Cammarelle, che scandalo:
argento e rabbia

Roberto Cammarelle
di Francesco De Luca
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Lunedì 13 Agosto 2012, 09:53 - Ultimo aggiornamento: 23 Agosto, 20:58

LONDRA - Forse volevano far ascoltare ai tifosi inglesi ancora una volta God save the Queen. Non si spiega altrimenti c ome cinque arbitri abbiano potuto falsare il verdetto della finale dei +91 kg tra Roberto Cammarelle e Anthony Joshua, il pugile di Watford che sfidava il campione olimpico in carica. Il poliziotto di Cinisello Balsamo ha vinto nettamente le prime due riprese, però il vantaggio di 3 punti (13-10) non è bastato per afferrare nuovamente l'oro.

I cinque arbitri, in particolare l'americano David Llaraudo, hanno visto qualcosa di molto particolare nell'ultimo round e hanno assegnato a Joshua la vittoria per 8-5. Parità, incredibile parità: 18-18. E così sono stati contati i colpi visti da tre giudici (vengono esclusi quelli che hanno dato i punteggi più alto e più basso): 57 per l'inglese e 52 per l'italiano.

Incredibile per chi ha visto il match, finito alle 15.34. Sei minuti dopo i dirigenti della Federboxe hanno presentato il ricorso contro la vittoria di Joshua (il presidente Franco Falcinelli è presidente della commissione tecnica dell'Aiba e non poteva firmarlo). Esaminato in venti minuti e respinto, mentre quasi tutti i diecimila spettatori erano rimasti sulle tribune della Excel Arena in attesa della premiazione, rinviata in attesa della decisione della commissione d'appello dell'Aiba.

Il ct Francesco Damiani e il suo vice Lello Bergamasco («È stato un furto»), furiosi, sono rimasti negli spogliatoi mentre Cammarelle ha indossato l'elegante tuta blu griffata Armani ed è tornato sul ring per ricevere la medaglia d'argento. Dalle mani di uno dei membri italiani del Cio, Francesco Ricci Bitti. Ci sono stati la stretta di mano all'avversario e un sorriso forzato da parte di Cammarelle, che aveva già deciso di appendere i guantoni al chiodo: a 32 anni, dopo essere entrato nella storia vincendo tre medaglie (bronzo, oro e argento) in tre Olimpiadi, può permetterselo. Il poliziotto Roberto non ha sparato a zero sui giudici, «le uniche cinque persone che non mi hanno visto vincere il match, le cinque persone che decidono la vita dei pugili».

Li ha attaccati perfino con ironia, consapevole di aver subito un furto. «Più precisamente, è stata una ingiustizia. Il verdetto è stato casalingo. Avrei preferito che mi facessero perdere con un punto di scarto, ma la parità... Penso di aver vinto il match anche se nella terza ripresa non sono andato come volevo. Ero un po' stanco e quel round l'ho perso. Questo è il mio rammarico, sono quasi più arrabbiato con me stesso». Cammarelle ha raccontato con il sorriso ciò che gli aveva detto Damiani nell'intervallo a 3' dalla fine: «I giudici sono a tuo favore, ancora una ripresa ed è fatta. A fine match, ho sentito puzza di bruciato».

Alla fine solo poche cariche di amarezza del ct: «Per me oggi è finito questo pugilato, è morto. Non è lo sport che conosco. Parliamo di altro, del professionismo, delle World series...».

Olimpiade falsata? Riecco l'ironia di Cammarelle: «Siamo a Londra e allora non è andata così male per gli inglesi. Sapevo di rischiare contro Joshua, ma non pensavo che andasse così». Per vincere sarebbe servito un altro ko, come quello al cinese Zhilei nella finale di Pechino 2008. «Avrei potuto convincere i giudici ad assegnare un oro ex aequo... Comunque, sono contento di essere entrato nella storia». Non ha mai pensato a un gesto tipo quello fatto dal Napoli dopo la finale di Supercoppa, niente podio per protesta. «Non avrebbe avuto senso boicottare la premiazione. Mi dispiace solo che Joshua non sia stato onesto: ha detto che lui aveva vinto».

Al contrario di Russo, l'altro argento di Londra, Cammarelle non pensa a Rio de Janeiro. «Il mondo del pugilato, con questi cambi di regolamento, non mi appartiene. Sono sul viale del tramonto e chiuderò con i campionati italiani. Alla fine, questa medaglia mi rallegra perché penso ad altri pugili che non sono riusciti a coronare questo sogno. I soldi? Non mi interessava il premio: baratterei volentieri l'assegno del Coni per l'oro. Adesso voglio fare il padre di famiglia e dedicarmi a mio figlio Davide, nato il 19 luglio. Sei giorni dopo sono partito per Londra e non l'ho più visto».

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