Gaza, tra i bimbi cresciuti con le bombe: «Noi ci giochiamo a nascondino»

Gaza, tra i bimbi cresciuti con le bombe: «Noi ci giochiamo a nascondino»
di Azzurra Meringolo
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Domenica 13 Luglio 2014, 01:33 - Ultimo aggiornamento: 01:38
Quando la guerra latente una prigione a cielo aperto. Ma quando il conflitto scoppia, la Striscia di Gaza diventa un mattatoio, un inferno di distruzione, un cimitero che arriva a toccare la riva del mare. Secondo l’esercito israeliano, i target colpiti dall’operazione “Margine di difesa” arrivata al suo quinto giorno sarebbero solo i “terroristi” della leadership di Hamas, il movimento islamista che governa la Striscia.



Vedendo la distruzione che circonda Gaza si ha l’idea che, qualora le parole di Israele fossero vere, la Striscia sarebbe un affollatissimo covo di terroristi: 360 km quadrati abitati da 1,8 milioni di persone. Anche se si vede sventolare qualche bandiera dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante che ha recentemente proclamato la nascita di un califfato, quello che salta all’occhio è l’enorme quantità di bambini. Moltissimi e vivacissimi. Sbucano da ogni vicolo correndo a piedi scalzi su dell’asfalto rovinato che diventa spesso sabbia.



Ecco perché in una terra così densamente popolata è difficile che anche la migliore operazione chirurgica non finisca per avere effetti collaterali. «L’intervento di terra farebbe ancora più danni» si lascia scappare esasperato un giovanissimo soldato israeliano mentre guarda le immagini dei carrarmati fermi lungo il confine della Striscia. Tra i 40mila riservisti che Israele ha allertato, c’è anche chi non si vergogna a mostrare paura.



UNA BOMBA OGNI 15 MINUTI

I bambini di Gaza sono più abituati a convivere con la paura. Corrono continuamente. Si lasciano fotografare mentre fanno con le dita il segno della vittoria. «Siamo vivi noi» dicono convinti di riuscire a vincere anche la prossima partita a nascondino contro le bombe dello stato ebraico. Ce ne è una ogni 15 minuti.



Alcuni hanno perso i genitori in uno dei tanti bombardamenti israeliani. Come le bambine dell’orfanotrofio di Beit Lahya, a nord di Gaza, un istituto che accoglie anche handicappati. All’alba di ieri è stato centrato in pieno dall’aviazione israeliana, testimoni riferiscono che tre di loro sarebbero morte ma Israele smentisce la notizia.



Altri hanno fratellini da badare, proteggere e sfamare. Una missione quasi impossibile in una striscia di terra strangolata dal blocco imposto dal 2007. Ad aggravare la crisi interna è stata la chiusura dei tunnel illegali che arrivavano nel Sinai egiziano dove il contrabbando si è per anni scatenato. Fino al 2013, grazie a un’economia sommersa che aveva un catalogo che andava dalle armi agli omogenizzati per bambini, a Gaza arrivavano anche importanti scorte di medicinali.



Ora mancano come l’aria negli ospedali della Striscia, o, meglio, in ciò che ne resta. Venerdì sera, mentre i cittadini rompevano il digiuno del Ramadan per la rituale cena comunitaria, un razzo israeliano ha colpito l’ospedale di Wafa. Nonostante i danni alla struttura e ad alcuni strumenti, i membri delle intere famiglie estratte sotto le macerie dai soccorritori sono rimaste nei pochi reparti ancora aperti. L’inferno più cruento si trova però allo Shifa, l’ospedale nel distretto settentrionale di Rimal dal quale, nel 2011, uscì anche la salma del cooperante italiano Vittorio Arrigoni. Un pronto soccorso che non riesce a salvare nessuno né dall’inferno che c’è fuori né dall’aldilà.



NEI BUNKER SOTTERRANEI

Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, allo Shifa si nasconderebbero diversi miliziani di Hamas che ci avrebbero costruito la loro base operativa, sperando di non venire bombardati da Israele. Sarebbero rannicchiati nei bunker sotterranei, nei piani interrati, sotto quei corridoi dove sfilano barelle con persone in fin di vita e dove si trovano i letti condivisi dai bambini feriti. Sono settimane che i medici si arrangiano alla meno peggio. Ma ci sono abituati.



«Non ci sono medicine, mancano gli strumenti e l’elettricità per fare andare i macchinari» spiega Paola Manduca, genetista dell’Università di Genova che conosce da vicino lo stato degli ospedali della Striscia. «Da tempo non possiamo operare e non siamo in grado di togliere le schegge metalliche piantate in quasi tutti i pazienti che arrivano. In queste condizioni, tra un paio di giorni, questo ospedale collasserà e non riuscirà più ad aiutare nessuno» dice Ashraf al-Kurdi, il responsabile dei servizi medici nella Striscia.



È anche per questo che alcuni cardiologi si sono messi in ambulanza con i loro pazienti per andare a bussare ai vicini confinanti arabi, per chiedergli di ospitarli nei loro ospedali egiziani. Sono solo un paio le emergenze che sono state accolte, tutti gli altri feriti sono stati rispediti nel mattatoio dello Shifa. Per evitare che si ripresentino, il Cairo ha deciso di chiudere i cancelli di Rafah, l’unico valico della Striscia non gestito dagli israeliani che aveva eccezionalmente aperto mercoledì. Secondo quanto riferito all’Ansa da Maher Abu Sabha, i feriti non erano benvenuti in Egitto.



LE BARCHE ABBANDONATE

Nella strada che collega il nord Khan al Younis - cittadina piena di cumuli di detriti di tutte le costruzioni cadute in questi giorni - si trova la centrale del trattamento delle fogne. Anche questa è distrutta. «Forse c’era qualche combattente che la usava come piscina» scherza un ragazzo di Gaza su Twitter. Le barche dei pescatori parcheggiate da giorni lungo la costa sono inutilizzabili. «Forse hanno pensato che le avremmo usate per combattere? O forse per scappare? Se fosse davvero possibile lo avremmo già fatto tutti» commenta lo stesso giovane.



Nessuno però può farlo veramente. È anche per questo che c’è chi, come la giovane Sabah Abu Ghonim, è diventata famosa per concedersi il lusso di sognare la libertà surfando le onde del mare di Gaza. In questi giorni però neanche lei ha il coraggio di allontanarsi di casa per tanto tempo. Ha forse paura di fare la fine dei nove ragazzi che hanno commesso l’errore di pensare di potersi vedere la semifinale dei mondiali Olanda-Argentina al Gaza Beach Cafè. Non sono arrivati ai calci di rigore. Sono stati uccisi prima da un F16 israeliano.
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