Ottanta euro e qualche piccolo paradosso

di Luca Cifoni
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Lunedì 21 Aprile 2014, 19:37 - Ultimo aggiornamento: 20:03
È interesse di tutti, non solo dei dieci milioni di contribuenti direttamente interessati, che l'operazione 80 euro raggiunga gli obiettivi per i quali è stata ideata e propagandata, ovvero - sommariamente - dare una spinta ai consumi e per questa via all'intero sistema produttivo. È anche possibile però, e forse utile, fissare l'attenzione sulle modalità con cui è stato adottato il relativo decreto legge, almeno nella sua versione ancora non definitiva. Accanto alla evidente volontà di assicurare la piena efficacia della misura con le retribuzioni del prossimo mese di maggio, dal testo emergono anche alcuni paradossi.



Del primo si è già parlato: il credito d’imposta ed il conseguente aumento in busta paga sono al momento assicurati solo per l’anno 2014. Se i lavoratori dipendenti interessati dovessero ritenere di avere a che fare con un fuoco di paglia, il meccanismo si romperebbe prima ancora di entrare in funzione; tuttavia l’intenzione di rendere l’intervento strutturale è stata espressa in modo molto forte e non ci sono motivi per pensare ad un suicidio politico del governo.



Poi c’è la platea degli interessati. All’ultimo momento si è deciso di lasciare fuori i cosiddetti incapienti, ovvero coloro che avendo redditi molto bassi non versano Irpef. All’inizio includerli pareva complicato perché si pensava di intervenire sulle detrazioni per lavoro dipendente, che nel caso di questi contribuenti superano già l’ammontare dell’imposta (di qui l’incapienza). Poi questo problema è stato superato con il ricorso al credito d’imposta, che viene comunque versato anche a chi deve pagare zero: ma fatta questa (discutibile) scelta gli incapienti sono comunque rimasti esclusi perché non c’erano abbastanza risorse finanziarie. Si crea così uno scalino abbastanza paradossale: chi ha un reddito annuo di 8.100 euro non paga Irpef ma riceve nemmeno nulla, chi arriva a 8.150 si vede invece riconoscere dallo Stato 640 euro l’anno.



Si nota una stranezza anche nella parte alta dei dieci milioni di beneficiari. Chi guadagna tra 24 mila e 26 mila euro l’anno potrà utilizzare il credito per abbattere l’imposta in misura decrescente, da 640 a zero. Ma proprio il venir meno del beneficio unito all’effetto dell’ordinaria detrazione, anch’essa decrescente, e a quello dell’aliquota (27 per cento) determinerà un’aliquota marginale effettiva pari a quasi il 64 per cento: vuol dire che a questi livelli retributivi su 100 euro in più (ad esempio per un aumento o per lavoro straordinario) ne resteranno in tasca 36, senza contare che vanno pagati anche i contributi sociali. Non esattamente un incentivo a lavorare di più.



twitter @lucacifoni