Festival Venezia, intrepido Albanese: «C'è la crisi? Sorridiamo»

Festival Venezia, intrepido Albanese: «C'è la crisi? Sorridiamo»
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Giovedì 5 Settembre 2013, 09:56 - Ultimo aggiornamento: 18:52

Antonio Albanese mostra la cicatrice che gli attraversa il polso sinistro: Me la sono procurata quando facevo il falegname, uno dei mille mestieri che mi hanno consentito di mantenermi ai tempi dell’Accademia d’arte drammatica. E’ il mio unico ”tatuaggio” e ne vado fiero». Un motivo di più perché l’attore si senta vicino («anzi, mi appartiene proprio») al personaggio che Gianni Amelio gli ha cucito su misura in L’intrepido, il secondo film italiano in concorso, molto atteso e accolto ieri da caldissimi applausi in sala e qualche booh alla proiezione per la stampa.

«Un inno alla dignità», definisce il film Amelio, per la sesta volta alla Mostra dove nel 1998 vinse il Leone d’oro con Così ridevano. Albanese interpreta un ex calzolaio che, per sbarcare il lunario e senza mai lamentarsi, anzi con un candido sorriso chapliniano, fa il «rimpiazzo», cioè sostituisce anche per poche ore i lavoratori assenti o non disponibili. «I mestieri mi piacciono tutti», confessa.

TRASGRESSIONE

«Ho accettato con gioia la proposta di Amelio, un regista che ammiro dai tempi di Ladro di bambini», spiega l’attore, «perché L’intrepidoaffronta un tema contemporaneo, quello della crisi economica, con un tono diverso, tutt’altro che cupo ma con grande leggerezza. Per questa ragione lo considero il mio film più trasgressivo. Ogni aspetto del progetto è stato condiviso con Gianni, dalla mia recitazione non naturalistica alle motivazioni del personaggio. Durante le riprese, la mattina mi svegliavo felice di dover andare sul set».

Albanese, attore poliedrico capace di passare dalla comicità di Cetto LaQualunque alla tenerezza di Antonio Lo Pane, il protagonista diL’intrepido, si è identificato totalmente nel suo nuovo personaggio. «Lo ammiro e un po’ l’invidio per il suo sguardo positivo sulla vita. Vengo anch’io da una famiglia operaia che non mi stancherò mai di ringraziare per avermi insegnato il lavoro manuale», racconta. «A quindici anni ho cominciato a faticare come metalmeccanico, poi ho fatto l’imbianchino, il barista, il cameriere. Il bisogno ti rende indipendente, quindi più felice...». Nel film suona anche il sax: «Da giovane ne possedevo uno e lo vendetti per pagare l’affitto. E quando rimasi senza un quattrino, decisi di mollare l’Accademia. Ma il direttore mi disse: se lo fai, ti ammazzo».

RIVELAZIONE

Nel film, Amelio ha scritturato due giovani attori esordienti: Gabriele Rendina e Livia Rossi. Il primo, 23 anni, interpreta il figlio musicista di Albanese, la seconda fa la ragazza disperata che Pane incontra sul suo cammino. E musicista, Rendina lo è davvero: proprio ieri doveva diplomarsi in composizione dopo nove anni di conservatorio, ma l’appuntamento veneziano gli ha fatto saltare la sessione. «Pazienza, mi diplomerò l’anno prossimo e nel frattempo continuerò a studiare, musica e cinema sono le mie grandi passioni», sorride Gabriele, eleganza naturale e viso bellissimo, molto intenso che fa di lui una sicura promessa del cinema italiano.

Sul finire della Mostra, mentre il Leone si avvicina, arrivano una notizia buona e una così così. Quella così così: l’Osservatore Romano accusa il festival di «non aver dato sussulti». La buona notizia, diffusa dall’Anica, è invece che il cinema italiano ha guadagnato spettatori: nel 2012 sono aumentati di un milione rispetto a due anni prima. Con i tempi che corrono, benvenuto colpo di scena.

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