Arnoldo Foà il burbero, quasi 100 anni di energia creativa d'altri tempi

Arnoldo Foà
di Rita Sala
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Domenica 12 Gennaio 2014, 12:12 - Ultimo aggiornamento: 13 Gennaio, 11:28

Quasi cent’anni di energia creativa. Una grinta d’altri tempi. La capacità di essere, insieme, artista e intellettuale, uomo di teatro e scrittore, poeta, scultore, pittore. Un protagonista della cultura del Novecento, il secolo tormentato in cui nacque il 24 gennaio 1916, nella Ferrara nebbiosa dei Finzi Contini. Arnoldo Foà è scomparso ieri pomeriggio intorno alle 17.30 al San Filippo Neri di Roma, dopo un’improvvisa crisi respiratoria. Avrebbe raggiunto tra pochi giorni le 98 anni primavere.

Un gigante Ha camminato fino all’ultimo, Foà, con le falcate lunghe e ben scandite di un lupo giovane. Appena prima dei novanta si era sposato (per lui il quarto matrimonio) con Anna Procaccini, che aveva la metà dei suoi anni. Ha sempre risposto a tutto e a tutti con memoria prodigiosa, intelletto desto e uno humour da graffio irrimarginabile che racconta la sua radice ebraica, la sua ostinata razionalità, persino la sua “cattiveria”. Ha toccato e vissuto tutte le arti; ha recitato, scritto romanzi, commedie, sceneggiature, firmato raccolte di poesia, fatto il giornalista e il doppiatore. Un eclettico come si usava una volta, instancabile nell’inimicizia per tutto ciò che può chiamarsi stasi o rinuncia, deperimento od oblio. In uno dei film della serie tv Nebbie e delitti (dove Luca Barbareschi interpreta il gotico commissario Sonèri), un suo cammeo nei panni di un vecchio partigiano ce ne dà, forse, il miglior ritratto. L’ambiente è la nativa Bassa Padana, la terra del Po percossa dai ricordi di battaglie operaie, opposti fronti di guerra, dolori densi. Occhiali neri a proteggere lo sguardo, cappotto scuro sotto il berretto, Foà e il suo personaggio non dimenticano. La vita appare loro più forte di qualsiasi divieto. Infine uccidono per esorcizzare la morte.

Modernissimo Moderno, tormentato, granitico, inquietante, questo artista anomalo perché troppo vasto ha lavorato con Visconti, Strelher, Menotti, Ronconi. Ha recitato e diretto Shakespeare, Pirandello, Aristofane, Checov, Plauto, Caldwell, O'Neill. Le pièces che ha scritto, da Signori buonasera a La corda a tre capi, da Il testimone adAmphitryon toujours, toccano tutte le corde dell’espressione, il sarcasmo, la brillantezza, l’ironia, la parodia. Le opere liriche che ha messo in scena, Otello di Verdi, Il pipistrello di Strauss, Histoire du soldat di Stravinskij, ci raccontano la sua passione musicale. Ha letto mille poeti, Dante, Leopardi, García Lorca, Neruda, Lucrezio. Oltre cento i suoi film, girati con Blasetti, Germi, Montaldo, Orson Welles, Joseph Losey, Edward Dmytryk, Nunnally Johnson, Tony Richardson, Christian Jacques. E tanta televisione, dall’Isola del tesoro del lontano 1959 alle inchieste del commissario Maigret, di Simenon, dove nell’episodio La chiusa Foà interpreta in modo impareggiabile, alla francese, un duro self made man, Émile Ducrau, proprietario di un’impero di chiatte sulla Senna.

I libri Per capire Foà basta leggere i suoi quattro libri più significativi, La costituzione di Prinz, Le pompe di Satana, Joanna Luzmarina (2008) e Autobiografia di un artista burbero (2010, nonché la raccolta di poesie La formica. Più domestico Recitare, in cui l’autore racconta i primi sei decenni di teatro. In alternativa, si può ricordare di averlo guardato ben dritto in faccia, magari beccando una delle sue staffilate verbali. «Io nego - diceva - l’abbrutimento del cervello, combatto per la Ragione. Per questo corro, lavoro, mi sposo».

L’autoritratto se lo fece nel giugno del 2001, in una poesia intitolata Il mal dell’intelletto : Le bestie vivono/la loro vita/naturalmente/e son contente:/la pancia piena/e il corpo sazio.../L'Uomo ha lo strazio/della ragione/che gli propone/mille problemi:/non basta il cibo;/nemmeno il sesso/ben soddisfatto;/vuole la fama;/vuol la moneta;/vuole il rispetto;/vuol la cultura/senza fatica;/vuol la bellezza;/vuol l'eleganza;/vuol la speranza/d'un gran futuro;/e non si sente/mai soddisfatto/perché il destino,/anche se fausto,/non gli concede/la sicurezza/della completa/soddisfazione/dei sogni suoi./Che gli resta da fare:/Maledire la ragione?

La voce Con Foà se ne va una voce unica, timbro scuro, leggermente nasale, giusto per l’amore e l’avventura. La usò, a un certo punto della sua lunga vita, anche per spiegare un esilio volontario alle Seychelles, in polemica con il fisco e con il decadimento delle arti e del gusto in Italia, esilio dal quale volle poi ritornare.

Foà ha sempre affiancato all’attività artistica e letteraria un serio impegno nella vita civile e politica del Paese. Lo maturò nel 1938, dopo le Leggi razziali, quando fu costretto a lasciare il Centro di cinematografia, usando nomi fittizi per lavorare. Il più celebre fu Puccio Gamma, con il quale ricoprì il ruolo di sostituto in molte compagnie.

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