Peraltro, le due imposte che gran parte degli italiani dovranno pagare entro domani - la citata mini-Imu e la Tares - hanno un che di grottesco che merita sottolineare. E ricordare.
Si tratta infatti di due una tantum, le più leggere mai pretese da un governo, che però sono tra le più complicate da misurare: insomma, importi minimi e confusione massima. Non stupisce che negli ultimi giorni quotidiani e tv abbiano mandato in onda servizi che raccontano di caos agli sportelli, di proteste sempre meno garbate da parte dei contribuenti e di insofferenza crescente.
D’altro canto, riuscire a determinare con precisione l’imposta sulla prima casa (sì, proprio quella che nell’immaginario di molti era stata finalmente soppressa) è tutt’altro che facile, viste le non semplici somme algebriche che sono necessarie prima di giungere al totale da versare. Il paradosso è che in molti casi si tratta di poche decine di euro, e poiché per evitare errori sgradevoli da correggere successivamente non pochi chiedono l’assistenza dei Caf, capita che da questi consulenti venga richiesto un contributo più alto dell’imposta da versare.
Se poi passiamo al fronte della Tares la situazione appare ancora più confusa e complicata. Dietro i 30 centesimi al metro quadrato che finiranno nelle casse dello Stato abbondano infatti il caos, i rinvii, la gestione imprudente (per non dire di peggio) di migliaia di Comuni, ma soprattutto gli errori e i ritardi nell’invio dei bollettini che stanno mettendo a dura prova la pazienza dei cittadini.
Pensare che da quando è cominciato l’assurdo balletto sull’Imu, vale a dire dall’insediamento del governo di Enrico Letta, sono passati quasi otto mesi. Duecentoquaranta giorni durante i quali si è detto tutto e il contrario di tutto, durante i quali il concetto di equità della tassazione sulla prima casa si è allargato e ristretto con ritmo quasi settimanale e durante i quali il governo si è spaccato fino alla minaccia di dimissioni plurime. E tutto ciò per arrivare a cosa? A una tassa sulla casa che alla fine nemmeno riuscirà a cancellare gli effetti grandemente dannosi prodotti dall’ Imu introdotta con caparbietà degna di miglior causa dal governo Monti.
Poteva andare peggio? Difficile pensarlo. E’ pur vero che al peggio non c’è limite, e tuttavia quel che più affligge è che si va perdendo il doveroso rispetto verso coloro che le tasse le pagano fino all’ultimo centesimo. I quali vanno almeno messi nella condizione di farlo senza diventare pazzi o idrofobi.
Eppure il governo Letta aveva una grande occasione per correggere la distanza tra Stato e cittadini che proprio in queste circostanze fa sentire la sua ampiezza: visti i colpevoli e numerosi rinvii di cui proprio il governo si è macchiato in questi mesi, sarebbe bastato un decreto di poche righe per introdurre una proroga adeguata con nuove scadenze onde armonizzare la distribuzione dei bollettini con il flusso dei versamenti.