Titoli antichi trovati nei bauli,
le storie in odore di bufala: e questa
volta si tirano in ballo Togliatti e il Pd

Titoli antichi trovati nei bauli, le storie in odore di bufala: e questa volta si tirano in ballo Togliatti e il Pd
di Pierfederico Pernarella
3 Minuti di Lettura
Sabato 9 Giugno 2018, 16:02 - Ultimo aggiornamento: 16:18
In genere raccontano la storia del buono postale fruttifero mai incassato trovato da figli o nipoti nell'immancabile macchina da cucire o nell'irrinunciabile baule della nonna. La storia ha sempre un lieto fine: perché grazie a loro, i sedicenti "i risparmiatori italiani", possono reclamare il dovuto e incassare, con tanto di rivalutazione monetaria, bei soldini. 

Questa volta però, con una mail arrivata quest'oggi in redazione, la trama s'infittisce e si tinge addirittura di Storia, con la S maiuscola. Sentite qua: 

«Spett.le Redazione, si allega quanto in oggetto, significandoVi la disponibilità a metterVi in contatto con il mio cliente per maggiori ragguagli sulla storia. 
Correva l’anno 1946 quando il Sig. Gino Pezzatini, classe 1917, originario di Rovigo ma residente a Firenze,  allora giovane militante di sinistra, decise di sottoscrivere una obbligazione (segnatamente un prestito a premi) con l’allora Partito Comunista italiano per la somma di lire 500 (una ragguardevole cifra per l’epoca in considerazione del fatto che il nostro Paese stava pagando il salato conto della Seconda Guerra Mondiale).
Quel documenti che reca la data del 1 marzo 1946 fu sottoscritto dal Segretario di allora…l’Onorevole Togliatti. Come poi andarono a finire quelle elezioni è storia costituzionale che si legge sui libri… !
Quel premio però non venne mai incassato e quel documento è andato smarrito
».

Nella mail vengono allegati anche i documenti storici, tipo questo:



Richiami storici a parte, il fatto singolare è riguarda sempre persone originarie di un posto ma abitano in un altro. In questo caso ad esempio il titolo di credito apparteneva a  tale Gino Pezzatini, classe 1917, originario di Rovigo ma residente a Firenze, mentre chi lo ha trovato è "il nipote, figlio della madre (la madre di chi? ndr) tale Claudio Esposito, classe 1970, originario di Avellino ma residente a Frosinone. E questi dati dovrebbero spingere gli organi di stampa a raccontare la storia. E per renderla ancora più credibile, oltre al titolo di credito dell'epoca (autentico?), nella mail viene allegato anche l'iscrizione di un ricorso con tanto di carta intestata al giudice di pace, in questo caso di Frosinone. Un documento che dovrebbe sgombrare il campo da ogni dubbio e convincere anche i più sospettosi. Invece, a leggere bene, se possibile, la vicenda diventa ancora più fumosa, a tratti anche comica.



Mentre nella mail tale Claudio Esposito era residente a Frosinone, nel ricorso lo stesso risulta nello studio di tale Stefano Rossi (come si noterà cognomi, guarda caso, sempre comunissimi) in viale Mazzini 31 Roma-Frosinone. Roma o Frosinone? E questo Stefano Rossi esiste veramente? Sulle pagine bianche di Stefano Rossi a Roma ce ne sono a iosa, ma nessuno in viale Mazzini 31. A Frosinone, invece, non ce n'è traccia. Men che meno Claudio Esposito. Poi non si capisce cosa sia quel tale Stefano Rossi. Uno penserebbe un avvocato, ma nella mail si firma Rag. che dovrebbe stare per ragioniere.   

Nella mail c'è anche un numero di cellulare che inizia sempre per "342". Rispondono anche con cortesia e prontezza, ma quando si comincia a entrare nello specifico e a fare domande precise si entra nella vaghezza: "Sì abitava a Frosinone, ma adesso vive in un altro posto". Insomma può essere vero tutto e il contrario di tutto. Inoltre la mail del sedicente studio è sempre tra le più comuni e la pagina Facebook "risparmiatori italiani" a cui rimanda non esiste. Nella mail arrivata ieri infine, il ricorrente, quel tale Claudio Esposito, diventa una donna: la madre di non si chi o un refuso di queste storielle copia incolla dove cambiano soltanto i nomi?

Insomma una storia in odore di bufala, i cui intenti però potrebbero essere non del tutto disinteressati almeno a leggere la parte finale della mail in cui si invita a chiedere informazioni " gratuite" sulla riscossione dei titoli di stato "antichi" e invitando i giornali a pubblicare anche i riferimenti, una mail non certificata e comunque non rinviabile a uno studio preciso, e a una pagina Facebook che non esiste. 



 
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