Corruzione, Severino: «Le norme ci sono, ora serve uno scatto per applicarle»

Paola Severino
di Cristiana Mangani
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Martedì 10 Giugno 2014, 10:59 - Ultimo aggiornamento: 11 Giugno, 08:57
Quel che moltiplica il carattere deterrente della pena la sua effettivit. Paola Severino, ex Guardasigilli che con l’allora ministro della Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi fu tra gli autori della legge anticorruzione del 2012, un’invocazione la fa, netta: «una volta tanto alziamo la testa ed alziamo la voce contro corrotti e corruttori». Ma l’invocazione è accompagnata dalla consapevolezza che le norme contro la corruzione ci sono, e che «invocare altre leggi repressive e sanzioni più severe non serve a niente».



Professoressa, eppure dopo i recenti casi di corruzione si sono levate diverse richieste di nuove norme...

«Uno dei maggiori vizi italici consiste nel parlare a vanvera – magari perché fa comodo politicamente – senza aver prima letto e studiato. Se ci si dedicasse a questo elementare esercizio si vedrebbe che la recente legge anticorruzione prevede, oltre all’ampliamento dell’assetto repressivo, anche una amplissima serie di rimedi preventivi».



E quindi?

«Ci sono rimedi che già consentono di rendere più semplici e trasparenti i procedimenti della Pubblica amministrazione e di escludere dagli appalti le imprese colpevoli di corruzione. La legge poi attribuisce una serie di poteri – forse oggi da arricchire con un più ampio e penetrante controllo sugli appalti – all’autorità Anticorruzione e al suo Presidente. Quando il governo Monti si dimise, mancavano solo alcuni decreti attuativi che erano necessari per rendere operativa la legge e che sono stati per lo più completati dal successivo governo».



Cosa manca, allora, per vederne tangibilmente i risultati?

«Due cose: in primo luogo, il tempo necessario perché una legge, recente e nuova, di carattere preventivo e volta a mutare la mentalità stessa della Pubblica amministrazione, possa dare i suoi frutti, dopo essere stata completata; inoltre, la capacità della P.A. di comprendere che l’adozione di modelli organizzativi, rivolti alla trasparenza ed alla semplificazione nonché il varo di piani, per eliminare le zone grigie in cui si annida la corruzione, rappresentano un urgente adempimento cui tutte le aree della PA devono tendere con la massima determinazione».



Perché allora il governo ha sentito l’esigenza di annunciare nuove norme anticorruzione?

«Fortunatamente, l’attuale Governo più che alle chiacchiere bada alla sostanza, tanto che il premier Renzi, dopo aver detto che non bisogna prendersela con la legge, ma con i ladri, ha ulteriormente precisato che le leggi ci sono, ma bisogna applicarle. E per farlo occorre completare i piani attuativi con cui la P.A. potrà rendere concrete ed effettive le regole».



Eppure alcuni sostengono la necessità di integrare le norme.

«Nel criticare sempre le leggi esistenti, esercitiamo un secondo degli italici vizi, e cioé esponiamo il Paese a critiche internazionali immeritate. A giugno dello scorso anno, infatti, l’Ocse, dopo anni di pesanti bocciature, promosse per la prima volta l’assetto della normativa anticorruzione, affermando che si trattava di un primo importante tassello nella lotta a questi gravissimi reati».



E gli altri tasselli?

«Per quanto riguarda gli altri tasselli - prescrizione, antiriciclaggio, falso in bilancio - gli ampi studi condotti dalle commissioni nominate dai ministri della Giustizia che si sono succeduti negli ultimi tre governi, consentiranno, con la determinazione finora dimostrata dalla presidenza del Consiglio e con le più forti alleanze politiche attuali, di varare anche questi provvedimenti di completamento».



Sembra che stia dicendo "non buttiamoci giù"...

«Una volta tanto, alziamo la testa ed alziamo la voce contro corrotti e corruttori che, in barba alle leggi, continuano a depredare il nostro Paese. Con la consapevolezza che invocare molte leggi repressive e sanzioni più severe non serve a niente, così come dimostrano ormai consolidati studi criminologici e sociologici, che negano l’effetto dissuasivo perfino della pena di morte. Quel che moltiplica il carattere deterrente della pena è la sua effettività. Su questo bisognerà concentrare tutti i nostri sforzi».

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