Offese ai giudici per la sentenza Mollicone, gli autori ora hanno un volto

Offese ai giudici per la sentenza Mollicone, gli autori ora hanno un volto
di Vincenzo Caramadre
3 Minuti di Lettura
Domenica 24 Luglio 2022, 07:13 - Ultimo aggiornamento: 10:09

Saranno le immagini delle telecamere, presenti in piazza Labriola a Cassino, a dare un volto e un nome a chi ha affisso il manifesto davanti al Palazzo di Giustizia dopo la sentenza di assoluzione dei cinque imputati per il giallo di Arce. Nessuna offesa diretta ai giudici del caso di Arce, ma un citazione dantesca (Canto terzo dell'Inferno) per esprimere il disappunto nei confronti della sentenza di assoluzione.

Questa la scritta: «Dal 15-07-22: lasciare ogni speranza voi che entrate». A rimuovere il lenzuolo con la scritta di colore nero erano stati i carabinieri. Ora proprio gli uomini dell'Arma, diretti dal capitano Giuseppe Scolaro, hanno acquisito le immagini delle telecamere presenti in piazza Labriola che, in tre punti, coprono l'intera zona. Ci sono le telecamere dei locali pubblici, ma ci sono soprattutto i circuiti di videosorveglianza del palazzo di giustizia e del comune. Al momento non ci sarebbe un'ipotesi di reato ben precisa, ma tutto dovrebbe essere racchiuso in un'ipotesi di vilipendio considerato il luogo istituzionale.

C'è poi la questione dei tafferugli che ci sono stati venerdì 15 luglio, pochi minuti dopo la lettura della sentenza, quando, circa duecento persone, arrivate in piazza Labriola hanno accerchiato i membri della famiglia Mottola, alcuni dei legali e alcuni consulenti.

In questo caso sono stati visionati i video e le dirette social, ma per ora non ci sarebbero specifici accertamenti. Ad annunciare querela, invece, è stato Carmelo Lavorino, portavoce del pool della difesa Mottola che, nei giorni scorsi, ha reperito il materiale audio e video.

Resta il dissenso, soprattutto sui social per la sentenza pronunciata dalla corte d'Assise di Cassino, ma ora tutti attendono le motivazioni che arriveranno nel prossimo autunno. Il difensore storico della famiglia Mollicone, l'avvocato Dario De Santis, nel commentare la decisione della corte aveva detto: «Non commento una sentenza senza leggere le motivazioni, resto ai fatti: dopo 21 anni dalla morte di Serena Mollicone ancora non conosciamo il nome dell'assassino. Un delitto impunito è una sconfitta per lo Stato». Dunque la battaglia nel chiedere giustizia per Serena va avanti, ma nelle aule di giustizia, come ha sempre fatto Guglielmo Mollicone, il papà della 18enne scomparso prima dell'inizio del processo.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA