben diversi e con un rotondo premio di maggioranza la famiglia può anche puntare a raggiungere il 10-12%, almeno ai prezzi attuali.



C’è una variabile di cui, però, un nuovo alleato pronto a una fusione non può non tener conto quando si parla di Indesit e non solo. E’ la variabile sindacati. Ne sanno qualcosa alla Electrolux, già alle prese con una vertenza importante in Italia (sono 200 gli esuberi)



L’accordo sul piano di ristrutturazione Indesit appena firmato anche dai lavoratori è senz’altro una buona notizia. Con tanto di via libera dei 79,3% dei dipendenti in occasione del referendum in fabbrica. Un risultato tale da costringere anche la Fiom alla firma. Ma la crisi non è finita, gli investimenti partiranno, ma raggiungere una massa critica più mondiale diventa sempre più importante per un gruppo come Indesit alle prese con l’aggressività di cinesi e coreani anche in un mercato promettente come quello russo.