Santhià, la droga dietro la strage. Nonni e zia uccisi per 300 euro

Santhià, la droga dietro la strage. Nonni e zia uccisi per 300 euro
di Renato Pezzini
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Domenica 18 Maggio 2014, 11:29 - Ultimo aggiornamento: 11:39

La prima che ha ucciso stata la zia Patrizia: Le volevo un bene dell’anima, mi ha fatto da madre quand’ero ragazzino. Poi è toccato al nonno, Tullio. Per ultima la nonna Pina: «Ero affezionatissimo a tutti e due». Dicono che sia stato un attimo di follia. Una follia durata parecchie ore, però, visto che dopo il primo omicidio Lorenzo Manavella è uscito di casa per andarsi a comperare una dose di cocaina, è stato in giro un po’, quindi è tornato e ha massacrato i nonni: «Ho fatto tutto da solo» ha ripetuto nelle sette ore di interrogatorio. Per ora i magistrati gli credono.

IL PIANO DI FUGA

Lorenzo Manavella ha 25 anni, è un ragazzone che gioca con discreti risultati a pallavolo - lo sport di famiglia - ma che nel tempo che gli rimane fa una vita da sbandato. «Non so perché l’ho fatto» ripete dal momento in cui, venerdì pomeriggio, s’è presentato al posto di polizia della stazione di Venezia coi vestiti imbrattati di sangue e molta confusione nella testa. Dopo aver ucciso zia e nonni se n’era andato nel pieno della notte da casa con 300 euro presi da un cassetto che dovevano garantirgli qualche giorno di fuga. Poi però è passato l’effetto della cocaina, e anche la voglia di scappare.

UN RACCONTO LUCIDO

La strage di Santhià, in provincia di Vercelli, per il momento è senza un movente. Non per lo meno un movente che spieghi in modo razionale cosa può spingere qualcuno ad ammazzare con ferocia incontrollabile «le persone che mi erano più care». Perché Lorenzo, davanti al pm che lo ha sentito per tutto il giorno, ha continuato a definirle così. Lo ha fatto rimanendo lucido, presente a se stesso, calmo, tranquillo, anche garbato nei modi, piuttosto preciso e dettagliato nella ricostruzione. Il tutto senza versare una lacrima, nemmeno quando ha detto di avere «un peso enorme sulla coscienza».

Venerdì sera era uscito prima di cena per un aperitivo con dei coetanei. Alle 22.30, ha raccontato, è tornato a casa: «I miei amici proseguivano la serata in discoteca, io non avevo soldi». Non è andato a dormire, però. Nella palazzina in cui vive col padre (che era in Sardegna per accompagnare la convivente) il suo appartamento comunica con quello in cui abitavano i nonni e la zia. E’ andato da loro, ha trovato sveglia la zia Patrizia: «Mi ero fatto di cocaina, non so cosa è successo, e perché». L’ha accoltellata più volte, la donna ha urlato, ma i nonni dal piano di sono non hanno sentito.

UN’ALTRA DOSE DI COCA

Prima della confessione del ragazzo, carabinieri e polizia erano convinti che subito dopo aver ucciso Patrizia si fosse accanito contro i due anziani, colpendo prima il nonno sulle scale che salgono dal pian terreno al primo piano, poi accoltellando la nonna stesa nel letto. Invece: «Quando ho capito che zia Patrizia era morta sono uscito, sono tornato in un bar del centro a piedi, ho comperato un po’ di coca. Verso mezzanotte sono tornato a casa». L’intenzione era quella di prendere qualche vestito e scappare, ma in quel momento ha incrociato il nonno sulle scale.

«Mi sono sentito perso, l’ho colpito con un punteruolo, lui ha reagito». Lorenzo Manavella gli ha spaccato sulla testa un cassetto della credenza. Poi quando ha visto che la sua seconda vittima non respirava più è andato nella stanza da letto della nonna, e ha «finito il lavoro».

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