Processo Mollicone, lo sfogo della famiglia Mottola: «Ora vogliamo solo serenità»

Processo Mollicone, lo sfogo della famiglia Mottola: «Ora vogliamo solo serenità»
di Alberto Simone
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Sabato 16 Luglio 2022, 07:40

Polizia e carabinieri a presidiare la porta d'ingresso. La sala dell'hotel Il Boschetto' di Cassino è blindata dopo che nella piazza antistante il Palazzo di Giustizia è esplosa la rabbia nei confronti della famiglia Mottola per la sentenza di assoluzione. Neanche un'ora è trascorsa da quando nell'aula di Corte d'Assise il giudice ha emesso il verdetto e alla spicciolata, nella sala del noto all'albergo della Città Martire arrivano gli avvocati del pool difensivo insieme al criminologo Carmelo lavorino. E' stato lui a volere incontrare i media.
«Avevamo prenotato questa sala alle 20.30 di questa sera, quale che sarebbe stato il verdetto» dirà rispondendo ai cronisti. Intanto arrivano i protagonisti: Marco Mottola, di nero vestivo, è insieme alla sua compagna. La mamma, la signora Annamaria, li stringe forte: «Adesso dovete andare a farvi una bella vacanza!». Il figlio del maresciallo schiva la luce dei riflettori, riesce a dribblare tra le telecamere, non risponde ai cronisti. Ci pensa il papà, Franco, l'ex maresciallo della caserma di Arce accusato tra le altre cose anche di aver depistato le indagini, a dialogare con la stampa. E rispondendo ad una domanda dice: «Non c'è un'accusa che mi ha ferito più delle altre, perché noi con questa storia non c'entriamo niente ed ogni cosa che è stata detta contro di noi ci ha feriti, noi sapevamo di essere innocenti. Come cambia la nostra vita da questo momento? Abbiamo un po' di serenità in più, non abbiamo questa spada di Damocle sulla testa». Qualcuno dice che il processo è esso stesso una condanna. La signora Annamaria spiega che «si è trattato di una calunnia». Poi aggiunge: «In questi anni ho parlato poco e continuerò a parlare sempre di meno, non ci piacciono i riflettori, sono stata sempre contraria». Gli va in soccorso il figlio, Marco: «Non piace metterci in mostra. A noi piace stare con le nostre famiglie e con i nostri bambini, questo è quello che ci è mancato che volevano toglierci e ci stanno provando ancora. Non vediamo l'ora di andare a casa ad abbracciare i nostri familiari. Qualcuno è venuto, ed abbiamo pianto insieme». I legali del pool difensivo, in primis l'avvocato Germani, rivendicano con orgoglio il lavoro svolto per arrivare ad una sentenza di assoluzione. Il criminologo Lavorino aggiunge: «Ha vinto la logica, la ragionevolezza e l'onestà intellettuale. Dicemmo sin dall'inizio speriamo che la ragione non si addormenti e non vengano generati mostri, la ragione non si è addormentata. Abbiamo dimostrato di fatto che le nostre consulenze tecniche e scientifiche hanno demolito l'impianto accusatorio». Serena Mollicone a distanza di 21 resta però senza un colpevole. Quale strada perseguire, adesso? L'interrogativo, inevitabilmente, arriva puntuale al criminologo della difesa. Da parte sua Lavorino non si sottrae e dice: «Il delitto non è certamente colpa nostra ma è colpa di chi ha indagato male. Arrivati a questo punto la procura si rivolga a consulenti molto bravi che possano darci una mano. Io e il mio pool siamo pronti». Nel corso della conferenza stampa, il dottor Lavorino ribadisce: «Abbiamo detto alla procura già 4 anni fa di prendere le impronte digitali di una persona a suo tempo commise un omicidio e per il quale venne condannato a 24 anni. Come modus operandi e stile di vita troviamo delle analogie con l'omicidio di Serena. Presentammo la prima istanza quando questa persona era viva, poi è morta ma le impronte digitali ci sono». Prosegue Lavorino nel corso della sua conferenza: «Noi abbiamo una sola certezza in questo caso e cioè che le impronte digitali sul nastro sono della combinazione criminale che ha ucciso Serena Mollicone. Troviamo i produttori di queste impronte digitali e troviamo il soggetto. Persero tempo con Carmine Belli perché non combaciavano le impronte digitali ed hanno perso tempo con la famiglia Mottola».
 

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