Spaccio di droga al Casermone,
imputato arriva in barella
Il padre s'incatena: «Così morirà»

Spaccio di droga al Casermone, imputato arriva in barella Il padre s'incatena: «Così morirà»
di Marina Mingarelli
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Mercoledì 9 Gennaio 2019, 15:36
«Se mio figlio non verrà trasportato in un centro ospedaliero attrezzato per far fronte alla sua patologia, lo perderò. Lui ha soltanto 47 anni. Qualcuno deve ascoltare le mie suppliche».
A parlare è Gianni Cupido, padre di Diego condannato nel processo «Gli intoccabili» a diciotto anni di pena perché ritenuto il capo di una organizzazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti e imputato nel processo «Firework» dove ieri, con la lettiga, ha presenziato alla prima udienza. Il padre si è incatenato davanti al tribunale di Frosinone. La moglie Gerardina Valente ha voluto che il giudice si rendesse conto dello stato di salute del marito. Per questo motivo l’uomo, che da un anno e mezzo non riesce più a deambulare e che si trova detenuto nel carcere di Secondigliano, è stato accompagnato in tribunale con un’ambulanza del 118.

«Se ha sbagliato – ha continuato il padre - è giusto che paghi -. Io voglio soltanto che venga curato. Da giorni tra l’altro non beve e non si alimenta più. Quanto potrà andare avanti così?». Secondo quanto riferito dalla moglie il crollo del marito era iniziato nell’ospedale di Benevento dove era stato trasferito dopo aver trascorso dei mesi nella casa circondariale di Cassino.

«Una volta - ha riferito la donna - sono andata a trovarlo e si era fatto accompagnare a spalla in parlatorio da due agenti. Mi aveva detto che aveva tanto dolore alle gambe e non riusciva più a camminare. A seguito di quei malesseri era stato accompagnato all’ospedale Cardarelli di Napoli dove aveva fatto accertamenti, ma nessuno dei medici era riuscito a capire cosa avesse. La situazione è andata sempre peggiorando. Adesso vive 24 ore su 24 a letto. L’ultima volta che ho avuto modo di parlargli mi ha detto che lo vogliono morto e lui si sta lasciando morire. E’ padre di sei figli, non si può rimanere inerti davanti a questa situazione».

Già nel processo «Gli intoccabili» i legali Giuseppe Giansi e Valeria Porcelli, che rappresentavano Diego Cupido, avevano fatto presente l’incompatibilità del regime carcerario con le sue condizioni. Ma la Corte d’appello aveva respinto l’istanza. Ieri l’uomo, difeso dagli avvocati Giampiero Vellucci e Marco Maietta, ha presenziato all’udienza.
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