Supermarket della droga a Frosinone: pusher mascherati da netturbini e con la social card. Chi sono gli arrestati

Supermarket della droga a Frosinone: pusher mascherati da netturbini e con la social card. Chi sono gli arrestati
di Marina Mingarelli
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Martedì 13 Ottobre 2020, 07:00 - Ultimo aggiornamento: 09:36

Indossavano i panni del netturbino o dell’idraulico, ma era solo un escamotage per mascherare il loro vero lavoro: spacciatori nel supermarket della droga, aperto H24, in pieno centro. Questo però non gli impediva di avere la social card, il sussidio statale per acquisti alimentari per le famiglie biosgnose. Questi alcuni dei particolari emersi dall’operazione “Il cartello di via Bellini” portata termine ieri mattina con l’esecuzione 10 misure cautelari richieste dall’Antimafia: nove in carcere, una ai domiciliari. Sei indagati a piede libero.

In carcere sono finiti finiti Andrea Kercanaj, 43 anni; Simona Paniccia, 38 anni; Stefano Chiari, 42 anni; Roberta Paniccia, 34 anni; Claudio Gargano, 43 anni; Alfredo Lauretti, 37 anni; Alessandro Ardovini, 37 anni; Sonia Troise, 39 anni; Eros Quilli, 37 anni.

Ai domiciliari Orgest Mansi, 31 anni. Ai domiciliari ma per un’altra inchiesta, collegata a quella di ieri, Claudio Sarli, 55 anni, agente penitenziario. 

Contestato il reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.

I particolari dell’operazione sono stati illustrati in una conferenza stampa dal dirigente della Mobile Flavio Genovesi e dal questore Leonardo Biagioli.

«L’attività malavitosa in via Bellini non è stata mai soppressa - ha spiegato Genovesi - Subito dopo gli arresti coloro che gravitavano nel mondo dello spaccio, si erano immediatamente riorganizzati e capaci di sviluppare uno spaccio di droga 24 ore su 24. Gli spacciatori riuscivano a confezionare dalle 150/160 dosi al giorno. Gli incassi variavano dalle 4000 alle 6000 euro. In quella via situata vicino allo Scalo era facile da raggiungere per gli acquirenti che arrivano oltre che dal capoluogo dai paesi limitrofi».

La distribuzione continua permetteva loro di vendere la droga a basso prezzo. Una dose di cocaina si poteva acquistare a soli 20 euro.

L’inchiesta prende il via nel 2017 quando in una intercettazione telefonica emerge che un detenuto del carcere di Frosinone aveva la possibilità di parlare al cellulare con la compagna. Da qui la scoperta della “talpa”, tale Claudio Sarli, una guardia penitenziaria del carcere di Frosinone che era completamente asservita ai voleri di due detenuti rispettivamente il fratello ed il compagno di Simona Paniccia, una figura apicale nell’organizzazione. 

All’epoca dei fatti la guardia carceraria venne arrestata mentre si stava recando al lavoro dopo che nella sua vettura erano state ritrovate notevoli quantità di hashish, cocaina e marijuana, oltre a schede telefoniche cellulari e preziosi. Tutti oggetti che erano stati consegnati dalla moglie di uno dei suoi corruttori. Al momento Sarli si trova ancora ai domiciliari.

A capo dell’organizzazione, secondo gli investigatori, c’era Andrea Kerkanaj, un albanese di 45 anni residente nel capoluogo ciociaro da oltre venti anni. Simona Paniccia era il suo factotum, era lei che deteneva le casse e che gestiva i turni dello spaccio h24.

Tutto era stato organizzato nei minimi particolari. Quando intervenivano le forze dell’ordine questa si riorganizzava affinché arrivasse una nuova vedetta e un nuovo spacciatore proprio per evitare di dare nell’occhio. E sempre per evitare di poter essere intercettata faceva vestire le vedette ogni giorno in maniera diversa. Una volta indossavano la divisa di idraulico altre da operatore ecologico, altre ancora da imbianchino. La vedetta guadagnava dalle 80 alle 100 euro al giorno a seconda se doveva svolgere il turno di mattina o di notte mentre colui che confezionava le dosi guadagnava intorno alle 50 euro. La squadra Mobile si è servita di una videocamera che è stata in funzione per circa un anno. Dalle registrazioni si è potuto contare 160 /170 accessi al giorno nello stabile per l’acquisto di droga.

È emerso anche la maggior parte degli arrestati usufruiva della social card, dai 300 ai 500 euro al mese. Un sussidio destinato alle famiglie bisognose. Pranzi, cene, catering a domicilio a spese dello Stato, mentre la palazzina di via Bellini era stata trasformata in un supermarket, ma della droga.

Per nascondere la cocaina gli associati utilizzavano dei battiscopa scorrevoli realizzati in cartongesso lungo le scale. Alle prime avvisaglie erano subito pronti a far sparire lo stupefacente anche attraverso i tetti delle abitazioni. Due volte al giorno il capo passava per riscuotere. 

La droga veniva acquistata all’ingrosso a Roma. Karcanai, l’albanese a capo dell’organizzazione, aveva dei forti agganci con la malavita romana. L’attività di spaccio, attraverso due degli arrestati, si era spostata nelle zone di Ardea, Anzio e Nettuno. L’approvvigionamento era settimanale. I componenti del sodalizio criminoso utilizzavano lo stesso modus operandi: quando il portone era chiuso significava che c’era già qualche acquirente, quando invece era aperto l’accesso era libero.

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