Riforme, Renzi contro Mineo: «Devo fare riforme non vivacchiare, finite le mediazioni»

Riforme, Renzi contro Mineo: «Devo fare riforme non vivacchiare, finite le mediazioni»
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Venerdì 13 Giugno 2014, 13:06 - Ultimo aggiornamento: 14 Giugno, 07:56
Il caso Mineo e continua, il senatore tiene il punto e difende la scelta dei 14 membri auto sospesi, ma Zanda e Boschi non cedono: E' stato sostituito dalla commissione perch non rappresenta il Pd, dice il ministro delle riforme. «Non ho preso il 40% per per stare a vivacchiare. Mentre qualcuno passa la giornata a vedere cosa fa un senatore noi stiamo rivoluzionando l'Italia», dice Matteo Renzi. «Mica lo espelliamo, in aula farà quello che vuole. Ma in commissione uno deve rispettare le regole del gruppo».



«C'è una presa partitocratica sul Parlamento che è una vergogna». Lo ha detto Corradino Mineo, intervenuto ad Agorà. «Questa storia finirà con Renzi che tratterà la riforma del Senato da posizioni più deboli con Berlusconi e Calderoli. Poi, sul nostro dissenso io parlo per me: se il gruppo Pd al Senato cambierà posizione, bene. Ma si decida che le decisioni vengono prese a maggioranza senza voti di fedeltà, senza chiacchiere su presunte omogeneità e con la possibilità di esprimersi», ha aggiunto il senatore Pd. «Se non sarà così, io mi ritroverò in un partito che non mi lascia spazio: 14 senatori non sono una corrente, ma questa operazione è contro un'idea, quindi dobbiamo ottenere un chiarimento. Certo, se leggo le dichiarazioni di oggi di Zanda; spero che dal Pd se ne vada lui, perché dice corbellerie talmente grosse che non sono accettabili. Se qualcuno pensa di potermi mettere la museruola sbaglia: io sono un uomo libero, non sono un epurato» ha concluso Mineo.



Il capogruppo replica «Non rispondo a Mineo. Invece voglio fare una considerazione politica generale sulla necessità di compattezza del gruppo. Sono in Senato da dieci anni, ma non so cosa significhi la formula dell'autosospensione». Il capogruppo del Pd al Senato, Luigi Zanda, parla così della decisione di 14 senatori dem di 'autosospendersì dal gruppo. «Ricordo bene però -aggiunge il presidente dei senatori Pd- l'esperienza dell'Ulivo in Senato quando nel 2007 dodici senatori, dopo mesi di numerose e vivaci espressioni pubbliche di dissenso dal gruppo, decisero di uscirne per formare un nuovo gruppo. Non ho mai condiviso quella scelta e ho chiaro il clima politico che determinò e le conseguenze che ebbe. Il governo Prodi morì per mano di Mastella, ma la sua fine fu fortemente preparata dalla nostra debolezza numerica (simile all'attuale) e dal dissenso pressoché quotidiano di un gruppo di senatori dell'Ulivo». «Allora non era all'ordine del giorno la riforma costituzionale, ma le missioni italiane di pace in aree martoriate del pianeta. L'esito politico fu devastante per il centrosinistra e gli italiani ci punirono alle elezioni successive. Tutto questo non si deve ripetere», conclude il presidente dei senatori del Pd.
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