Ginnastica, farfalle azzurre di bronzo
«Volevano buttarci giù dal podio»

Ginnastica, farfalle azzurre di bronzo «Volevano buttarci giù dal podio»
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Lunedì 13 Agosto 2012, 10:07 - Ultimo aggiornamento: 10:12
dal nostro inviato Nino Cirillo

LONDRA - Volevano buttarci fuori dal podio e invece siamo qui. E le scappano due lacrime, le uniche due che non riesce a trattenere : Emanuela Maccarani, allenatrice della nostra ginnastica ritmica, una milanese minuta, di solito sorridente ma sempre diplomatica, è stravolta dalla tensione e sta parlando con il cuore. «Sempre noi, soli, l’Italia contro tutti - le viene da dire di getto - contro la Russia e le squadre dell’Est che si aiutano sempre fra loro. E noi piccoli piccoli, senza alleati, neanche la Francia o la Spagna che pure potrebbero avere qualche interesse a spezzare questa egemonia».



Il profano non si meravigli, la ginnastica mondiale, quella olimpica, in questo caso, è frutto, soprattutto ai suoi più alti livelli, di delicati equilibri, talvolta sfacciate compensazioni, tra la bravura tecnica, la potenza economica e i rapporti geopolitici. Complicato da spiegare, ma è così.



Come complicato da spiegare è la bellissima medaglia di bronzo che si son messe orgogliosamente al collo Elisa, Elisa e le altre, Anzhelika, Romina, Marta e Andreaa, quelle «che hanno fatto sicuramente l’esercizio più bello» come sostiene con buone ragioni la Maccaroni. E più che bello, almeno per un profano, uno spettacolo: due minuti e mezzo con le palle e altrettanto con i nastri e con i cerchi, trecento secondi di adrenalina pura, un turbinio di traiettorie nell’aria, colori e musica, nel caso delle italiane il tradizionale Guglielmo Tell di Rossini.



Beh, già dopo le prima prova, quelle delle palle, tutto era abbastanza chiaro: un 28.700 generosissimo alle russe di Irina Viner, potente direttrice tecnica uzbeka, moglie dell’oligarca Usmanov, e soltanto 28.125 alle italiane, con le bielorusse terze. L’avrebbe spiegato più tardi il capitano Elisa Santoni, romana come l’altra Elisa, la Blanchi, parlando con i giornalisti nella zona mista: «Continuare con quel distacco rendeva tutto più difficile».



E infatti, quando è stato il momento dei nastri e dei cerchi - la rotazione nella quale l’Italia è senza discussioni la migliore al mondo - un piccolo errore, decisivo l’hanno commesso, forse già rassegnate. Una «perdita di scambio» si chiama tecnicamente, un nastro caduto per terra e sfortunatamente finito di pochissimo fuori della pedana, errore punito fin troppo duramente dalla giuria.



E mancava ancora la ciliegina sulla torta. Scendeva in pedana la Bielorussia, «con un esercizio semplicissimo perché non volevano rischiare» come avrebbe chiosato la Maccaroni, e i giudici tornavano di manica larga, come si poteva prevedere, per il più solido alleato di Mosca, anche nella ginnastica. Generosi al punto giusto, cinque centesimi in più, quelli che hanno tolto l’argento all’Italia: 55.500 contro 55.450.



C’è chi ne ha tratto delle conclusioni, affrettate forse ma suggestive. Prima e seconda Russia e Bielorussia, le squadre sorelle; terza e addirittura quinta Italia e Ucraina, le acerrime nemiche di questo blocco. Perché anche quella dell’Ucraina, magari in un’altra olimpiade, sarebbe una storia da raccontare, perché la vera nemica di Irina Viner, in realtà, è un’altra Irina, la Deriugina, famosa per aver accomodato dei risultati nel 2000 - e per questo fu squalificata per un anno -, e poi perché a ogni gara importante presenta raffiche ricorsi contro le russe. Ne ha presentato uno anche ieri, puntualmente respinto.



Mai come stavolta, però, c’è un rovescio della medaglia. È stato riscattato lo scandaloso verdetto di Pechino, un quarto posto che, al confronto, il bronzo di oggi è acqua fresca; è stato conquistato, dalla ginnastica italiana, il centesimo podio della storia tra olimpiadi e mondiali; è stato confermato che la nostra scuola c’è, che ha un futuro.
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