Il 101 per cento
Al contrario, più sei consapevole delle difficoltà della sfida e più sarai concentrato e quando tutti credono che l’impresa sia impossibile, hai la possibilità più unica che rara di dimostrare al mondo chi sei e quanto vali: darai il 101 per cento, come tutta la squadra e, comunque vada, ne uscirai vincitore. Anche quando avrai di fronte un avversario immenso come la Germania, squadra granitica, sempre motivata, sempre ai vertici in Europa come nel mondo, una squadra che non tradisce mai; i suoi giocatori sono la personificazione delle peculiarità caratteriali insite nella natura del popolo tedesco, in termini di impegno, serietà ed efficienza.
In un certo senso, Thomas Muller e compagni sono esattamente come le automobili che in Germania vengono concepite e realizzate: veloci, solide e, soprattutto, sicure. E se i tedeschi potranno disporre di queste prerogative tipiche del proprio dna, i brasiliani sono privi, al momento, di una delle loro caratteristiche genetiche, vale a dire della serenità e di quegli aspetti positivi che essa comporta, quali, innanzitutto la creatività e la fantasia. Ma non si facciano confronti con Yokohama. Questa è tutta un’altra storia; lì, innanzitutto, era una finale, lì venivamo da Francia 1998 e tutti sappiamo i retroscena che hanno portato ad una sconfitta che non avremo mai subìto anche se avessimo giocato la stessa partita 100 volte di fila; no, a Yokohama era diverso. Il blocco dei calciatori della Selecao era già rodato e quasi al culmine della maturità sportiva. Eppoi, eravamo una squadra di amici più che di giocatori e non vedevamo né ostacoli nè impedimenti.
Blocco diverso
Dovete sapere che, per consuetudine, alla vigilia di una finale di Coppa del Mondo, le Federazioni coinvolte (che a loro volta chiedono ai capitani delle due squadre) vengono interpellate per conoscere il gradimento. In quell’occasione fu preferito l’italiano Collina, il quale mi telefonò per ringraziarmi. Con suo stupore gli dissi che, pur apprezzandone le qualità tecniche e umane, avevo preferito star fuori dalla faccenda perché, come tutti gli altri compagni di squadra preferivo più prodigarmi insieme a Mister Scolari affinché nel gruppo regnasse la tranquillità e l’allegria; e alla fine, con la coppa tra le mani, il mio ormai celebre urlo “Regina ti amo” sancì il momento che tutti volevamo vivere.
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