Dai lager libici alla Serie B, ma non può giocare per una H di troppo nel nome: la favola interrotta di Kalifa

Dai lager libici alla Serie B, ma non può giocare per una H di troppo nel nome: la favola interrotta di Kalifa
di Pierfederico Pernarella
4 Minuti di Lettura
Sabato 31 Dicembre 2022, 06:50 - Ultimo aggiornamento: 4 Gennaio, 09:03

Tutta colpa di una H scappata dalla tastiera di un impiegato di chissà quale ufficio. Un refuso che ha cambiato la vita a Kalifa Kujabi, talentuoso calciatore gambiano, classe 2000, approdato l’estate scorsa al Frosinone per il debutto in Serie b dopo essere arrivato in Italia da migrante. Una favola interrotta sul più bello: Kalifa non può essere tesserato perché non ha i documenti. A causa di quella maledetta H. Ora, dopo mille vicissitudini, la parte più difficile della pratica è stata risolta. Manca soltanto il timbro del Ministero degli Interni. Kalifa sperava di trovarlo sotto l’albero di Natale, ma così non è stato. 

Nella sfortuna, il giovane gambiamo ha avuto la fortuna di trovare una società, il Frosinone, che ha preso a cuore la sua storia, lo ha fatto sentire a casa e parte della squadra adoperandosi nel frattempo per risolvere l’intricata faccenda.

Un sogno ad occhi aperti quello che stava vivendo Kalifa. 

LA FUGA DALL’AFRICA

La fuga dal Gambia, la traversata nel deserto durata mesi, quasi in un anno di permanenza in un lager libico, poi il viaggio su una barca di legno con altri 600 migranti fino in Sicilia, Pozzallo, dove arriva nel 2017. A pagare il trafficante per il viaggio era stato il fratello, il primo a credere nel suo talento. Kalifa inizia a giocare con una squadra del posto, il Calcio Sicilia. Con il pallone ci sa fare e non passa inosservato. Qualcuno lo segnala al Muravera, squadra di Eccellenza sarda, con cui raggiunge la promozione in serie D. Kalifa è uno dei migliori under del girone. Il calcio gli consente di costruirsi una vita. Gli amici, qualche lavoretto, il diploma, una ragazza, Gaia, che diventerà sua moglie e gli regalerà due  figlie

Kalifa fa un altro salto di categoria e passa alla Torres-Sassari che grazie a un suo gol nella finale play off si guadagna il ripescaggio in serie C. Il suo nome finisce sui taccuini che contano. A lui s’interessa il Torino, ma a spuntarla è il direttore sportivo del Frosinone, Guido Angelozzi, uno che di talenti ci capisce. Grazie all’intermediazione del procuratore Andrea Bagnoli, Kalifa arriva al Frosinone. Dai centri di accoglienza ai campi di Serie B. Una favola. Kalifa fa le visite mediche, si allena, disputa le prime amichevoli. Lo staff giallazzurro crede in lui. Poi spunta l’inghippo: quella H che non si sa chi ha inserito in un documento davanti alla K del suo nome. 

Un refuso, ma tanto basta per trasformare il sogno di Kalifa in un incubo. La Prefettura di Cagliari chiede precisazioni, non può dare il nulla osta per la cittadinanza italiana. Kalifa non può essere tesserato perché extracomunitario e il contratto con il Frosinone resta nel cassetto. Il giovane talento è diventato una sorta di clandestino. Prigioniero di un intrigo burocratico, tanto banale quanto complicato. Ci vorranno mesi e mille vicissitudini per venirne a capo, come spiega l’avvocato Filippo Pirisi che si è occupato del caso. 

L’INTRIGO BUROCRATICO

«A primavera, quando si era aperta la possibilità di un trasferimento a Torino i documenti erano passati, poi però ila Prefettura di Cagliari ha chiesto chiarimenti perché su alcune carte il nome risultava con la H e quindi si era creato un alias - racconta il legale - Siamo andati in Gambia e abbiamo fatto certificare che il nome era senza H, ma il problema è che il Gambia non ha aderito a una convenzione internazionale per cui la certificazione non poteva essere riconosciuta in Italia. L’unica soluzione era passare per il Senegal - prosegue l’avvocato - Abbiamo dovuto fare un giro incredibile e qui devo dire che sono stati molto bravi quelli del Frosinone che si sono adoperati per pagare il viaggio. Sia il direttore Angelozzi che il presidente Stirpe si sono innamorati umanamente della storia. Alla fine abbiamo ottenuto la certificazione dal Senegal e inviato i documenti alla Prefettura di Cagliari che a fine ottobre ha dato l’ok per la cittadinanza. Per la validità però è necessaria la vidimazione del Ministero dell’Interno. Si tratta soltanto di un passaggio formale, un timbro, ma l’iter è stato rallentato dal cambio di Governo. Ci era stato assicurato che sarebbe arrivato entro Natale, al massimo Capodanno, ma ad oggi non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione».

Kalifa continua ad allenarsi e attende. Non può fare altro. Mister Grosso e i compagni gli sono vicini, lo hanno fatto sentire sempre parte della squadra che lui segue anche in trasferta. Per inseguire il sogno del calcio, Kalifa è fuggito dal suo paese, ha attraversato il deserto, i lager libici, il Mediterraneo. E ora non sarà certo una lettera di troppo inserita per sbaglio nel suo nome a interrompere una favola che sa di coraggio, talento e speranza. La favola di Kalifa. Senza H. 

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