Ricoveri col trucco, indagini chiuse
L’accusa: false diagnosi per far
saltare la fila al Pronto soccorso

Ricoveri col trucco, indagini chiuse L’accusa: false diagnosi per far saltare la fila al Pronto soccorso
di Marina Mingarelli
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Lunedì 30 Aprile 2018, 21:31
Certificati medici «corretti» e quadri clinici alterati, per favorire i ricoveri dei pazienti che venivano visitati nei loro studi privati.
Accuse che avevano scatenato una vera e propria bufera nell’ospedale “Fabrizio Spaziani” di Frosinone. Nei giorni scorsi il pubblico ministero , Giuseppe De Falco, che ha portato avanti l’inchiesta, a seguito delle memorie difensive depositate dagli avvocati, ha chiesto l’archiviazione (e in genere il Gip accoglie le conclusioni della pubblica accusa) della posizione di Sergio Santangeli, dirigente medico ecografista dell’ospedale “Fabrizio Spaziani” di Frosinone; di Nicola D’Emilia, chirurgo ed ex primario (oggi in pensione) del reparto di Chirurgia del nosocomio frusinate e di Norberto Venturi, attuale primario del reparto di Chirurgia, famoso chirurgo e oncologo frusinate.

IL FALSO
Tutti e tre erano accusati di falso ideologico per aver favorito (secondo l’accusa) alcuni loro pazienti i quali non avrebbero rispettato le procedure di ingresso all’ospedale di Frosinone.
Le accuse però, a seguito della documentazione presentata dai legali, si sono ben presto rivelate infondate.
L’inchiesta, che parte dal 2013, era stata avviata a seguito di una lettera anonima nella quale lo scrivente lamentava le ore trascorse davanti alla sala di attesa del pronto soccorso. Inammissibile, a detta dell’autore della missiva, aspettare oltre cinque ore nel nosocomio per poter essere visitati. A quel punto erano scattare le indagini.
Per questo motivo i militari del Nucleo Antisofisticazioni di Latina avevano iniziato ad indagare sulla vicenda, e proprio scavando su questo caso, i carabinieri del Nas avevano notato che numerosi pazienti che, all’accettazione, erano stati classificati con un codice «verde» e quindi non in pericolo di vita, a distanza di pochissimo tempo risultavano essere stati visitati e sottoposti a tutte le indagini e terapie del caso come di chi si trovava in codice «giallo» o «rosso».
Va da sé che i pazienti che si presentavano con un quadro clinico così grave venivano immediatamente monitorari e ricoverati. Insomma (secondo l’accusa) saltavano la fila e presto venivano ricoverati.

LA CLASSIFICAZIONE
Dietro questo aggravamento del quadro clinico e conseguente classificazione (da codice verde a rosso), sempre secondo l’accusa, ci sarebbe stata la spinta di alcuni medici. Quelli, appunto, finiti sotto inchiesta.
Dottori, cioè, che seguivano privatamente i pazienti nei loro studi privati e che, una volta al pronto soccorso, li avrebbero agevolati utilizzando questo stratagemma.
Quindici i medici che erano finiti sul registro degli indagati per l’ipotesi di peculato e falso.
Al termine della conclusione delle indagini, il pubblico ministero, Giuseppe De Falco, ha deciso di archiviare la posizione dei chirurghi Norberto Venturi, Nicola D’Emilia e Sergio Santangeli in quanto non sono emersi nei loro confronti elementi che possano far ipotizzare manipolazioni che avrebbero agevolato i pazienti per far saltare loro la fila. Dunque, per loro, la Procura ha riconosciuto la perfetta trasparenza nella procedura e nella gestione del paziente.

INCUBO FINITO
Per i tre medici finiti sotto accusa, dunque, l’incubo è finito. E’ stato appurato che le classificazioni che riguardavano alcune persone di loro conoscenza erano state effettuate dai sanitari del pronto soccorso che, ovviamente, avevano descritto un quadro clinico reale. E loro, gli indagati, non erano assolutamente intervenuti per alterare quel quadro clinico che era stato descritto dai colleghi del Pronto soccorso.
Quindi sono risultati totalmente estranei alle ipotesi di reato contestate.
Per tutti gli altri 12 medici indagati invece, il pm ha chiesto il rinvio a giudizio.
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