Serena Mollicone «uccisa dal figlio del maresciallo». I depistaggi di Mottola e l'arma del delitto

Arce, processo alle fasi finali dopo 21 anni L'accusa: «Lui la colpì dopo una lite»

Serena Mollicone «uccisa dal figlio del maresciallo». I depistaggi di Mottola e l'arma del delitto
di Vincenzo Caramadre
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Sabato 2 Luglio 2022, 11:48 - Ultimo aggiornamento: 11:51

Le richieste di pena saranno formulate all'udienza di lunedì prossimo, ma per l'accusa il quadro è già chiaro: «Ad uccidere Serena Mollicone è stato Marco Mottola». A sostenerlo è stato il pm Beatrice Siravo nel corso della requisitoria che c'è stata ieri dinanzi alla corte d'assise di Cassino, dove si è alle battute finali del processo nei confronti di Franco, Marco, Anna Maria Mottola, di Francesco Suprano (accusato di favoreggiamento) e Vincenzo Quatrale.

«L'assassino - ha spiegato il pm - è Marco Mottola, a lui si arriva anche senza considerare la testimonianza di Santino Tuzi (il brigadiere morto suicida nel 2008 dopo la dichiarazione choc sull'ingresso della ragazza in caserma) che è pienamente attendibile». Il pm ha ricostruito poi le ultime ore di vita della 18enne a partire dall'avvistamento dinanzi al bar in località Chioppetelle, a pochi chilometri da Arce, in provincia di Frosinone.

Decisive per l'accusa le dichiarazioni di Carmine Belli, assolto nel primo processo per il giallo di Arce. «Belli - ha spiegato Siravo - ci dice che il primo giugno vede litigare Serena con un ragazzo davanti al bar a Chioppetelle, non sa se era Marco Mottola. Ma ricorda i capelli dritti e mesciati». Il pm ha ritenuto acquisito il fatto che Marco avesse i capelli mesciati dalle testimonianze degli amici e da due video dei funerali della 18enne. «Serena - è stata la ricostruzione della procura - dopo aver eseguito l'orto panoramica a Sora salì nella Y10 bianca di Marco Mottola per un passaggio, si fermò al bar dove fu vista litigare con lui e poi andò in piazza ad Arce. Si presentò quindi in caserma per riprendere i libri che aveva lasciato nell'auto e qui fu aggredita e sbattuta contro la porta». Il movente dell'omicidio? Per l'accusa sarebbe proprio il litigio con Marco davanti al bar «anche se non ne conosciamo il contenuto, ma non è quello sentimentale, dato che Serena era fidanzata e che con Marco non c'era nulla».

Altri elementi

La porta contro cui Serena Mollicone sbatté la testa, le dichiarazioni del brigadiere Santino Tuzi e i depistaggi. Sono questi gli altri pilastri dell'accusa. Il pm Siravo ha aperto la requisitoria con l'arma del delitto: la porta contro la quale sarebbe stata spinta da Mottola. «La porta è prova rappresentativa. E' l'arma del delitto oltre ogni ragionevole dubbio. Le consulenze tecniche sono il cuore di questo processo. Quando abbiamo riaperto le indagini con l'ipotesi dell'omicidio avvenuto in caserma - ha esordito Siravo - avevamo poche speranze. L'unica che potesse dirci chi ha ucciso Serena era Serena stessa ma noi siamo arrivati ad avere una prova scientifica solidissima». Poi ha argomentato: «Il cranio di Serena può aver creato quel buco sulla porta? La Cattaneo ha risposto: assolutamente sì. La testa s'incastra perfettamente con il segno di rottura della porta».

 

L'ex maresciallo avrebbe coperto il figlio con i depistaggi. «Questo è l'unico caso mondiale - ha detto il pm - in cui l'assassino indaga su se stesso, avendo ampia mano per agire. E' mancata la verbalizzazione delle dichiarazioni di Belli il 2 giugno sull'avvistamento di Serena la mattina del giorno precedente. Ciò non per sciatteria, ma depistaggio». A far sparire il corpo della 18enne sarebbero stati i genitori di Marco «dopo la mezzanotte del primo giugno». Infine Tuzi, è stati ritenuto «pienamente» attendibile quando dice di aver visto «Serena in caserma».

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