Il presidente dopo l'area contigua laziale: «Il Parco un’occasione di sviluppo, starci dentro è un valore»

Il presidente dopo l'area contigua laziale: «Il Parco un’occasione di sviluppo, starci dentro è un valore»
di Stefano De Angelis
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Martedì 18 Maggio 2021, 08:00 - Ultimo aggiornamento: 15:47

Aprire una nuova stagione fondata sulla collaborazione per rimuovere steccati di sorta e, nel caso vi fossero, eventuali diffidenze. Non guardare soltanto al passato, ma proiettarsi al futuro con fiducia in nome del dialogo.
Ha le idee chiare Giovanni Cannata, 74 anni, professore di origini pugliesi, presidente del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise dall’ottobre 2019 su nomina dell’ex ministro dell’Ambiente Sergio Costa.
All’indomani della nascita dell’area contigua nel versante frusinate dell’area protetta, che sostituisce quella che per decenni in Val di Comino è stata la zona di protezione esterna, Cannata esorta gli amministratori comunali degli otto centri coinvolti (Alvito, Campoli Appennino, Pescosolido, Picinisco, San Biagio Saracinisco, San Donato Val di Comino, Settefrati e Vallerotonda), i cittadini e gli operatori commerciali e turistici a concepire il Parco come un alleato e non come un’entità avulsa dalle esigenze del territorio.
In sostanza la missione principe dell’ente, quella di tutelare l’ambiente e le specie animali protette, su tutti l’orso bruno marsicano, per il docente ex rettore dell’Università del Molise non preclude la strada dello sviluppo e della crescita dei paesi della Valle, ma tutt’altro.


Presidente, con l’area contigua cosa cambia per gli otto Comuni della Val di Comino?
«In particolar modo vengono dettate le regole per le attività che possono essere svolte».
Faccia un esempio. «La questione maggiormente avvertita è quella della caccia, che prevede una disciplina precisa. È l’argomento principale».
Su ciò, però, alcune certezze sono arrivate dall’incontro che si è svolto venerdì scorso a San Donato tra le parti interessate, Regione, Parco e Comuni. È emerso che non ci saranno sostanziali modifiche rispetto al recente passato: le aziende faunistiche continueranno a esistere, a sparare con le doppiette potranno essere soltanto i residenti e la densità venatoria rimarrà quella di un cacciatore ogni 40 ettari.


Quali prospettive si aprono per il versante laziale?
«Sono molteplici gli aspetti positivi. È un’opportunità per l’intera zona.

L’area contigua non è un’estensione fisica del Parco, ma all’interno di questa perimetrazione noi abbiamo titolo per accompagnare enti e operatori locali ad avviare attività e progetti che rientrano nello sviluppo ecocompatibile e sostenibile. Per questo, però, serve un’azione di concertazione tra Comuni che punti a fare sistema senza che vi sia supremazia di un Comune sull’altro. Faccio due esempi: il Parco, d’intesa con alcune università e soggetti del territorio, è impegnato in prima linea per dare impulso al biodistretto della Val di Comino. C’è un progetto già presentato al ministero delle Politiche agricole e forestali che mira a valorizzare e a promuovere le produzioni locali come olio, formaggi e carni ovine. L’obiettivo è quello di rafforzare la qualità e la diffusione delle tipicità alimentari del luogo. Un’altra operazione che il Parco vuole sostenere è quella chiamata Dmo, acronimo di Destination management organization. Una sorta di associazione di promozione turistica costituita in forma aggregata anche con i Comuni e in cui il Parco può fare da partner strategico per consolidare e qualificare l’offerta, dai servizi alle certificazioni. D’altronde il turismo naturalistico è la questione centrale e potrebbe anche rappresentare un’importante occasione per creare occupazione. A mio avviso è necessario strutturare il sistema turismo, ciò è fondamentale. Mi auguro che dai sindaci arrivino proposte su tutto ciò che è ecocompatibile e in linea con le norme istitutive dell’ente: su questo il Parco è pronto a fare la propria parte e a fornire un valido contributo. Il discorso cambia, invece, se si parla di cemento».


Quale tipo di rapporto auspica si instauri con la popolazione e con gli amministratori dei Comuni del versante laziale?
«La cittadinanza deve capire che stare nel Parco è un valore in più. Agli abitanti dico: il Parco c’è e vuole ascoltarvi. Da parte mia c’è la sensibilità a prestare grande attenzione al versante laziale, cosa che in passato probabilmente è mancata, ma io farò in modo che questo non accada. Con gli amministratori locali il rapporto è già più che buono con tutti. Io non sono un politico, non ho tessere di partito. Sono un rappresentante istituzionale e ricopro questa carica a titolo gratuito. La sede per dibattiti e confronti è la Comunità del Parco, in cui sono rappresentati gli enti. Dai sindaci mi aspetto una collaborazione propositiva incentrata sul dialogo costruttivo, sulla concertazione e su un clima disteso. Dobbiamo porci degli obiettivi e insieme possiamo aprire una nuova fase per costruire qualcosa di buono».


Dalla Regione Lazio cosa si attende?
«Innanzitutto è stato sicuramente un bel segnale per tutto il territorio il fatto che i due assessori regionali, Lombardi e Corrado, abbiano presenziato entrambi all’incontro di San Donato sul tema area contigua. Mi auguro che con la Regione la collaborazione sia fattiva e proficua».

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