Fratelli Bianchi, l'ex legale: «Sentenza Willy mediatica». Ma per i giudici è stata esecuzione

Ma ci tiene a precisare: «Lo dico come avvocato Pica e non più come legale dei Bianchi»

Da sinistra Francesco Belleggia, Gabriele Bianchi, Mario Pincarelli e Marco Bianchi
di Pierfederico Pernarella
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Lunedì 29 Agosto 2022, 12:55 - Ultimo aggiornamento: 21:42

«Ora il capitolo è chiuso, mi devo riposare». Sospira l’avvocato Massimiliano Pica quasi ad assaporare la libertà di non dover più parlare con i cronisti dei fratelli Gabriele e Marco Bianchi. Non è più il loro avvocato. Diversità di vedute lo hanno indotto a lasciare l’incarico. I “gemelli” di Artena, dopo la condanna all’ergastolo inflitta dalla Corte d’Assise di Frosinone per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte, hanno nominato altri legali (Valerio Spigarelli, Ippolita Naso e Pasquale Ciampa) per fare in ricorso in appello.

«Sono convinto che i miei colleghi riusciranno a dimostrare l’omicidio preterintenzionale». Pica, nonostante sia diventato l’avvocato “più odiato” d’Italia per aver difeso i picchiatori di Artena, non ha paura di continuare a dire la sua e quindi di ribadire che nel processo non sono emersi gli elementi per giustificare l’omicidio volontario: «Attendo di leggere le motivazioni della sentenza, anche se a questo punto non so se avrò voglia di leggerla. L’ho detto sin dal primo momento, è stata una sentenza mediatica». Però ci tiene a precisare: «Lo dico come avvocato Pica e non più come legale dei Bianchi».

Fratelli Bianchi, per i giudici una esecuzione quella di Willy

Per i giudici è stata invece una esecuzione. E uno dei momenti più drammatici del processo è quando il presidente della Corte d'Assise, Giuseppe Mancini, durante la deposizione del medico legale Saverio Potenza, elenca uno per uno i punti del corpo di Willy rimasti lesionati dai colpi. Più di una decina. 

Ma al di là degli aspetti processuali, che saranno di nuovi esaminati in Appello, l'incarico  è costato molto all'avvocato Pica non solo sul piano professionale. «È stato molto faticoso, a livello umano non mi sarei mai immaginato una cosa del genere. Le minacce di morte a me, a mio figlio, sui social e sul telefono dello studio». 

All’epoca l’avvocato Pica ricevette la solidarietà dei colleghi della Camera penale, ma non è bastato. «Un giretto in gattabuia pure per i legali di questi due delinquenti non sarebbe male. Sono indifendibili e non dovrebbe essere consentito appello né cassazione», è uno dei tanti commenti (impubblicabili) all’articolo sulla nuova condanna per estorsione e spaccio dei fratelli Bianchi. Che poi nuova condanna non è, visto che la sentenza risale a metà aprile.  

«Se ne continua a parlare, ogni tanto spunta un articolo, non so perché», ammette disarmato l’avvocato Pica, travolto insieme ai propri assistiti dalla gogna social che non fa differenza tra imputati e legali e non si è accontentata della pena massima che si potesse infliggere: l’ergastolo. «Ci vuole la pena di morte», è il commento che va per la maggiore.  Come spuntano le loro foto - le pose truci e spavalde,  i tatuaggi  sui muscoli da lottatori di MMA, le collane e gli orologi patacca, le moto, le vacanze e tutto il resto del corredo del (finto) lusso da spacciare su Instagram - si scatena un fiume di odio incontenibile.

Fratelli Bianchi si separano in appello e scelgono strategia difensiva diversa

«Non c'è una singola foto in cui non si rimanga impressionati dalla freddezza dei loro sguardi», ammette un lettore. È una questione di chimica. Che rievoca Lombroso, al tempo dei social. Gli articoli su di loro diventano subito virali. Qualcuno, tra i commenti, prova a dire: «Ma basta, perché si continua a parlare di loro se sono stati condannati all’ergastolo. Perché ancora tutta questa attenzione». Pensieri che restano isolati e senza risposta. Qualcuno li chiama omicidi serializzati.  E in effetti la cronaca, ma anche la narrazione che si è alimentata intorno ad essa, ha creato due personaggi che suscitano quello che serve per essere popolari: odio, tanto odio. Fisico. Lo stesso non è valso per gli altri due imputati: Francesco Belleggia e Mario Pincarelli condannati rispettivamente a 23 a 21 anni.

Fratelli Bianchi condannati per spaccio ed estorsione. Legali preparano l'appello alla sentenza di ergastolo

Ma a forza di raccontare dei fratelli Bianchi, la vittima finisce quasi per essere dimenticata, per diventare un comprimario della serie sui picchiatori di Artena. E viene in mente il fatto che il murales di Willy a Paliano, disegnato dallo street artist Ozmo, si stia cancellando. Andrebbe coperto con una teca, ha suggerito qualcuno. Ma tornano alla memoria anche le parole della madre di Willy subito dopo la sentenza: «Si è stata una sentenza giusta, ma non abbiamo niente da dire di fronte a una morte così. Questo lasciatecelo, è un momento tutto nostro, Willy non c’è più, ma almeno non sia morto invano». E chissà se questa attenzione morbosa sui fratelli Bianchi renda fede alla speranza di mamma Lucia. 

Continuerà ora la battaglia giudiziaria per far cadere la condanna per omicidio volontario: fu preterintenzionale, sosterrà la difesa. Ma questa volta la strategia difensiva ora potrebbe essere diversa per i fratelli: una per Marco (la cui posizione, in base alle testimonianze, è apparsa più complicata), l'altra per Gabriele. Ma questo sarà più chiaro quando verranno rese note le motivazioni della sentenza.

 

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