Goldman Sachs rischia una class action per discriminazione sessuale

Goldman Sachs rischia una class action per discriminazione sessuale
di Francesco Bisozzi
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Mercoledì 2 Luglio 2014, 13:25 - Ultimo aggiornamento: 23 Dicembre, 13:06
Alcol e battute sessiste. Goldman Sachs come il film «The Wolf of Wall Street». La banca d'affari americana ora rischia la class action per discriminazione sessuale. Tutto è iniziato nel 2010 quando Cristina Chen-Oster e Shana Orlich, due ex dipendenti dell'azienda, hanno accusato la compagnia di ghettizzare le donne che lavorano al suo interno. Ma in questi anni altre ancora hanno sporto denuncia contro Goldman Sachs per lo stesso motivo. Questa settimana è stato chiesto al giudice federale di Manhattan Analisa Torres di pronunciarsi sull'ammissibilità dell'azione collettiva.



Numerose ex dipendenti della compagnia si sono presentate in tribunale al fine di sostenere la tesi secondo cui all'interno della banca d'affari regnerebbe un clima in tutto e per tutto simile a quello che contraddistingue i club per ragazzi. Le donne che lavorano per Goldman Sachs, stando a quanto dichiarato da Cristina Chen-Oster e Shana Orlich, oltre a venire spesso ignorate sul piano professionale, sarebbero continuamente vittime di battute sessiste e verrebbero apostrofate con nomignoli dispregiativi (“oca” è uno di quelli che andrebbe per la maggiore stando alle testimonianze rilasciate fin qui).



Non solo. I manager di sesso maschile della banca d'affari pagherebbero abitualmente delle prostitute per intrattenere i clienti, sostengono le ex dipendenti di Goldman Sachs. Una di loro ha detto di essere stata demansionata dopo aver denunciato ai suoi superiori un collega che l'aveva molestata in ufficio. Di più. Le donne non verrebbero invitate nemmeno alle feste aziendali e alle partite di golf tra colleghi. Accuse rispedite al mittente dal portavoce di Goldman Sachs David Wells.



Un altro aspetto su cui si sono soffermate le accusatrici riguarda le retribuzioni. I vicepresidente donna guadagnerebbero il 21 per cento in meno rispetto ai loro parigrado di sesso maschile. In confronto agli uomini poi le donne che sono state promosse direttrici nella sede newyorkese della banca d'affari sarebbero il 23 per cento in meno. Tra le ex dipendenti che hanno dichiarato guerra alla banca d'affari Usa figurano anche due ex vicepresidente, Lisa Parisi e Denise Shelley.
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