Incontro Shimon Peres-Abu Mazen in Vaticano, Gerusalemme è scettica: «Una preghiera non basta»

Incontro Shimon Peres-Abu Mazen in Vaticano, Gerusalemme è scettica: «Una preghiera non basta»
di Eric Salerno
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Lunedì 9 Giugno 2014, 12:41 - Ultimo aggiornamento: 12:43
Il vertice di preghiera per la pace conciso con il quarantaseiesimo anniversario della guerra della “Sei giorni”, quando le truppe israeliane conquistarono la parte orientale di Gerusalemme (con tutti i luoghi santi) e quel territorio conosciuto come Cisgiordania o Riva orientale del Giordano.

Papa Francesco avrebbe voluto tenerlo con il presidente israeliano e quello palestinese a Gerusalemme durante la sua visita del mese scorso ma il futuro della città santa è uno dei nodi più complessi del contenzioso e forse per questo non gli fu possibile. Pregare è sempre utile, insistono in Israele e Palestina i credenti delle tre religioni monoteistiche, ma l’interesse per le immagini arrivate dalla Città del Vaticano non è stato alto. Al massimo, secondo la valutazione di qualche analista, l’evento potrà servire come via d’uscita dall’impasse in cui si trovano i negoziati.



«La realtà psicologica». Nè è apparso convinto lo stesso Shimon Peres, arrivato ormai alla fine del suo mandato. I leader, ha detto, «vengono influenzati sia dalla realtà sia dalla realtà spirituale e psicologica. Pertanto, anche se non penso che questo abbia il significato di negoziati politici, ha una grande importanza nel senso più ampio del tentativo di portare la pace».



Compiere un passo avanti non sarà facile. Peres, spesso critico nei confronti del premier Netanyahu, proprio ieri ha sposato la linea del premier per esprimere dubbi sul governo di unità nazionale palestinese sostenuto da Hamas e Fatah. «Una contraddizione che non durerà…Uno è a favore e uno è contrario al terrorismo», le parole con cui ha voluto commentare i discorsi carichi di retorica di alcuni dirigenti del movimento islamico che controlla la striscia di Gaza che hanno ribadito la loro volontà di distruggere Israele e «riprendersi» Gerusalemme. Peres, però, ha evitato di ricordare come una parte dell’attuale governo di centrodestra guidato da Netanyahu è formalmente contrario alla creazione di uno stato palestinese indipendente accanto a Israele. O di commentare le frasi con cui il candidato del Likud (il partito di Netanyahu) a succedergli alla presidenza si è schierato sulla medesima linea oltranzista.



Il ministro Lapid. Contro la politica del premier e della destra che minaccia di annettere la Cisgiordania si è pronunciato il ministro delle finanze Lapid. È pronto a dimettersi se necessario e insiste per un nuovo piano di pace israeliano per rilanciare le trattative che sia basato, come chiedono Usa, Ue e palestinesi, sulla definizione delle frontiere.
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