Frosinone, la crisi del lavoro dagli autonomi spariti al record degli inattivi

Frosinone, la crisi del lavoro dagli autonomi spariti al record degli inattivi
di Matteo Ferazzoli
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Martedì 16 Marzo 2021, 08:47 - Ultimo aggiornamento: 08:49

Brusco calo di lavori autonomi e sono sempre tanti, troppi, coloro che hanno smesso di cercare un'occupazione. Sono i dati che caratterizzato il quadro del lavoro in provincia di Frosinone elaborato dall'Istat nell'anno dell'emergenza sanitaria causata dal Covid.

Se nel 2019 si registravano 36 mila lavoratori indipendenti, categoria in cui sono compresi, ad esempio, imprenditori, liberi professionisti, lavoratori autonomi e prestatori d’opera occasionali, nel 2020 ne sono rimasti 33 mila. Salgono, invece, i lavori dipendenti.

La disoccupazione, invece, è all’11,2%. Secondo numero più alto nella Regione, dopo a Latina che si attesta all’11,3%. Anche se in questa statistica un ruolo cardine può averlo avuto il blocco, ancora in vigore, dei licenziamenti. Nel 2019, sempre dati Istat, la disoccupazione in Ciociaria si aggirava invece al 14,3%

A lanciare l’allarme, invece, di ciò che potrebbe accadere nei prossimi mesi è Pasquale Legnante, segretario organizzativo della Cisl di Frosinone: «Il tasso di disoccupazione purtroppo è destinato a crescere, considerando che ora abbiamo ancora strumenti di salvaguardia dei licenziamenti.

Quando la situazione dell’emergenza sanitaria andrà a concludersi, col venire meno delle salvaguardie, avremo delle ricadute pesanti in termini di perdite di posti di lavoro. Il blocco dei licenziamenti – aggiunge – sta impedendo a molte aziende di fare ciò che è più facile: andare a rivedere il personale. La cassa integrazione, poi, sta dando la flessibilità necessaria per cercare di contrastare questo momento».

Le persone che non cercano lavoro

Un altro dato, poi, che risalta nella situazione della Provincia è quello degli inattivi, ossia le persone che non sono alla ricerca di lavoro. In questa condizione sono ricomprese sia le persone, dai 15 ai 64 anni, che sono in questo status per motivi familiari, sia chi non è alla ricerca per ragioni di studio o di pensione ma anche chi non cerca lavoro per problemi legati all'emergenza sanitaria e a chi è ormai scoraggiato.

Nella Ciociaria, dunque, il tasso di inattività – calcolato in base al rapporto tra le persone che non sono né occupate né in cerca e la popolazione totale- si arresta al 42,3%, similare al 2019. Il più alto nel Lazio.


«Abbiamo questo triste primato – commenta Legnante- e ciò lascia molto riflettere. In modo particolare, questo dato lo registriamo nei 50enni, non hanno il requisito per accedere alle pensioni ma non sono neanche appetibili nel mondo del lavoro. Questo avviene nonostante, negli anni, sono stati sottoscritti diversi accordi regionali, ad esempio quello sulle politiche attive, per favorire il reinserimento. Accordi di questo tipo per far ricollocare anche persone ultrà 50enni, in altre Regioni, danno dei risultati. Nel Lazio e a Frosinone questo non avviene. Qui viene meno – continua il sindacalista- la cultura e la mentalità necessari che mancano nella classe dirigente industriale della Provincia. Ormai si punta, tranne casi isolati, su altre tipologie di assunzioni, con contratti di apprendistato o tramite agenzie interinali».
 

Le donne le più penalizzate

Tra gli occupati in Provincia, invece, si detona anche un’ampia differenza di genere. Sono 161 mila, secondo l’Istat, gli occupati in Ciociaria. Di questi, 58 mila sono donne: «Questo accade in tutto il Paese – commenta Legnante- e non riguarda solo la nostra Provincia. Ci sono aziende in cui ci sono quasi tutti uomini e le donne quasi scomparse. È una sfida il cercare di invertire questa tendenza».


Infine, il segretario Cisl riflette sulla questione della sicurezza del lavoro: «È fondamentale non abbassare mai la guardia anche su questo tema, soprattutto dopo quanto accaduto qualche settimana fa, in cui un ragazzo di 25 anni è uscito di casa, è andato al lavoro, e non è più tornato. Fa riflettere».

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