Inquinamento del fiume Sacco, sequestro e arresti per il depuratore di Ceccano

Inquinamento del fiume Sacco, sequestro e arresti per il depuratore di Ceccano
di Giovanni Del Giaccio
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Giovedì 12 Maggio 2022, 09:07

Anziché smaltire i fanghi secondo le procedure di legge aggiravano le norme in ogni modo. Inquinando e traendo profitti illeciti. Attività alle quali ha posto un freno la Direzione distrettuale antimafia di Roma con 2 arresti, il sequestro dell'impianto di depurazione consortile di Ceccano e di 4 società, un totale di 14 indagati. I carabinieri del gruppo forestale di Frosinone, agli ordini del colonnello Alessandro Bettosi, hanno svolto accertamenti legati agli smaltimenti tra il 2020 e il 2021. Le accuse vanno, a vario titolo, dal traffico illecito di rifiuti all'inquinamento inquinamento ambientale. La custodia cautelare in carcere è stata eseguita nei confronti dell'ex responsabile dell'area tecnica della società A&A che gestisce l'impianto di Colle San Paolo, Roberto Orasi di 52 anni, romano, mentre gli arresti domiciliari sono stati disposti per Amedeo Rota, 51 anni, di Pofi.

L'attività riguarda appunto la A&a Spa, società che gestisce il depuratore consortile, unico bacino collettore dei reflui di circa 200 aziende del Frusinate e di numerosi comuni.

Due i filoni di un'indagine destinata a non essere finita qui. Nelle 134 pagine dell'ordinanza di custodia firmata dal giudice delle indagini preliminari Tamara De Amicis ci sono diversi omissis che lasciano intendere la presenza di possibili ulteriori accertamenti.

Il primo filone è riferito all'attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti: viene contestato agli indagati di avere abusivamente gestito ingenti quantità di rifiuti speciali consistiti in fanghi da depurazione in assenza di adeguato trattamento. Vale a dire che venivano smaltiti direttamente presso una discarica situata in Toscana, senza garantire il trattamento necessario a ridurre i pericoli per la salute e per l'ambiente. Così la società produttrice dei fanghi, secondo gli investigatori, conseguiva un notevole profitto derivante dal risparmio ottenuto per il mancato trattamento. Gli stessi rifiuti venivano inoltre classificati come non pericolosi, mediante attribuzione di un codice Cer non adeguato.

L'altro filone riguarda l' inquinamento ambientale e si riferisce ai reflui dell'impianto di depurazione che vengono rilasciati nel fiume Sacco. Le indagini si sono concentrate sulle criticità che presenterebbe l'impianto, nonché l'inadeguatezza dei controlli sui reflui che confluiscono nell'impianto che non avrebbe potuto depurarli efficacemente «con conseguente continua, e significativa, violazione dei limiti tabellari stabiliti per i reflui dello scarico finale nel fiume».

L'inchiesta ha accertato che nel 2020 le stesse analisi effettuate dalla società che gestisce il depuratore riportano ben 328 sforamenti, mentre nei primi mesi del 2021 gli sforamenti erano arrivati a ben 181. I responsabili della società erano a conoscenza della situazione, tanto da inviare agli enti numerose comunicazioni di «scarico anomalo», senza però adottare «azioni correttive per evitare il costante rilascio di inquinanti nel corpo recettore, con conseguente inquinamento del fiume Sacco». Per l'impianto è stato nominato un custode giudiziario, sono stati sequestrati beni e quote sociali pari a 1 milione di euro riferiti alle società A&A, Navarra Spa, Ecofor service e Orione srl. Attesi gli interrogatori, tra i legali degli indagati gli avvocati Sandro Salera, Paolo Marandola e Domenico Marzi.
 

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