Immigrati, il governo crea un’unità di crisi e alza lo scontro con l’Europa

Immigrati, il governo crea un’unità di crisi e alza lo scontro con l’Europa
di Marco Ventura
3 Minuti di Lettura
Martedì 1 Luglio 2014, 02:10 - Ultimo aggiornamento: 02:11
Coscienza a posto e determinazione a coinvolgere l’Europa. Matteo Renzi esce dal Consiglio dei ministri addolorato ma convinto del «grande lavoro che stiamo facendo come Italia» con l’operazione Mare Nostrum.



Certo, la giornata è segnata «dal dibattito sull’immigrazione e dal dolore per ciò che accade nel nostro mare, non c’è la controprova ma quanti sarebbero i morti se non avessimo fatto le cose che abbiamo fatto?». Decine di migliaia sono già i profughi raccolti dai barconi, salvati dal naufragio e condotti in porto. Soccorrere i migranti in mare, molti dei quali in fuga da guerre e miseria, è un dovere.



Le responsabilità. Ovvio che le mancanze sono di altri, o anche di altri. Anzitutto dell’Europa, che non ha ancora accettato il principio della condivisione delle frontiere, dell’integrazione degli sforzi nell’agenzia Frontex. E siccome dopodomani ci sarà l’incontro al Quirinale tra il governo italiano e la Commissione UE, là Renzi aspetta al varco gli emissari di Bruxelles. In primis il Commissario agli Affari Interni, la liberale svedese Cecilia Malmstrom che ha promesso ieri 4 milioni di euro ma senza aumentare nel complesso le risorse.



Tocca al suo omologo italiano, Angelino Alfano, ministro dell’Interno, lanciare un avvertimento perché la Commissaria UE non diserti (come pare) la riunione di giovedì: «Sarebbe molto grave, molto brutto, che non ci fosse: un segnale negativo rispetto a un dramma europeo». Alfano si dice addirittura pronto, se non ci sarà, «a un’azione diplomatica».



Una protesta formale. Un richiamo all’osservanza dei Trattati europei e alle norme internazionali sull’asilo. E conclude: «I mercanti di morte hanno fatto altre vittime, faremo ogni sforzo contro i mercanti di morte». Intanto, a palazzo Chigi si è deciso di mettere in piedi una unità di crisi sull’immigrazione. Alla vigilia dell’avvio della presidenza italiana della UE, Renzi non accusa. Non affonda l’attacco. Evita la polemica. Lascia che sia Alfano ad alzare la voce. Il panorama europeo, del resto, è contraddittorio e paradossale.



In Gran Bretagna, il premier Cameron sull’immigrazione ha usato il pugno di ferro, invitando alla delazione generale per denunciare i clandestini. Ed è principalmente Londra che ha bloccato a Bruxelles la proposta italiana di mutuo riconoscimento dell’asilo nell’Unione Europea. In Francia Hollande resiste (per quanto?) alla pressione di Marine Le Pen trionfante nelle urne contro Schengen (frontiere aperte in Europa) e contro la politica socialista «peggio che lassista, complice».



No, da Marine, alla doppia cittadinanza franco-algerina. Il governo francese apre invece ai «passaporti qualificati», all’immigrazione «d’alta gamma» di giovani talentuosi e professionisti. L’Italia resta sola con le sue navi da guerra nella trincea mediterranea con Mare Nostrum, non per respingere ma per salvare, senza riuscire poi a garantire un’assistenza dignitosa a terra. L’Unione Europea se ne lava le mani. Rimbalzano sui media le parole della Malmstrom intervistata dal Wall Street Journal. «Sono piena di ammirazione per Mare Nostrum, ha salvato migliaia e migliaia di vite. Ma rimpiazzarla con un’operazione Frontex non è possibile. Non abbiamo il denaro».



Roma spende 9 milioni al mese per Mare Nostrum, e altri 200 l’anno (di più nel 2014) per l’accoglienza. Al confronto, i 4 milioni annunciati dalla Malmstrolm sono bruscolini. E dire che Obama in USA, per fronteggiare l’“assalto” di 50mila minori e 40mila donne quest’anno dal Sud America, sta chiedendo al Congresso 2 miliardi di dollari. Ma, si sa, gli Stati Uniti d’America non sono gli Stati Uniti d’Europa.



Proprio la Francia e la Gran Bretagna sono i Paesi che hanno scatenato la guerra a Gheddafi del 2011. Ma la Libia è finita in mano a 1200 bande incluse quelle jihadist. Uno scenario aggravato, se possibile, dalle elezioni dei giorni scorsi con alto assenteismo e insanguinate dall’assassinio dell’avvocato dei diritti delle donne, Salwa Bughaighis, a Bengasi. I clan sono liberi di gestire i barconi della morte con i profughi (spesso minori soli) che affluiscono attraverso il Sudan e l’Egitto da Siria, Eritrea, Somalia, Gambia, in generale dall’Africa Sub-Sahariana e dal Medio Oriente. Un inferno.
© RIPRODUZIONE RISERVATA