Clooney: «La mia Odissea nello Spazio»

Clooney e Bullock in una scena di Gravity
di Carlo Bizio
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Venerdì 2 Agosto 2013, 15:11 - Ultimo aggiornamento: 7 Agosto, 17:34
George Clooney, lo scapolo d'oro di Hollywood a 52 anni suonati ( nato a Lexington, nel Kentucky, il 6 maggio del 1961), un fascino che matura e migliora come un vino doc, è di nuovo al centro delle cronache mondane per la sua recente separazione da Stacey Keibler, l'ex wrestler e modella per la quale, vuole il gossip, aveva lasciato Elisabetta Canalis.



E ancora, si dice che Clooney avrebbe mollato la bella Stacey perché invaghitosi di Eva Longoria, conosciuta a Berlino la scorsa primavera mentre lui stava girando il suo nuovo film come regista e interprete, The Monuments Men, e lei un altro progetto (a quanto pare l'affair tra i due poi non è andato in porto). Ma Clooney oltre a collezionare super bellezze lavora molto, e sarà al festival di Venezia per accompagnare il dramma spaziale Gravity, diretto da Alfonso Cuaron, in cui recita accanto alla sua vecchia amica Sandra Bullock (è il loro primo film insieme). Proprio a Gravity spetta l'onore di aprire la rassegna. Ne abbiamo parlato via Skype con Clooney, tuttora in Europa per la post-produzione di The Monuments Men (che uscirà a novembre).



George, ci dica tutto quello che può su Gravity.

«Sandra ed io interpretiamo due astronauti in missione spaziale per riparare il telescopio Hubble. Ovviamente succede qualcosa per un incidente con lo Shuttle. Rimaniamo bloccati. Tipo Ore 10 calma piatta intorno alla Terra invece che in mare. È stata un'esperienza unica: un dramma umano che si consuma in uno spazio più piccolo di una cucina, tra Ibsen e Kubrick. Sarà interessante andare a Venezia con questo film. Gravity comunque non è il mio primo film di fantascienza spaziale, perché recitai già nel remake di Solaris di Steven Soderbergh. Ma qua c’è più scienza che fantasia. Cuaron non farebbe mai un thriller d'azione e basta, anche se un Harry Potter gli è toccato pure a lui dirigerlo».



Dev'essere stata un'esperienza unica, un dramma con due soli personaggi tutta nello spazio...

«Certo. Sandra ed io ci siamo ritrovati rinchiusi insieme per quattro mesi in una capsula spaziale, è un miracolo che non abbiamo dato fuori di matto, mantenendoci sani e ridendo e raccontandoci un sacco di cose durante le interminabili pause tra i vari ciak. Ora potrei spettegolare su di lei a ruota libera, ma non lo faccio perché gliel'ho promesso! Cuaron è un visionario, e quello che è riuscito a rendere visualmente ed emotivamente in questo film credo sia senza precedenti».



Un film impegnativo anche dal punto di vista fisico?

«Molto impegnativo. Ho avuto bisogno di tempo per riprendermi. Già mi fa male la schiena e il collo dai tempi dell’incidente sul set di Syriana, poi ci si sono messe le contorsioni alla Cirque du Soleil che abbiamo dovuto fare per mimare l'assenza di gravità e la maniera di muoversi degli astronauti in quella dimensione senza peso. Ma con tutto il peso reale del nostro corpo!»



Com'è stato recitare con la Bullock?

«Come dicevo, sono riuscito a farcela grazie a lei e al suo fantastico spirito e senso dell'umorismo. Ci conosciamo da vent’anni, da prima di diventare famosi e ci incontravamo alle audizioni a Los Angeles. Sandra, che noi dell’ambiente chiamiamo Sandy, mi prende sempre in giro perché non ho ancora messo su famiglia. Fino a qualche anno fa facevamo vere e proprie scommesse con i soldi: lei che io mi sposavo e diventavo padre entro due anni, io che... niente. Adesso lei ha smesso di scommettere».



Ma davvero non vuole mettere su famiglia?

«Sono legatissimo ai miei genitori e alla mia famiglia di provenienza, ma qualcosa nei fusibili del mio cervello mi impedisce di diventare tale».



Contento di tornare a Venezia?

«Come tutti sapete è una delle mie città preferite in assoluto. Oramai al Lido mi sento veramente come a casa mia, ogni volta per me è un gran divertimento tornarci, anche dopo tutti questi anni passati vivendo metà del tempo da voi».



Ma in Italia di recente c’è stato sempre meno. Perché?

«Il lavoro costante mi ha portato altrove. Con Argo a Los Angeles e in Medio Oriente, con Monuments Men a Berlino e dintorni - è un dramma al tempo della Seconda Guerra Mondiale su un gruppo di ufficiali americani alla ricerca delle opere d’arte trafugate dai nazisti in Europa - e ancora con Paradiso amaro alle Hawaii, Gravity in Arizona e così via. Poi c’è il mio impegno per la causa del Sudan del Sud e Darfur, e quello per l'energia pulita. Non sto mai fermo. Per questo non riesco a vedermi come padre di famiglia. Come faccia il mio amico Brad Pitt io non l'ho mai capito».