Un sms di poche righe sul cellulare: «Il tuo contratto cessa, ci aggiorniamo». È così che 532 operai interinali dello stabilimento Fca di Cassino hanno appreso, il 31 ottobre del 2017, che dal giorno successivo non si sarebbero più recati in fabbrica. Non se l'aspettavano, le premesse erano ben altre e risalivano esattamente all'anno prima, quando l'allora premier Matteo Renzi e l'amministratore delegato di Fca Sergio Marchionne avevano annunciato 1.800 nuove assunzioni per lo stabilimento di Cassino entro il 2018.
Per questo motivo nel 2017 Fca aveva provveduto ad assumere i primi 800 interinali.
La pandemia prima, il conflitto bellico nell'Est Europa poi, non hanno fatto altro che aggravare la situazione.
Sono oltre mille i giovani che in questi 5 anni hanno perso non solo il posto di lavoro, ma una speranza di un futuro stabile. Oltre ai 532 estromessi da Fca, altrettanti sono i lavoratori precari dell'indotto Stellantis che non hanno avuto più la possibilità di vedersi rinnovare il contratto nelle aziende della componentistica. Ad oggi l'unica fabbrica ancora in buona salute dove i lavoratori precari non hanno pagato il prezzo più alto, quello del licenziamento, è la Tiberina.
LA SKF
Anche la SkF, che pure non lavora solo per Stellantis, nell'annunciare una settimana di cassa integrazione dal 21 al 27 novembre ha fatto sapere che i contratti in somministrazione ancora in essere non verranno rinnovati alla scadenza. Così come non c'è stato nessun turn over in Fca, passata da quasi 4.500 dipendenti agli attuali 3.000. Rosa D'Emilio, responsabile dell'indotto della Fiom-Cgil lascia intendere che non è finita qui: «Da giorni arrivano continue richieste di cassa integrazione fino a gennaio 2023, iniziano a farne richiesta anche alcune attività che fino ad ora non avevano fatto ricorso agli ammortizzatori sociali». Preoccupazione esprime anche il segretario della Fim-Cisl Mirko Marsella: «Il prezzo più alto è stato finora pagato dagli interinali perché è evidente che i lavoratori precari vengono chiamati solo quando c'è necessità di maggiore produzione».
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