Lo smart working “giovane” che aumenta creatività e fatturato

Lo smart working “giovane” che aumenta creatività e fatturato
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Giovedì 7 Gennaio 2021, 13:00 - Ultimo aggiornamento: 20 Gennaio, 12:00

Grazie allo smart working, Youthquake, giovane agenzia di marketing di Milano, ha stimolato i processi creativi, combattuto la crisi ed è riuscita a chiudere l’anno con +7% di fatturato

Youthquake è un’agenzia di data-driven marketing, con sedi a Milano e a Londra, specializzata nello sviluppo di strategie di marketing, design e sviluppo web. Secondo il Report Digital 2020 a gennaio 2020 quasi un abitante su due nel mondo (3,8 miliardi di persone) utilizzava regolarmente i social media e 4,54 miliardi di persone erano connesse a internet; in Italia le persone online erano quasi 50 milioni (su una popolazione totale di quasi 60 milioni) e 35 milioni quelle attive sui social network. L’aggiornamento mostra che a ottobre 2020 gli utenti dei social network hanno superato i 4 miliardi, attestandosi a 4,14 miliardi, con una crescita superiore al 12% nell’ultimo anno, pari a 14 nuovi utenti sui social al secondo. Gli internauti sono diventati 5,20 miliardi.

L’agenzia di data-driven marketing Youthquake, nonostante lo smart working abbia preso quest’anno il soppravvento, ha trovato un nuovo equilibrio “da remoto”, basato su momenti di incontro virtuale ed esercizi interattivi di allenamento per il team, ha consentito a Youthquake di salvare creatività, lavoro e fatturato: “Sicuramente l’emergenza sanitaria ha messo a dura prova tutto il team, facendoci perdere quel contatto quotidiano che ci ha sempre fatto sentire vivi – spiega Matteo Milione, Managing Partner di Youthquake e uno dei fondatori di questa realtà nata solo 3 anni fa – All’inizio è stato destabilizzante perché abbiamo dovuto rivedere completamente i modelli operativi e il modo stesso di confrontarci. Il full smart working ha dato però vita a nuovi modi di formare il processo creativo, talvolta inaspettati. Come si dice, di necessità virtù e, alla fine, siamo riusciti a non interrompere mai le attività, a non dover ricorrere alla cassa integrazione e, anzi, ad assumere 3 persone nel 2020″.

Oggi Youthquake conta un team di 23 persone, con un’età media di 27 anni, che lavorano in sinergia da tutta Italia e non solo: c’è chi ha messo in pratica il south working e chi si collega ogni giorno dalla Scozia ma, nonostante la lontananza fisica, il team di Youthquake ha costruito una nuova socialità virtuale, fondata innanzitutto su video call su Zoom e Google Meet, collettive e divisi per gruppi di lavoro, durante le quali si tengono anche esercizi interattivi di allenamento creativo: “Per tenere viva la creatività, che è insita in noi e bisogna solo farla emergere in modi sempre nuovi ed emozionanti, ogni membro del team a rotazione sceglie un oggetto e tutti gli altri devono creare a mo’ di schizzo una rappresentazione di come può essere utilizzato fuori dai soliti schemi. Anche il nostro team di Data Analytics continua ad allenarsi con simulazioni di casi, come ad esempio la creazione di una dashboard per il monitoraggio real time della situazione pandemica in Italia a partire dall’aggregazione di dati dal Ministero della Salute” continua Matteo Milione. Il modo di lavorare di Youthquake si è adattato al cambiamento non solo al suo interno, ma anche verso l’esterno, con i clienti, che soprattutto in alcuni settori, hanno risentito della crisi: “Abbiamo notato due tipologie di comportamento nei nostri clienti: mentre alcune aziende, ad esempio quelle attive nel settore travel and Leisure, hanno dovuto interrompere le attività di marketing, altre nei settori della GDO, del food&beverage e farmaceutico, hanno aumentato le campagne di marketing digitale, spinte anche dal boom delle attività sul web, in particolare dal potenziamento dei canali social e degli e-commerce, che per molte realtà sono state delle ancore di salvezza”.

L’accesso al mondo online che negli ultimi anni ha continuato a crescere, con una spinta notevole nel 2020: oggi anche gli ultimi baluardi tra persone, professionisti e aziende hanno ceduto a questi strumenti, che hanno rappresentato per molti mesi l’unica finestra sul mondo esterno.

“Anche il nostro approccio strategico è andato nella direzione di adattare l’intero piano di marketing e comunicazione alla nuova situazione e alle nuove esigenze: abbiamo affrontato questo evento come un’opportunità per i nostri clienti per definire ulteriormente l’identità dei brand. Abbiamo così incentivato strategie che mettessero il pubblico di riferimento al centro, privilegiando contenuti che trasmettessero vicinanza e senso di appartenenza agli utenti, senza puntare solo sul fattore vendita” conclude Matteo Milione.

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