Omicidio Serena Mollicone, a processo i carabinieri indagati. Lo zio: «Aspettavamo questo momento da 20 anni»

Guglielmo Mollicone con la foto della figlia Serena
di Vincenzo Caramadre e Pierfederico Pernarella
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Venerdì 24 Luglio 2020, 09:00 - Ultimo aggiornamento: 25 Luglio, 09:45

Ci sono voluti diciannove lunghi anni, ma alla fine il momento atteso è arrivato. Ci sarà un processo per stabilire se Serena Mollicone, la ragazza di Arce, appena diciottenne, il 1 giugno del 2001 sia stata uccisa nella caserma dei carabinieri del paese ciociaro. Il gup di Cassino, Domenico Di Croce, ha rinviato a giudizio l’ex comandante della Stazione dell’Arma di Arce, Franco Mottola, il figlio Marco, la moglie Anna Maria, l’ex luogotenente Vincenzo Quatrale e l’appuntato Francesco Suprano.

Il verdetto è arrivato alle 18:05, dopo circa un paio di ore di camera di consiglio, in un tribunale blindato a causa delle restrizioni anti-covid.




«Una decisione diversa era impensabile», ha commentato a caldo Antonio Mollicone, lo zio di Serena, che ora rappresenta la famiglia dopo la recente scomparsa di papà Guglielmo. In aula, ad ascoltare la lettura del provvedimento, degli imputati c’era solo l’ex maresciallo Mottola. Lui, il figlio e la moglie sono accusati di omicidio in concorso. Dalla loro difesa arriva un commento duro: «Prepariamoci a un processo senza prove».

Serena, secondo l’accusa, recatasi in caserma per un chiarimento con Marco Mottola, ebbe una violenta discussione con il giovane nell’alloggio della famiglia dell’allora comandante e venne spinta sbattendo violentemente la testa contro una porta. Serena perse i sensi, ma a causare la morte fu il soffocamento provocato dal nastro sulla bocca e dalla busta con cui venne ricoperto il capo. Il suo corpo, mani e piedi legati, venne trovato due giorni dopo in un bosco nelle vicinanze di Arce. La Procura non chiarisce gli aspetti riguardanti il trasporto e l'occultamento del cadavere, ma secondo la ricostruzione degli investigatori sia l'ex maresciallo che la moglie erano presenti in caserma al momento del delitto.

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Quel giorno in caserma, secondo l’accusa, erano presenti anche  l’ex luogotenente Quatrale e il brigadiere Santino Tuzi. Entrambi, sostiene la Procura, pur sentendo i rumori provenire dall’alloggio dei Mottola non sarebbero intervenuti. E secondo l’accusa avrebbero poi modificato gli ordini di servizio per dimostrare che non erano in caserma. Per questo Quatrale deve rispondere di concorso in omicidio. L’ex luogotenente è accusato anche d’istigazione al suicidio del collega Tuzi, che si tolse la vita nel 2008 dopo aver rivelato per la prima volta che Serena, il giorno della sua scomparsa, era stata in caserma e si era recata nell’alloggio della famiglia Mottola.

L’altro carabiniere, l’appuntato Suprano, deve rispondere di favoreggiamento perché avrebbe coperto le responsabilità della famiglia Mottola in riferimento allo spostamento della porta contro cui, secondo l’accusa, Serena sbattè la testa.

La ricostruzione del sostituto procuratore Beatrice Siravo, sulla base delle indagini dei carabinieri e degli accertamenti tecnici svolti dal Ris e dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo sulla salma di Serena, ha retto alla prova della lunga fase preliminare che si è protratta più del previsto a causa del blocco delle udienze imposto dall’epidemia.

Un periodo drammatico che ha visto anche la scomparsa di Guglielmo Mollicone, il papà di Serena morto lo scorso maggio dopo una lunga degenza in ospedale a causa di un malore subito a novembre dello scorso anno. E il pensiero di tutti ieri è andato proprio a lui che per 19 anni si è battuto come un leone per la verità sull’omicidio della figlia, ma un destino crudele gli ha impedito di vivere questo momento atteso così a lungo. A rappresentare la famiglia Mollicone ora ci sono il fratello Antonio e la figlia Consuelo che saranno parte civile nel processo.

«Era un momento che aspettavano da vent’anni - ha detto lo zio di Serena - Immaginare una soluzione diversa, dopo tali e tanti elementi portati dagli investigatori, era difficile. Oggi siamo sollevati, ma con l’amaro in bocca perché Guglielmo e Serena non ci sono più. Sapere di aver perso per la strada persone così care è triste. Ma come sempre abbiamo piena fiducia nella giustizia».

La prima udienza in Corte d’Assise a Cassino si terrà il 15 gennaio. Oltre alla famiglia Mollicone, saranno parte civile anche l’Arma dei carabinieri e Maria Tuzi, figlia del brigadiere suicida
 

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