Marrazzo ricattato, arrestati 4 carabinieri
«Complotto contro di me, non lascio»

Piero Marrazzo in una foto d'archivio (Giuseppe Giglia - Ansa)
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Venerdì 23 Ottobre 2009, 00:36 - Ultimo aggiornamento: 2 Novembre, 16:41
ROMA (23 ottobre) - Quattro carabinieri sono stati arrestati, a Roma, con l'accusa di aver ricattato a scopo estorsivo il presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo. I quattro militari, avrebbero preteso dal presidente della Regione somme di denaro perché in possesso di un filmato su Marrazzo. Il governatore ha risposto parlando di vicenda surreale e di bufala, annunciando la sua intenzione di continuare il mandato fino all'ultimo giorno.



Le accuse nei confronti degli arrestati, Luciano Simeone (30 anni), Carlo Tagliente (29), Antonio Tamburrino (28), Nicola Testini (37), sono di estorsione, rapina, violazione della privacy, violazione di domicilio e spaccio: avrebbero estorto a Marrazzo una cifra attorno ai 50mila euro in quattro tranche e su assegni che tuttavia non sarebbero mai stati incassati. I quattro assegni sarebbero stati staccati dal carnet di Marrazzo ma poi non sono stati messi all'incasso da chi li ha ricevuti perché consapevole che attraverso questi titoli di credito si sarebbero potuti acquisire nuovi elementi d'accusa.



I quattro arrestati sono sottufficiali della compagnia Trionfale e sono stati bloccati dai carabinieri del Ros. Sono arrivati a loro tramite alcune intercettazioni relative ad un'altra inchiesta. I quattro saranno interrogati domani nel carcere di Regina Coeli dal gip Sante Spinaci che dovrà decidere sulla richiesta della procura di Roma, dell'emissione delle ordinanze di misure cautelari in carcere. L'inchiesta è coordinata dal procuratore di Roma, Giovanni Ferrara, dall'aggiunto Giancarlo Capaldo e dal pm Rodolfo Sabelli.



Agli atti c'è un filmato di alcuni minuti che ritrarrebbe Marrazzo durante un incontro intimo, lo scorso luglio.
Gli inquirenti hanno intercettato il video nella disponibilità di un mediatore a Milano, ma occorrerà verificare chi abbia girato il filmato venuto poi in possesso dei militari che hanno ricattato Marrazzo. La vendita del filmato è stata proposta in questi mesi a numerose testate giornalistiche, ma nessuno ha mai mostrato interesse per l'acquisto. Da accertare la presenza di droga, cocaina, nell'appartamento dove avvenne l'incontro intimo.



Il reato di rapina. Marrazzo sarebbe stato privato dei soldi che aveva nel portafogli, quando sarebbe stato sorpreso con una persona durante quello che fonti investigative definiscono come «rapporto mercenario». A riferire il particolare sarebbe stato lo stesso Marrazzo agli inquirenti. Per questo, ai quattro carabinieri è stato contestato anche il reato di rapina. Solo due dei quattro carabinieri fecero irruzione nell'appartamento.



Nell'appartamento c'era anche un transessuale. Sarebbe stata proprio la natura scabrosa del video, girato sembra con un telefonino, a far scaturire il ricatto a Marrazzo. Resta da chiarire se il video sia stato girato proprio dai carabinieri o se, come gli stessi militari avrebbero dichiarato, il video sia stato girato da un altro transessuale e poi 'ceduto' ai carabinieri. In sostanza, quello che dovranno chiarire le indagini del Ros è se il controllo nell'appartamento sia stato casuale o meno. Il video comunque risalirebbe proprio alla mattina dell'irruzione dei militari nella casa, avvenuta ai primi di luglio.



Negli atti dell'indagine assegni di Marrazzo non incassati. Negli atti dell'indagine ci sarebbero anche assegni, firmati dallo stesso Marrazzo e mai incassati. Gli assegni, per una cifra che sfiora i 50mila euro, sono al centro di due versioni contrastanti fornite da Marrazzo e dagli arrestati. Questi ultimi avrebbero sostenuto che il denaro sarebbe stato "offerto" dal presidente della regione Lazio e non estorto con ricatto. I quattro carabinieri rigettano anche l'accusa di aver girato loro il video nell'appartamento romano.



Il decreto del Pm. Nel decreto di fermo si parla di un filmato con «Piero Marrazzo mentre si intratteneva con un transessuale all'interno di un'abitazione», con riferimento al video girato «con modalità abusive» nell'abitazione con lo scopo di ricattare il presidente della Regione Lazio. Nel filmato, si legge nel decreto firmato dai magistrati Giancarlo Capaldo e Rodolfo Sabelli, «si vedono anche della polvere bianca, che, per le caratteristiche, le circostanze e le dichiarazioni rese, consisteva con ogni evidenza in cocaina, nonché un tesserino sul quale si legge il nome di Marrazzo». Secondo i magistrati la presenza della presunta cocaina è riconducibile «ad un'intenzionale messa in scena, effetto reso ancor più evidente dalla collocazione accanto del tesserino di Marrazzo che non può ritenersi casuale». Ciò, si legge nel provvedimento, è «del tutto conforme alle evidenti finalità dell'intervento premeditato e diretto proprio a sfruttare quell'occasione».



Danneggiate le auto di ex moglie e figlia di Marrazzo. «Non può ritenersi casuale la circostanza che proprio la mattina del 21 ottobre, cioè poche ore dopo l'avvenuta esecuzione delle perquisizioni (in casa degli indagati,ndr) le autovetture della ex moglie e della figlia di Marrazzo sono state fatte oggetto di atti di vandalismo», scrivono anche i magistrati nel decreto di fermo del 22 ottobre. I magistrati indicano questo come elemento indicativo «di una rara spregiudicatezza a cui si aggiunge lo scopo di lucro perseguito: circostanze che fondano e grave e concreto pericolo che siano realizzati reati ulteriori, agevolati dalla speciale funzione di autorità rivestita».



Per i magistrati i quattro carabinieri avrebbero potuto, se non fermati, commettere altri reati. Nel decreto viene riportata la versione di Marrazzo circa l'irruzione dei quattro carabinieri infedeli, avvenuta nei primi giorni di luglio, nell'appartamento: «Con modi palesemente intimidatori si fecero consegnare dalla parte lesa (Marrazzo, ndr) il portafoglio contenente, oltre a una somma di denaro, i documenti di identità e chiesero una somma ingente lasciando intendere in caso di rifiuto gravi conseguenze».



Contattato il fotografo del caso Sircana. Per piazzare il video hard girato abusivamente nell'appartamento dove si trovavano il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo e un transessuale, i quattro carabinieri arrestati contattarono anche il fotografo coinvolto nella vicenda Sircana, quando il portavoce di Prodi, allora premier, fu immortalato mentre parlava con un trans in strada. Massimiliano Scarfone, noto come Max, fu contattato da uno dei carabinieri arrestati, Antonio Tamburrino «su richiesta dei tre colleghi perché lo aiutasse a individuare soggetti interessati ad acquistare il filmato». Scarfone, secondo quanto da lui riferito agli investigatori, avrebbe consegnato una copia del filmato «a rappresentanti di alcune testate e gruppi editoriali».



Da luglio a oggi nessuna denuncia sulla vicenda è stata fatta da Marrazzo
. Ai quattro militari della compagnia Trionfale, i carabinieri del Ros, sono arrivati attraverso alcune intercettazioni relative ad un'altra inchiesta. Inizialmente i carabinieri del Ros erano all'oscuro che le persone intercettate fossero colleghi di un reparto territoriale.



Marrazzo: «Video bufala, pretendo il massimo rispetto». «Sono sconcertato e amareggiato perché in questo Paese per colpire un presidente si butta fango sull'uomo» ha commentato il presidente della Regione Piero Marrazzo. «Il video è una bufala» ha proseguito Marrazzo, sottolineando: «Come presidente andrò avanti. Sarà la giustizia a far luce sulla vicenda». E ancora: «È stato sventato un tentativo di estorsione basato su una bufala. Sono amareggiato e sconcertato per come a pochi mesi dalle elezioni si tenti di infangare l'uomo Marrazzo per colpire il Presidente Marrazzo». Il Presidente «ringrazia la magistratura e la stessa Arma dei carabinieri per la serietà del loro operato».



«Barbarie intollerabile, non lascio la presidenza». «Per quanto mi riguarda, pur con grande amarezza, continuerò con serietà e determinazione il mio lavoro fino all'ultimo giorno - ha detto Marrazzo - Non è la prima volta che si scatena contro di me un attacco che mi colpisce personalmente e politicamente. Quanto è successo, è un atto di una gravità inaudita, e dimostra che nel nostro paese la lotta politica ha raggiunto livelli di barbarie intollerabili».



«Io una vittima, voglio preservare la mia famiglia». «In questa vicenda, che definirei surreale, io sono vittima, Mi auguro che si arrivi al più presto al chiarimento di tutti gli elementi di questa vicenda - ha aggiunto - ho una famiglia alla quale tengo più di ogni altra cosa e che voglio preservare con tutte le mie forze».



Il legale: agiremo contro chi compie diffamazione. Il legale di Marrazzo, l'avvocato Luca Petrucci del foro di Roma, ha precisato che «a fronte di qualunque notizia che dovesse ledere la reputazione del Presidente Marrazzo si procederà senza indugio a promuovere tutte le iniziative giudiziarie a tutela del proprio assistito per i reati di diffamazione, di violazione del segreto istruttorio e della evidente e gravissima violazione del diritto della privacy».



Tomasone: quattro mele marce. «I quattro carabinieri arrestati sono quattro mele marce che abbiamo immediatamente scoperto e isolato dalla istituzione alla quale non sono degni di appartenere» ha dichiarato il comandante provinciale dei carabinieri, Vittorio Tomasone commentando la notizia dell'arresto di quattro. «Nel corso di alcuni accertamenti - ha proseguito Tomasone - sono emersi elementi di responsabilità sull'attività illecita dei quattro militari. Per questo motivo, nel riferire immediatamente alla magistratura quanto stava avvenendo, i quattro sono stati sospesi dal servizio dell'Arma dei Carabinieri». Il comandante provinciale dei Carabinieri di Roma ha poi sottolineato: «Non è possibile fornire altri particolari se non quello che l'indagine che ha portato al fermo della Procura di Roma dei quattro militari è nata all'interno dell'Arma dei Carabinieri. Un'indagine rapida e rigorosa, che ha permesso così di isolare le quattro mele marce».



I carabinieri di Roma e i Ros hanno svolto indagini serrate in tre giorni, anche di notte. Una prima informativa è giunta a Piazzale Clodio ai magistrati che conducono l'indagine, poi è stato sentito Piero Marrazzo. Secondo la Procura di Roma è stato svolto un «lavoro investigativo rapido e preciso» e, viene sottolineato, svolto grazie alla massima collaborazione tra magistrati e militari. Oggi il generale Vittorio Tomasome ha incontrato il procuratore della Capitale, Giovanni Ferrara. Da fonti giudiziarie si sottolinea che l'indagine fino ad ora «non ha messo in luce alcun complotto di natura politica ai danni del presidente della Regione». La vicenda si inquadra in un contesto criminale che vede coinvolti tutori delle forze dell'ordine infedeli.



«Quando non sarò più vincolato al segreto istruttorio sarà mia cura precisare ogni aspetto di questa vicenda e informare l'opinione pubblica rispetto a quanto accaduto in una situazione in cui sono parte offesa - ha scritto questa sera in una nota Marrazzo - In questi giorni ho fornito pieno supporto alla magistratura, e continuerò a farlo anche in futuro, in relazione alla delicata indagine ancora in corso condotta dalla Direzione distrettuale antimafia. Mi era stato chiesto dall'autorità inquirente, di mantenere il massimo riserbo, in osservanza del segreto istruttorio. A questo impegno mi sono attenuto nella giornata odierna, considerando largamente prevalente l'interesse generale della giustizia a fronte di un presunto coinvolgimento della criminalità organizzata in questa inchiesta».