Ucciso dai genitori a due anni, la nonna: «Mai più nella casa dove è cresciuto il mio Gabriel»

Ucciso dai genitori a due anni, la nonna: «Mai più nella casa dove è cresciuto il mio Gabriel»
di Vincenzo Caramadre
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Domenica 19 Dicembre 2021, 08:24 - Ultimo aggiornamento: 20 Dicembre, 09:52

Sono trascorsi oltre due anni e mezzo dal terribile omicidio del piccolo Gabriel Feroleto avvenuto in località Volla a Piedimonte San Germano. A parlare ora, a pochi giorni dal Natale, quando i ricordi affiorano con maggiore intensità, è la nonna Rocca di Branco. Una donna doppiamente colpita: perché l'adorato nipote non c'è più e la figlia è in carcere per averlo ucciso.

Per l'omicidio sono stati condannati, non ancora in via definitiva, i genitori. La madre Donatella di Bona (figlia di Rocca) a trent'anni con il rito abbreviato e il processo d'appello ci sarà tra qualche settimana. Mentre il padre naturale Nicola Feroleto, in primo grado era stato condannato all'ergastolo, in appello, poche settimane fa, ha patteggiato la pena a 24 anni di carcere.

Da quel maledetto 17 aprile 2019, quando il piccolo di 26 mesi fu soffocato dalla madre, alla presenza del padre, in un vialetto di fronte l'abitazione di famiglia dove i genitori si erano appartati, la nonna e lo zio Luciano (rappresentati dagli avvocati Alberto Scerbo e Giancarlo Corsetti), che convivevano con Donatella e Gabriel, non sono più tornati in quei luoghi e non lo farà.

Troppi ricordi che fanno male.

Signora Rocca, lei dal 2019 non è più tornata in quei luoghi. Aspetta un momento particolare per farlo?
«Non credo proprio che ci ritornerò, ci sono ricordi che mi spezzano il cuore. Gabriel era un bambino bellissimo, era il fiore dalla nostra casa».

La casa è ancora sotto sequestro, ha solo avuto il tempo di prendere alcuni effetti personali. Vuole rientrarci?
«Non lo farò. Li dentro ci sono ancora i giocattoli di Gabriel, pochi giorni prima gli avevo comprato un uovo di pasqua con un pallone vicino, lui era felicissimo. Lì, in quella casa, ha fatto le prime poppate, lì ha fatto i primi passi. Lì l'ho visto l'ultima volta, pochi minuti prima di morire. Mai più in quel posto, anche perché ora è morta anche mia madre. Adesso sono in appoggio in una casa di mio figlio, a Cassino, però io voglio trovare un appartamento per me e mio figlio Luciano».

Sua figlia è in carcere a Rebibbia dall'aprile del 2019. Lei la va trovare?
«Certamente, sono sua madre. L'ultima volta sono stata a fine ottobre».

Come sta?
«Purtroppo lei vive una situazione di grande disagio. È dimagrita, è arrivata a pesare 58 chilogrammi. L'ho vista proprio giù».

Sua figlia le parla di quello che è successo quel pomeriggio dell'aprile di due anni fa?
«Lei continua a ripetermi che lui gli ha detto, prenditi tu la colpa perché non ti fanno niente. Solo questo, ma ripeto è tanto giù».

Sua figlia nomina Gabriel nei colloqui in carcere. Che ricordi ha?
«Lo nomina sempre e la reazione è sempre la stessa: finisce col piangere».

Cosa ne pensa della cancellazione dell'ergastolo al padre di Gabriel, Nicola Feroleto, dopo l'applicazione del concordato previsto per legge?
«Umanamente inaccettabile. Meglio non parlarne proprio. Sono troppo arrabbiata, la legge non dovrebbe permettere queste cose».

In questi due anni e mezzo c'è stato qualche contatto, una lettera o altro con Nicola. Lui prima dell'omicidio era presente spesso nella sua casa?
«Non c'è stato alcun contatto e sinceramente non lo vogliamo proprio, sia noi che nostra figlia. Ci aspettavamo un gesto di scuse, quel piccolo era suo figlio e per noi era tutto. Anche in Tribunale a Cassino, quando ha parlato, non sono mai arrivate parole di conforto, nemmeno una lacrima».

A gennaio ci sarà l'udienza in appello per sua figlia, come vive questi giorni di attesa?
«Speriamo vada tutto bene. Ma ci tengo a dire però, se mia figlia non capiva niente, perché lui non lo ha salvato? Perché non lo ha preso e portato via? Questo è quello che mi chiedo da quel giorno».
 

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