Mollicone, appello della procura: «Il brigadiere Tuzi è attendibile, Serena uccisa in caserma»

Nelle 275 pagine di appello, depositato la settimana scorsa, la procura di Cassino ribadisce e controbatte alla sentenza di assoluzione

Mollicone, appello della procura: «Il brigadiere Tuzi è attendibile, Serena uccisa in caserma»
di Vincenzo Caramadre
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Giovedì 30 Marzo 2023, 06:59

«Si può ritenere che la condotta dei Mottola (tutti concorrente sul piano materiale e morale) è stata, non solo assolutamente anti-doverosa ma anche caratterizzata da pervicacia e spietatezza nel nascondere quanto realmente accaduto». Il questo modo la procura ha concluso l'appello alla sentenza di assoluzione dei cinque imputati per l'omicidio di Serena Mollicone.
L'accusa ritiene il brigadiere Santino Tuzi attendibile, le sue affermazioni non possono che essere il frutto di «un vissuto», di conseguenza Serena Mollicone, la mattina del primo giugno 2001, «è entrata in caserma dove ha trovato la morte».
Nelle 275 pagine di appello, depositato la settimana scorsa, la procura di Cassino ribadisce e controbatte alla sentenza di assoluzione. Il pubblico ministero Siravo che ha redatto l'appello ha dedicato ampia parte, ben 90 pagine, al "cuore pulsante" dell'intera questione giudiziaria: le dichiarazioni del brigadiere Santino Tuzi (suicidatosi l'11 aprile 2008), dopo tre interrogatori. Il primo il 28 marzo, quando a sorpresa, rese la dichiarazione choc sull'ingresso della studentessa in caserma la mattina del primo giugno, l'altro il 9 aprile quando, prima ritrattò quanto affermato il 28 marzo e poi lo confermò. La corte d'assise di Cassino nelle motivazioni lo ha tratteggiato come inattendibile. «Le versioni offerte da Tuzi - hanno scritto i giudici della corte d'assise di Cassino - sono apparse, anche alla luce delle registrazioni, contraddittorie, incerte, confuse, frutto di suggestioni e ricostruzioni del medesimo effettuate al momento, alla luce degli elementi che gli venivano forniti».
Una motivazione contestata dal pm Siravo, sulla base di una serie di elementi. «Le dichiarazioni di Tuzi sull'abbigliamento della ragazza (dice di non aver visto le scarpe) sono compatibili con la visuale offerta dal punto in cui era di piantone», si legge. Il racconto di Tuzi: la chiamata da un alloggio che dice di far passare la ragazza che era arrivata viene definito dal pm «frutto di un vissuto». I vestiti indossati dalla 18enne la mattina della scomparsa riemergono anche nel corso degli interrogatori con il pm Perna (che conduceva le indagini nel 2008). Sostiene la procura: «La dottoressa Perna mostra le foto del fascicolo fotografico del ritrovamento di Serena Mollicone e precisamente i vestiti che indossava e il brigadiere Santino Tuzi riconosce la maglia rossa e i fuseaux».
C'è la questione della ritrattazione, Tuzi lo avrebbe fatto perché «non si fidava dei carabinieri» sostiene la procura. «Dopo aver parlato con il pm fu tranquillizzato e confermò la prima dichiarazione», viene aggiunto.
IL SUICIDIO
La procura ritiene non sia il frutto di una decisione maturata per questioni sentimentali. «Tuzi temeva che i carabinieri lo arrestassero per l'omicidio Mollicone», si legge nell'atto di appello e la ritrattazione della ritrattazione sarebbe stato un atto per fugare ogni sospetto su di lui. «Tuzi - conclude il pm - era stato lasciato solo dalle persone che sapevano». Una ricostruzione e una rilettura critica della sentenza di primo grado sulle dichiarazioni del brigadiere, in combinato, con le consulenze tecniche che hanno portato la procura a ritenere che «il primo giugno 2001 Serena Mollicone è entrata nella caserma di Arce e lì ha trovato la morte perché fatta sbattere contro la porta dell'alloggio a trattativa privata».
Vincenzo Caramadre
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