Serena Mollicone, l'intercettazione rimasta inascoltata per 9 anni che ora accusa il carabiniere

Serena Mollicone, l'intercettazione rimasta inascoltata per 9 anni che ora accusa il carabiniere
di Pierfederico Pernarella
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Sabato 3 Agosto 2019, 12:04 - Ultimo aggiornamento: 12:29

Per nove anni è rimasta sepolta nei cassetti della Procura di Cassino, ma ora rappresenta uno dei principali atti d'accusa nell'inchiesta sull'omicidio di Serena Mollicone e il suicidio del brigadiere Santino Tuzi.
È davvero strana la storia dell'intercettazione ambientale che, secondo la Procura, proverebbe le pressioni del maresciallo Vincenzo Quatrale sul collega Tuzi, affinché ritrattasse le sue rivelazioni circa la presenza di Serena nella caserma di Arce nel giorno della sua scomparsa, il 1 giugno 2001. Quatrale è indagato per il reato d'istigazione al suicidio.
Al maresciallo viene contestato anche il concorso in omicidio insieme all'ex comandante della Stazione dell'Arma, Franco Mottola, il figlio Marco e la moglie Anna Maria. L'appuntato Francesco Suprano è accusato di favoreggiamento.

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NUOVE INDAGINI, VECCHIE PROVE
La notizia della richiesta di rinvio a giudizio dei 5 indagati è stata data martedì dal procuratore di Cassino, Luciano d'Emmanuele. Ed è proprio quest'ultimo a rivelare un particolare finora inedito sull'intercettazione che inchioderebbe Quatrale. Questa infatti, scrive il procuratore, è stata «trascritta per la prima volta» solo nel corso delle ultime indagini, riaperte nel 2016.
Come per la porta dell'alloggio della caserma in uso alla famiglia Mottola contro cui Serena avrebbe sbattuto la testa al culmine di una lite, ora diventata una delle prove principali dell'accusa, anche l'intercettazione era sempre stata davanti agli occhi di tutti ma nessuno si era accorto della sua importanza, quella almeno che ora gli assegna ora la Procura.

LA RICOSTRUZIONE
Torniamo al 1 giugno di diciotto anni fa. La mattina, secondo la Procura, Quatrale e Tuzi sarebbero in caserma quando Serena Mollicone entra alle ore 11. Successivamente entrambi sentirebbero i rumori di una colluttazione provenire dall'alloggio dei Mottola.
I due carabinieri, secondo il pm, invece di impedire o denunciare quanto accaduto, avrebbero redatto un falso ordine di servizio per far figurare che, al momento dell'omicidio, dalle 11 alle 13.30, erano usciti per una missione.
La circostanza della presenza di Serena in caserma emerge solo il 28 marzo del 2008 quando Tuzi viene ascoltato per la prima volta in Procura. È in quella occasione che racconta di aver visto entrare Serena in caserma alle ore 11 e di non averla vista più uscire.
A quel punto succede una cosa che, alla luce delle accuse, appare strana. Quatrale, dopo le dichiarazioni di Tuzi, si rende disponibile a far installare sulla propria auto una cimice. Questo allo scopo, scrive la Procura, «di carpire le conversazioni» con il collega.
E una conversazione viene carpita l'8 aprile 2008 (LEGGI QUI).
Il giorno dopo Tuzi viene sentito di nuovo in Procura. L'11 aprile 2008 il brigadiere si toglie la vita. La Procura, all'epoca, non esita un istante: «Si è ammazzato per amore». Caso chiuso. La conversazione intercettata resta sui nastri, nessuno la trascrive. Per vederla nero su bianco dovranno passare 9 anni, quando, su richiesta della figlia del brigadiere sulla scorta dei nuovi accertamenti condotti dalla grafologa forense Sara Cordella, si riaprono le indagini sul suicidio di Tuzi e per la prima volta Quatrale entra sotto il faro delle indagini.

GLI INTERROGATIVI
Gli interrogativi sull'intercettazione non mancano: perché la Procura acconsente a installare una cimice nell'auto di Quatrale quando lo stesso poteva essere potenzialmente coinvolto nella ricostruzione di Tuzi? Ma all'opposto c'è anche da chiedersi: perché Quatrale, se aveva qualcosa da nascondere, si rende disponibile a farsi installare la cimice?

I LEGALI: «SITUAZIONE ASSURDA»
Tanto è vero che, in risposta alle accuse, la difesa di Quatrale ha osservato: «Quel giorno non era in caserma.
E in riferimento alla ipotesi di accusa d'istigazione al suicidio di Tuzi, possiamo affermare che ha agito con spirito di servizio, ha rispettato un ordine imposto ed è rimasto implicato in una situazione assurda. Quatrale, quando ha parlato con Tuzi, sapeva di essere intercettato, ha fatto solo il suo dovere, non ha mai avuto nulla da nascondere».

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