Fratelli Bianchi, il dolore della mamma di Willy: «In quell'aula non ho sentito chiedere perdono»

Lucia Monteiro: "Il mio ragazzo è morto invano"

Fratelli Bianchi, il dolore della mamma di Willy: «In quell'aula non ho sentito chiedere perdono»
di Pierfederico Pernarella
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Venerdì 19 Novembre 2021, 07:35 - Ultimo aggiornamento: 11:42

«Questi ragazzi non devono chiedere perdono a me né alla mia famiglia. Devono chiederlo a loro stessi. Se un giorno ci riusciranno vuol dire che ci sarà un vero pentimento per quello che hanno fatto. Allora avrò la speranza che Willy non è morto invano».
Braccata dai giornalisti all'esterno del tribunale di Frosinone, parla con un filo di voce Lucia Monteiro Duarte, la madre del giovane cuoco ucciso a Colleferro, ma le sue parole sono pesanti come macigni. Soprattutto dopo l'udienza di ieri in cui gli imputati, i fratelli Marco e Gabriele Bianchi da un lato e Francesco Belleggia dall'altro, hanno continuato ad accusarsi a vicenda nel ricostruire la manciata di secondi del pestaggio che è costato la vita a Willy.

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La signora Lucia ha assistito alle oltre sei ore di udienza, affiancata dalla figlia Milena.

Ieri è stata la prima volta che la madre di Willy si è trovata faccia a faccia con i «ragazzi», come li chiama lei, accusati dell'omicidio del figlio: i fratelli Marco e Gabriele Bianchi e Mario Pincarelli. Tutti e tre, a differenza di Francesco Belleggia che stando ai domiciliari ha potuto sempre presenziare alle udienze, finora avevano seguito il processo in videoconferenza dalle carceri in cui sono ristretti.

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La signora Lucia è vestita di nero, è seduta sempre al solito posto, alle spalle degli avvocati delle parti civili e dei pubblici ministeri che stanno incalzando gli imputati. Al collo porta l'inseparabile ciondolo con la foto di Willy. «È lui a darmi la forza» risponde la donna a chi si complimenta con lei per la compostezza con cui sta affrontando il processo e in più in generale il dramma di una madre che non ha visto più rientrare a casa il figlio. Un ragazzo solare, generoso, con la testa sulle spalle nonostante la giovane età, che, come raccontato dagli stessi genitori sentiti nella scorsa udienza, già da quando andava a scuola all'istituto alberghiero di Fiuggi, aveva cominciato a lavorare per dare una mano alla famiglia e diventare un bravo chef.
LE SCUSE NON BASTANO
Ieri gli imputati hanno provato a mostrarsi e a dirsi dispiaciuti per quanto accaduto a Willy. «So cosa significa, ho un figlio anche io», ha detto Gabriele Bianchi. Pincarelli, invece, dopo aver rilasciato dichiarazioni spontanee, si è rivolto alla madre di Willy, ha chiesto scusa abbassando subito dopo lo sguardo.

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Ma per la signora Lucia non basta. Le loro scuse sono parole prive di significato fino a quando non ammetteranno le loro responsabilità. «Preferivo che dicessero che erano pentiti per quello che hanno fatto piuttosto che dire che non hanno fatto niente - aggiunge la donna - Spero che un giorno ci sia un pentimento che oggi non h visto. Solo questo può far riposare mio figlio in pace».
A farsi portavoce dell'amarezza della signora Lucia è anche il legale della famiglia di Willy, l'avvocato Domenico Marzi: «La madre di Willy è rimasta sconcertata dalle parole espresse in aula dai fratelli Bianchi e dagli altri imputati. Parole a cui, però, eravamo preparati. Scaricare su Belleggia le responsabilità così come hanno fatto i fratelli Bianchi è una iniziativa che giudico singolare - aggiunge l'avvocato -. I tanti testimoni sentiti nel corso del processo hanno infatti fornito elementi chiari alla Corte su quanto avvenuto quella tragica notte».
Parla invece di «imbarazzante scaricabarile che non farà breccia nella Corte», l'avvocato Massimo Ferrandino, legale del comune di Artena costituitosi parte civile.
 

 

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