Fondi pensione, sempre meglio del Tfr. I dati Covip

Fondi pensione, sempre meglio del Tfr. I dati Covip
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Mercoledì 24 Giugno 2020, 11:00 - Ultimo aggiornamento: 2 Luglio, 17:00

La COVIP ha diffuso oggi sul proprio sito web la Relazione annuale sull’attività svolta nel 2019 e sulla situazione dei settori di competenza, unitamente alle Considerazioni del Presidente, Mario Padula.

Tenuto conto delle misure di protezione in atto per contenere l’emergenza sanitaria, in luogo della consueta lettura in pubblico delle Considerazioni del Presidente, la COVIP ha anche diffuso oggi, sempre sul proprio sito web, un video-messaggio contenente gli elementi salienti di tali Considerazioni.

Oltre ad illustrare lo stato dei settori vigilati (fondi pensione e casse professionali) – le cui risorse hanno complessivamente superato 270 miliardi di euro riguardando oltre dieci milioni di soggetti tra iscritti e pensionati – il Presidente della COVIP si è soffermato sulle prospettive evolutive di tali settori, anche alla luce dell’attuale situazione.

I FONDI PENSIONE

  • L’offerta

Alla fine del 2019, i fondi pensione in Italia sono 380: 33 fondi negoziali, 41 fondi aperti, 70 piani individuali pensionistici (PIP), 235 fondi preesistenti, oltre a Fondinps in via di superamento.

Il numero delle forme pensionistiche operanti nel sistema è in costante riduzione. Venti anni fa, nel 1999, le forme operanti erano 739, quasi il doppio.

  • Gli iscritti e le adesioni

Alla fine del 2019, il totale degli iscritti alla previdenza complementare è di circa 8,3 milioni, in crescita del 4% rispetto all’anno precedente, per un tasso di copertura del 31,4% sul totale delle forze di lavoro.

Le posizioni in essere sono 9,1 milioni (inclusive di posizioni doppie o multiple, che fanno capo allo stesso iscritto).

Gli iscritti ai PIP “nuovi” si attestano a 3,3 milioni, 3,1 milioni quelli ai fondi negoziali, oltre 1,5 milioni quelli ai fondi aperti e circa 600.000 quelli ai fondi preesistenti.

Gli uomini sono il 61,9% degli iscritti alla previdenza complementare (il 73,4% nei fondi negoziali), nel solco di quel gender gap che si è già manifestato negli anni scorsi. Si conferma anche un gap generazionale: la distribuzione per età vede la prevalenza delle classi intermedie e più prossime all’età di pensionamento: il 52,9% degli iscritti ha età compresa tra 35 e 54 anni, il 29,5% ha almeno 55 anni.

Quanto all’area geografica, la maggior parte degli iscritti risiede nelle regioni del Nord (57%).

  • Risorse, contributi e prestazioni

A fine 2019, le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari si attestano a 185 miliardi di euro, in aumento del 10,7% rispetto all’anno precedente: un ammontare pari al 10,4% del PIL e al 4,2% delle attività finanziarie delle famiglie italiane.

I contributi incassati nell’anno sono pari a 16,2 miliardi di euro: 5,3 miliardi ai fondi negoziali (+5,3%), 2,2 miliardi ai fondi aperti (+8,2%), 4,5 miliardi ai PIP nuovi (+4,9%) e 4,2 miliardi ai fondi preesistenti.

I contributi per singolo iscritto ammontano mediamente a 2.700 euro nell’arco dell’anno. Il 26,4% del totale degli iscritti alla previdenza complementare (circa 2,2 milioni) non ha effettuato contribuzioni nel 2019. La metà di essi (1,1 milioni di iscritti) non versa contributi da almeno quattro anni. Su tale fenomeno, peraltro, incide in misura significativa il meccanismo delle adesioni contrattuali nei fondi negoziali, particolarmente con riguardo a settori, come quello edile, caratterizzati da elevata discontinuità occupazionale.

Le voci di uscita per la gestione previdenziale ammontano a 8,4 miliardi di euro. Le prestazioni pensionistiche sono state erogate in capitale per 3 miliardi di euro e in rendita per circa 600 milioni di euro. I riscatti sono pari a 2,1 miliardi di euro e le anticipazioni a 2,3 miliardi di euro, in gran parte riferite a causali diverse dalle spese sanitarie o dall’acquisto o ristrutturazione della prima casa. Nell’anno sono stati erogati circa 500 milioni di euro di rendite integrative temporanee anticipate (RITA), per lo più concentrate nei fondi pensione preesistenti.

  • L’allocazione degli investimenti

L’allocazione degli investimenti effettuati dai fondi pensione (escluse le riserve matematiche presso imprese di assicurazione e i fondi interni) registra la prevalenza della quota in obbligazioni governative e altri titoli di debito che nel 2019 è stata pari al 58% (con un calo di 0,8 punti percentuali rispetto al 2018), dei quali il 20,6% sono titoli di debito pubblico italiano (contro il 21,2 nel 2018).

In aumento al 18,9% i titoli di capitale (contro il 16,5% del 2018) e anche le quote di OICR, dal 13,8 al 14,8%. I depositi si attestano al 6,5%.

Gli investimenti immobiliari, in forma diretta e indiretta, presenti quasi esclusivamente nei fondi preesistenti, rappresentano il 2,2% del patrimonio, in diminuzione di 0,5 punti percentuali rispetto al 2018.

Nell’insieme, il valore degli investimenti dei fondi pensione nell’economia italiana (titoli emessi da soggetti residenti in Italia e immobili) è di 40,3 miliardi di euro, il 26,8% del patrimonio. I titoli di Stato ne rappresentano la quota maggiore, 30,9 miliardi di euro.

Gli impieghi in titoli di imprese domestiche rimangono marginali, riflettendo anche la peculiare struttura del tessuto industriale italiano e il livello complessivamente limitato della capitalizzazione del mercato azionario nazionale. Il totale di 4,4 miliardi è pari al 3% del patrimonio: in obbligazioni sono investiti 2,8 miliardi, in azioni 1,6 miliardi; gli investimenti domestici detenuti attraverso quote di OICVM si attestano a 1,6 miliardi. La componente immobiliare è pressoché tutta concentrata in Italia per complessivi 3,1 miliardi di euro.

  • I rendimenti e i costi

Il 2019 è stato un anno molto positivo per i mercati finanziari e in particolar modo per quelli azionari. Ne hanno tratto giovamento anche i rendimenti dei fondi pensione, dopo un decennio in cui sono già stati in media più che positivi.

Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i fondi pensione negoziali e i fondi aperti hanno guadagnato in media, rispettivamente, il 7,2% e l’8,3%; per i PIP “nuovi” di ramo III, il risultato è stato del 12,2%. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dal flusso cedolare incassato sui titoli detenuti, il risultato è stato pari all’1,6%. Nello stesso periodo il TFR si è rivalutato, al netto delle tasse, dell’1,5%.

A livello di costi, i PIP restano i prodotti più onerosi: su un orizzonte temporale di dieci anni, l’Indicatore sintetico dei costi (ISC) è in media del 2,20% (1,88% per le gestioni separate di ramo I e 2,30% per le gestioni di ramo III), mentre si conferma la minore onerosità dei fondi pensione negoziali (0,40%) e dei fondi pensione aperti (1,35%).

L’attività di vigilanza

Nel 2019 le iniziative di vigilanza sull’andamento delle gestioni sono state oltre 800, cui hanno fatto seguito circa 450 interventi correttivi o autorizzativi.

Di particolare rilievo è stata anche nel 2019 l’attività riguardante le operazioni di razionalizzazione, concentrazione e liquidazione delle forme pensionistiche complementari, così come quelle di monitoraggio dei fondi pensione preesistenti esposti a rischi biometrici e dei piani di dismissione immobiliare degli stessi fondi che detengono direttamente immobili in misura superiore al limite del 20% delle proprie disponibilità totali.

Come negli anni passati, le verifiche in materia di trasparenza delle forme pensionistiche complementari hanno costituito un importante profilo di attenzione da parte dell’Autorità. Notevole rilievo sta sempre più assumendo il “Comparatore dei costi delle forme pensionistiche complementari” che da tre anni è disponibile sul sito COVIP, grazie al quale è possibile un più immediato e fruibile confronto tra i costi delle diverse forme pensionistiche.

L’evoluzione normativa

Il 2019 è stato caratterizzato da una rilevante attività da parte della COVIP finalizzata a dare attuazione alle nuove disposizioni recate dal Decreto di recepimento della Direttiva IORP II (Decreto lgs. 13 dicembre 2018, n. 147). Tali disposizioni sono prioritariamente volte a rafforzare gli assetti organizzativi dei fondi pensione, migliorare i processi interni e la gestione dei rischi ed elevare la qualità dei rapporti con gli iscritti in termini di trasparenza, in modo proporzionato alla dimensione, natura, portata e complessità delle attività del fondo.

Nel corso del 2019 sono stati via via diffusi in pubblica consultazione lo Schema di Direttive generali, contenente istruzioni di vigilanza relative a tutti gli elementi di novità, i nuovi Schemi di statuto e di regolamento, gli interventi di revisione dei procedimenti di autorizzazione all’esercizio dell’attività e di approvazione delle variazioni statutarie e regolamentari, oltre che di autorizzazione all’attività transfrontaliera, il provvedimento di revisione del regolamento in materia di procedure sanzionatorie. L’attività di attuazione della disciplina comunitaria è continuata nei primi mesi del 2020, attraverso la diffusione in pubblica consultazione delle disposizioni volte a regolare i rapporti tra i fondi pensione e gli iscritti, e dunque in materia di informativa precontrattuale e di trasparenza nel corso del rapporto di partecipazione e nella fase di erogazione della prestazione.

Tutti gli interventi sopra richiamati sono stati oggetto di procedure di consultazione pubblica, così da consentire a chiunque, dalle Associazioni di categoria agli Organismi di tutela dei consumatori, dagli operatori del settore alle realtà professionali e a singoli interessati, di esprimere proprie osservazioni e considerazioni, arricchendo così il patrimonio di elementi su cui l’Autorità fonda le proprie scelte di regolazione.

Nel mese di giugno 2019 è stato approvato il Regolamento UE in materia di Pan-European Personal Pensions (PEPP), in vigore dal 14 agosto, ai cui lavori la COVIP ha fattivamente contribuito. L’iniziativa è volta a realizzare un mercato unico delle forme pensionistiche di tipo individuale. Il Regolamento non è tuttavia ancora applicabile, essendo a tal fine necessaria l’adozione della normativa delegata, demandata alla Commissione europea su proposta di EIOPA. Nel frattempo, a livello nazionale sono in corso i lavori parlamentari per l’approvazione della Legge di delegazione europea 2019, al cui interno sono, tra l’altro, definiti i principi e i criteri direttivi cui il Governo dovrà attenersi per l’adeguamento delle disposizioni nazionali.

Affinché i PEPP possano effettivamente realizzare gli obiettivi per i quali sono stati concepiti e al contempo offrire un contributo all’efficienza del sistema di previdenza complementare del nostro Paese, occorre che ne sia pienamente valorizzata la natura di prodotto previdenziale, sia nell’adozione della normativa delegata sia nell’adeguamento della normativa nazionale, in coerenza con lo spirito e con la lettera del Regolamento che li ha introdotti.

LE CASSE PROFESSIONALI

Dal 2011, proprio in forza dell’esperienza maturata nel contiguo settore dei fondi pensione, la COVIP vigila anche sugli investimenti delle casse professionali, in un assetto articolato di controlli in cui l’Autorità opera in raccordo con i Ministeri del Lavoro e dell’Economia, cui spetta la verifica della complessiva stabilità degli enti.

Pur nella perdurante assenza del Regolamento in materia di disciplina degli investimenti previsto dal Decreto-legge 98/2011, la COVIP ha comunque svolto la propria funzione di vigilanza, trasmettendo annualmente analitici referti ai Ministeri del Lavoro e dell’Economia a consuntivo delle gestioni di ciascuna delle 20 casse e svolgendo diversi approfondimenti su specifici aspetti della gestione, anche attraverso iniziative di carattere ispettivo.

I dati e le informazioni acquisiti nell’ambito della propria attività consentono alla COVIP di disporre di un patrimonio informativo di cui l’Autorità dà annualmente conto mettendo a disposizione, anche per il tramite del proprio sito web, il Quadro di Sintesi sugli aspetti più significativi emersi dalle rilevazioni effettuate. Tale patrimonio informativo, in progressiva crescita, non solo può agevolare la conoscenza del settore, ma può anche costituire strumento utile per iniziative organiche di regolazione.

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Alla fine del 2018, le attività complessivamente detenute dalle casse ammontano, a valori di mercato, a 87 miliardi di euro (+1,9%). Dal 2011 al 2018 tali attività sono cresciute complessivamente da 55,7 a 87 miliardi di euro, con un incremento del 56,2%.

A fronte di una sostenuta dinamica di crescita nell’aggregato, permangono differenze, anche ampie, nelle attività delle casse: circa il 73% dell’attivo è di pertinenza dei 5 enti di dimensioni maggiori, i primi 3 raggruppano circa il 54% del totale. Al 2018 solo in 2 casse le prestazioni superano i contributi; in tutti gli altri casi la differenza è positiva, con un’ampiezza variabile tra i singoli enti.

Tenendo conto anche delle componenti obbligazionaria e azionaria sottostanti gli OICVM detenuti, la quota più rilevante delle attività è costituita da titoli di debito, pari a 32,6 miliardi di euro (corrispondenti al 37,5% del totale).

La composizione delle attività detenute continua a caratterizzarsi per la cospicua presenza di investimenti immobiliari, che nel complesso (cespiti di proprietà, fondi immobiliari e partecipazioni in società immobiliari controllate) si attestano a 19,8 miliardi di euro (22,7% del totale). Nel quinquennio 2014-2018 l’incidenza di tale componente è comunque diminuita di circa 4 punti percentuali. Va peraltro osservato che in 6 casi la componente immobiliare supera il 30% delle attività e in uno di questi l’incidenza è superiore al 50%.

Gli investimenti nell’economia italiana, ossia in immobili e in titoli domestici, ammontano a 35 miliardi di euro, pari al 40,2% delle attività totali, mentre gli investimenti non domestici si attestano a 38,2 miliardi di euro, corrispondenti al 43,9% delle attività totali. La residua quota del 15,9% delle attività totali è costituita essenzialmente da liquidità e da crediti contributivi.

Sugli assetti regolamentari delle casse in materia di investimento pesa l’assenza di un quadro normativo cogente e unitario, causandone una varietà più ampia di quella che la peculiarità delle singole casse può giustificare. I documenti che a vario titolo trattano il tema degli investimenti risultano notevolmente articolati quanto a struttura e contenuti, talvolta senza il necessario coordinamento.

Anche gli assetti organizzativi delle casse in materia di investimenti risultano variamente articolati, pure in funzione della accentuata diversità della dimensione delle attività detenute e della complessità della politica di investimento perseguita. In relazione a tali assetti, che in taluni casi hanno anche evidenziato qualche elemento di fragilità, l’attività della COVIP ha stimolato un percorso di progressivo rafforzamento

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Le prospettive evolutive dei settori vigilati

Nell’assetto pensionistico di base del nostro Paese, per effetto della transizione demografica si sono dovuti operare negli anni significativi interventi che hanno determinato una più stretta connessione tra contributi e prestazioni. In tale contesto, si pone la questione dell’adeguatezza del risparmio previdenziale rispetto all’esigenza di assicurare condizioni eque e dignitose nell’ultima fase del ciclo di vita. La previdenza complementare, supportata anche da benefici fiscali, costituisce una risposta concreta rispetto al rischio di prestazioni insufficienti e può costituire un contributo ad aumentare l’inclusione previdenziale in un sistema pensionistico concepito come unitario ma articolato su più pilastri.

L’andamento delle adesioni alla previdenza complementare mostra un quadro variegato: le differenze riscontrate nella partecipazione al sistema, ad esempio tra uomini e donne, tra persone in età matura e giovani, tra aree del nord e del sud del Paese, in larga misura non sono variabili indipendenti ma strettamente legate al differente livello di inclusione nel mercato del lavoro.

Nell’attuale contesto di maggiore difficoltà economica e sociale, il rischio è che la crisi non solo riduca la propensione all’adesione a fronte di altre urgenti esigenze sopravvenute, ma determini addirittura la fuoriuscita dal sistema dei lavoratori, magari perché divenuti disoccupati, o ne ridimensioni la partecipazione, ad esempio per la necessità di fronteggiare un calo di reddito. Tutto ciò rischia peraltro di tradursi in un’accentuazione delle differenze nel livello di inclusione previdenziale, con un’ulteriore emarginazione delle categorie che per genere, per età, per area geografica si presentano più deboli. Oltre ad intervenire per superare la marginalità, che è anzitutto marginalità rispetto al mercato del lavoro e che la crisi può contribuire ad ampliare, occorre valutare l’attivazione di incentivi fiscali che agevolino la ricostituzione delle posizioni nella fase di ripresa per quegli iscritti che abbiano fatto ricorso a forme di anticipazione, abbiano riscattato la posizione o abbiano interrotto la contribuzione.

Guardando ai primi impatti della crisi sull’assetto dei fondi pensione, si deve sottolineare che alcuni processi già avviati – anche nel recepimento dei principi della Direttiva IORP II – continueranno senza soluzione di continuità, pur potendo subire in qualche caso un rallentamento. Si tratta di processi orientati agli obiettivi di rafforzamento strutturale, di aumento della capacità di gestione dei rischi, di consolidamento della fiducia che deve accompagnare rapporti destinati a protrarsi per un tempo lungo, quale quello tra il fondo e i propri iscritti. E che tali obiettivi mantengano, anche in questa fase difficile, la loro validità è quanto è emerso da un’indagine che la COVIP ha condotto su un campione di fondi pensione, contattati per avere un primo riscontro circa l’impatto dell’epidemia.

Le forme pensionistiche complementari hanno dimostrato capacità di reazione sia per quanto attiene alla continuità operativa, sia in ordine alle modalità di interazione con gli iscritti, in alcuni casi anche intensificata e agevolata dalla valorizzazione di modalità di interlocuzione online. In tale quadro, un ruolo importante hanno avuto anche i siti web, attraverso i quali sono state veicolate informazioni e indicazioni comportamentali da numerosi fondi pensione, specie quelli rivolti a platee più estese e diffuse sul territorio, quali primariamente i fondi di categoria. In considerazione dell’andamento negativo dei mercati finanziari, la gran parte dei fondi pensione negoziali ha divulgato ai propri iscritti l’invito a non compiere scelte sull’onda emozionale, che potrebbero comportare il consolidamento di perdite. Molti fondi hanno consentito agli aderenti di annullare le richieste di switch, anticipazione, trasferimento o riscatto in precedenza presentate.

Dal punto di vista quantitativo, i dati disponibili, relativi ai primi mesi dell’anno, non sono ancora esaustivi dell’impatto che la crisi indotta dall’emergenza epidemiologica può determinare, ad esempio, sulla continuità dei versamenti contributivi ovvero su un maggior ricorso alle prestazioni del fondo. Tuttavia, nei prossimi mesi è ragionevole attendersi, anche in relazione all’entità della caduta dell’attività economica, una flessione dei contributi e un incremento delle richieste di prestazioni. Le dimensioni effettive di questi fenomeni restano sotto osservazione da parte dell’Autorità di vigilanza, per poterne valutare l’impatto sui singoli fondi e sul sistema nel suo complesso e adottare le più adeguate misure per contenerne gli effetti o favorirne il recupero.

Ciò che invece emerge già come dato oggettivo è il calo dei rendimenti finanziari. Le turbolenze dei mercati finanziari che hanno caratterizzato l’inizio della pandemia hanno determinato ora rendimenti negativi, che hanno in buona parte eroso i guadagni fatti registrare nel 2019, benché ancora una volta – come già accaduto in precedenti situazioni di crisi che hanno interessato il sistema – i fondi abbiano contenuto le perdite, mostrando una buona tenuta rispetto all’andamento dei principali mercati, a conferma della validità dell’approccio gestionale seguito, che, in situazioni di mercato avverse, è in grado di mitigare l’impatto della volatilità.

Nel primo trimestre, i rendimenti medi sono stati in generale negativi e di entità maggiore al crescere della quota di portafoglio investita in titoli azionari. Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i fondi negoziali hanno perso il 5,2%; il 7,5 e il 12,1, rispettivamente, i fondi aperti e i PIP di ramo III, caratterizzati in media da una maggiore esposizione azionaria. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, il risultato è stato positivo (0,4%).

Valutando i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale, l’impatto della crisi appare tuttavia più limitato. Considerando l’andamento dei fondi pensione dall’inizio del 2010 al primo trimestre dell’anno, i rendimenti medi annui composti sono stati positivi e pari, rispettivamente, al 3% per i fondi negoziali e i fondi aperti, al 2,4 e al 2,5% per i PIP di ramo III e per quelli di ramo I. La rivalutazione del TFR nello stesso periodo si attesta al 2%.

Sulle ripercussioni dell’emergenza epidemiologica sui fondi pensione si sta concentrando anche l’attività in corso in sede europea e internazionale, per individuare gli elementi di rischio e le linee di intervento più appropriate. In ambito europeo, in particolare, la COVIP partecipa a tale attività in sede EIOPA. In detta sede è stato elaborato un documento, non vincolante, che riassume alcuni principi su cui basare le azioni utili a mitigare l’impatto della crisi sul sistema dei fondi pensione occupazionali. Le iniziative fin qui assunte dalla COVIP così come i comportamenti adottati dai fondi si pongono in linea con quanto maturato in sede europea.

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La crisi conseguente all’emergenza epidemiologica conferma l’importanza del rafforzamento strutturale dei fondi pensione. Sempre più ai fondi è chiesto di essere in grado di valutare, gestire e monitorare i rischi, generici e specifici, che ne accompagnano l’attività; rischi che – come appunto dimostrano gli eventi degli ultimi mesi – possono assumere forme inattese e dimensioni imprevedibili.

Dal rafforzamento strutturale dipende anche il ruolo che i fondi pensione, così come le casse professionali, possono svolgere per lo sviluppo dei mercati finanziari e la crescita dell’economia: come soggetti depositari di un capitale paziente che guarda al lungo periodo, possono fornire un contributo di liquidità e quindi di stabilizzazione a mercati la cui volatilità questa crisi ha particolarmente accresciuto. Per esercitare pienamente questo ruolo occorrono soggetti in grado di operare in condizioni di incertezza, adottando decisioni che sono rese sempre più complesse dall’evoluzione continua degli strumenti di investimento e dello stesso universo investibile, che ora, anche con riguardo al nostro Paese, comincia ad includere attività non tradizionali, tipicamente non negoziate nei mercati regolamentati, caratterizzate da un più elevato grado di illiquidità.

In questo contesto, oltre al rafforzamento strutturale, appaiono elementi decisivi la chiarezza, la tracciabilità e la trasparenza dei processi decisionali insieme con l’efficienza dei processi operativi. Tali elementi sono un essenziale presidio per la tutela degli interessi degli iscritti, cui anche l’attività della COVIP è preordinata.

Occorre tuttavia che le scelte e le responsabilità che competono ai singoli operatori possano inquadrarsi in una cornice normativa sufficientemente stabile e nel contesto di politiche economiche e finanziarie a sostegno della ripresa che, superati i – pur necessari – interventi immediati, sappiano individuare con lungimiranza le migliori soluzioni in un piano strategico di interventi per il Paese.

Bisogna favorire lo sviluppo di quelle iniziative destinate al finanziamento della crescita delle imprese e delle infrastrutture del nostro Paese, con cui meritoriamente i fondi pensione hanno già cominciato a misurarsi. Occorre dunque ripensare, in un’ottica di rinnovata progettualità per il Paese, al ruolo che non solo gli investitori istituzionali ma anche il risparmio privato in generale possono svolgere per la crescita dell’economia e lo sviluppo dei mercati finanziari, affrontando con coraggio i problemi che un’economia, come quella italiana, pone anche in relazione al suo tessuto industriale e al suo mercato dei capitali, che non vanno riguardati come parametri, ma piuttosto come variabili, in un modello più moderno che sappia cogliere le sfide che nell’ultimo ventennio si sono presentate e quelle che nel prossimo futuro si presenteranno.

Le considerazioni svolte circa l’importanza, anzi la necessità, di un rafforzamento strutturale valgono vieppiù per le casse professionali che gestiscono ingenti risorse di risparmio obbligatorio.

Sotto tale profilo, le casse professionali registrano tuttavia un significativo ritardo normativo rispetto ai fondi pensione. Continua ad ampliarsi, anche per effetto dell’incidenza della disciplina di origine comunitaria, il divario tra la regolamentazione normativa dei fondi pensione e quella relativa alle casse professionali, che restano gli unici investitori istituzionali affrancati da una regolamentazione unitaria in materia di investimenti.

Ancora una volta si deve richiamare l’esigenza di portare rapidamente a completamento l’iter di adozione del Regolamento interministeriale di cui al Decreto legge 98/2011, che fornirebbe una cornice normativa, da un lato, oggettivamente necessaria per favorire il processo volto a rafforzare le procedure e gli assetti organizzativi professionali e tecnici delle casse e ad assicurare un efficace monitoraggio dei rischi assunti nella gestione; dall’altro, sufficientemente flessibile da consentire ai singoli enti l’adozione di scelte gestionali autonome e responsabili in ragione delle rispettive specificità.

L’adozione del Regolamento contribuirebbe poi anche al miglioramento dell’assetto della vigilanza; un contesto adeguatamente disciplinato e regolato faciliterebbe infatti l’azione di controllo cui la COVIP è chiamata, consentendo alla stessa di inserirsi in un alveo caratterizzato da regole chiare ed omogenee.

Nel corso del 2019 la COVIP ha avviato i lavori per la messa a punto di un nuovo sistema di segnalazioni per le casse professionali, con l’obiettivo di accrescere il patrimonio di informazioni sulle attività detenute da detti enti e sulla relativa redditività, funzionali a predisporre i referti che l’Autorità è tenuta a trasmettere annualmente ai Ministeri del Lavoro e dell’Economia. Nel valutare l’esigenza di un aggiornamento evolutivo degli schemi e delle metodologie in essere già da diversi anni, è stato quindi avviato un percorso destinato a ricalcare quanto già fatto con successo per i fondi pensione, al fine di innalzare il livello di automazione del sistema e di flessibilità nel suo utilizzo, consentire una più organica valutazione dei portafogli, semplificare e ridurre gli oneri amministrativi, accrescere la qualità dei dati trasmessi grazie all’implementazione di controlli automatici.

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