Covid-19: l’impatto sulle relazioni e sulla comunicazione

Covid-19: l’impatto sulle relazioni e sulla comunicazione
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Mercoledì 26 Maggio 2021, 11:00 - Ultimo aggiornamento: 3 Giugno, 14:00

La pandemia ha dato un ruolo ancor più centrale alla rete e alle relazioni. Ne abbiamo parlato con la Dottoressa Valentina Pelliccia, giornalista, Vicepresidente dell’Asum, Associazione studenti e laureati dell’ Università degli Studi “Guglielmo Marconi” e Consulente Legale in una storica banca di Roma

Durante l’emergenza sanitaria, la didattica a distanza si è rivelata uno strumento fondamentale. Lo rimarrà anche in futuro?

Ciò che consente alle persone di crescere dal punto di vista umano, culturale e sociale è il confronto diretto quotidiano e l’interazione, la vicinanza. Come scrisse Aristotele nella sua ‘Politica’, l’uomo è un animale sociale in quanto tende ad aggregarsi con altri individui. Quindi, siamo per natura portati a stare in contatto con l’altro, che fornisce un contributo essenziale al nostro percorso identitario, alla costruzione ed evoluzione della nostra ‘forma mentis’. La didattica a distanza, con i suoi sistemi di apprendimento basati su piattaforme digitali, è stata una risposta importante ed essenziale, in una situazione di emergenza, alla necessità di cultura ed istruzione dei ragazzi. La didattica in aula è fondamentale per la formazione, ma l’e-learning sarà, mi auguro, considerato parte integrante anche nel futuro post- Covid. Reputo che queste due modalità, tecnologia e Istruzione in presenza, debbano e possano tranquillamente coesistere.

Che ruolo ha la condivisione in questa fase in cui spesso è consentita solo in formato digitale?

Le rispondo anche in relazione alla mia esperienza associativa, oggi incentrata sull’Asum (Associazione Studenti e Laureati dell’Università degli Studi “Guglielmo Marconi”, la prima Università ‘aperta’) di cui sono Vice presidente. La finalità principale è fornire ai propri associati e ai giovani laureati dell’ateneo strumenti utili per l’orientamento, l’aggiornamento e lo sviluppo professionale, più che mai in una fase di disorientamento e difficoltà come quella attuale. La condivisione è alla base di scelte di vita importanti come questa. Dunque, anche a distanza, non deve essere trascurata.

Reputa che la modalità remota di studio e lavoro, con il ricorso allo Smart Working, abbia portato benefici rispettivamente a didattica e qualità del lavoro specie sul fronte della comunicazione?

Nel contesto difficile in cui ci siamo trovati, in cui abbiamo stravolto completamente le nostre abitudini di vita, le nostre relazioni sociali e le nostre certezze, il ricorso alla digitalizzazione è stato inevitabile e fondamentale. Abbiamo, infatti, riscontrato come periodi di crisi possano essere acceleratori di cambiamento. Molte università si stanno adeguando alle modalità di lavoro di quelle telematiche già attive per necessità e perché, nella difficoltà, hanno notato anche dei benefici per la didattica. Così come il ricorso al lavoro agile, che ha dimostrato un’ottima capacità generale di adattamento al cambiamento, competenza fondamentale sotto il profilo della crescita.

Lo Smart Working ha rappresentato un grande strumento per evitare la potenziale paralisi che la tradizionale organizzazione del lavoro avrebbe potuto provocare sulle aziende. Tutto ciò ha richiesto un grande sforzo da parte di tutti i settori, mettendo in discussione le tradizionali convinzioni radicate nella nostra società. La tecnologia deve rappresentare uno strumento utile a canalizzare la propria volontà di crescere, conoscere, apprendere. La crisi attuale ha scosso l’Italia. Ma pur nella tragedia, l’Italia ha saputo reagire, scoprendo o per meglio dire riscoprendo, per quanto riguarda l’Università in generale ma anche il mondo della scuola e del lavoro, la forza della digitalizzazione e le sue infinite potenzialità. Necessario è, però, un ripensamento dei modelli di comunicazione interna, per far fronte allo scenario del futuro in ottica ‘digitale’, da veicolare attraverso un processo di formazione regolare anche per i lavoratori”.

Lei si è fatta promotrice sulla rete di un’iniziativa culturale. Che obiettivi ha rispetto all’attuale momento storico?

Cerco, nel mio piccolo, di far approdare la cultura, la sana informazione e lo scambio di opinioni sulle piattaforme social. Ho creato di recente una piccola Community su Linkedin e l’ho chiamata ‘Hashtag Cultura’, partendo dall’interrogativo: ‘Social & Cultura: Un connubio così difficile?’. Ho scelto Linkedin dopo aver scoperto, con grande stupore e in modo del tutto inaspettato, come un mio unico post su tale piattaforma avesse raggiunto 707.746 visualizzazioni e 700 commenti, con numerose ricondivisioni e like. Intendo dimostrare come il maggior traffico dovuto alla digitalizzazione di questo periodo possa essere destinato a contenuti di ‘qualità’. Personalmente, oltre a divulgare i miei articoli sui social media, riporto notizie sui miei libri e cerco di rispondere alle domande dei lettori: ecco che la tecnologia, così, non è più solo mezzo “passivo” ma anche utile strumento di scambio tra persone.

Concordo con l’espressione usata dal Professor Massimo Recalcati Narciso in trappola nello specchio della tecnologia. Recalcati sostiene che spesso i social “inneggiano al culto spasmodico del fitness, a quella nuova religione del corpo che ci indottrina in una schiavitù igienista che trasforma il diritto alla cura del nostro corpo in un incubo ipersalutista che fa valere un ideale uniformante di efficienza”. Senza contare che sul web proliferano anche fenomeni più preoccupanti di cui mi sono occupata in ambito giornalistico, come il cyberbullismo e le pericolose challenge autolesionistiche dei giovani durante le live su TikTok, Instagram e anche Facebook. Inoltre, assistiamo alla nascita dei nuovi fenomeni social come, ad esempio, piattaforme in cui giovani ragazze vendono le loro fotografie, spesso di contenuto pornografico, agli iscritti alla loro pagina.

Una società ‘più consapevole’ e matura non dovrebbe solo criticare e ‘puntare il dito’, ma proporre modelli sani, provvedere concretamente a sostituire questi esempi narcisistici disfunzionali e di svalutazione con mezzi validi in grado di far emergere le reali qualità autentiche dei giovani. Una importante soluzione è quella di riportare la cultura, la coscientizzazione, la sana informazione, al centro di tutto. Tra l’altro, la cultura ricopre un ruolo fondamentale, perché può rappresentare una certezza in un clima già di per sé incerto come quello che purtroppo stiamo vivendo.

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