Delitto Mollicone, la figlia del carabiniere suicida: «Mio padre provato, ma è stato lasciato solo»

Delitto Mollicone, la figlia del carabiniere suicida: «Mio padre provato, ma è stato lasciato solo»
di Vincenzo Caramadre e Pierfederico Pernarella
3 Minuti di Lettura
Venerdì 3 Maggio 2019, 22:49 - Ultimo aggiornamento: 22:50
«Mio padre era provato, andava protetto, invece è stato lasciato solo». A parlare è Maria, la figlia del brigadiere Santino Tuzi morto suicida quando, a sette anni dall’omicidio di Serena Mollicone, aveva cominciato a far scricchiolare il muro di omertà sul giallo di Arce.
Secondo le accuse prospettate dal sostituto procuratore Beatrice Siravo, che ha coordinato le indagini svolte dai carabinieri, Tuzi e il maresciallo Vincenzo Quatrale erano presenti nella caserma di Arce quando Serena vi entrò e avrebbero sentito i rumori di una colluttazione provenire dall’alloggio dei Mottola. Lite che, stando sempre alle accuse del pm, portarono alla morte di Serena.
Per coprire la loro presenza al momento del fatto, i due avrebbero redatto un ordine di servizio dichiarando falsamente che erano usciti dalla caserma alle 11 per farvi rientro solo alle 13.30. I due invece, secondo la Procura, sarebbero rimasti in caserma fino alla fine del loro servizio, alle 13.30. Per questi fatti Quatrale è indagato per favoreggiamento dell’omicidio. Ma nella ricostruzione fatta dalla Procura Tuzi compare anche come vittima. A Quatrale infatti viene contestata pure l’istigazione al suicidio del collega.

«AVEVAMO RAGIONE»
«Chiedendo la riapertura del caso - racconta ora Maria Tuzi - è chiaro che eravamo e siamo disposti ad accettare qualsiasi verità. Attendiamo di conoscere tutti gli atti, ma so che mio padre, oltre aver dichiarato che Serena quel giorno era andata in caserma, potrebbe aver fatto altre dichiarazioni molto importanti. Per ora mi basta sapere che anche la Procura, come noi andiamo ripetendo da anni, sostiene che mio padre non si suicidò per amore, tesi con cui venne archiviata la prima inchiesta che escluse ogni collegamento con il caso Mollicone». In quegli anni la Procura di Cassino era già in possesso dell’intercettazione che oggi, undici anni dopo, nell’avviso di chiusa inchiesta, viene riportata come uno dei principali indizi della presunta pressione psichica che Quatrale esercitò sul collega Tuzi.

LA CIMICE
Quell’intercettazione venne captata da una cimice che lo stesso Quatrale si fece piazzare sulla propria auto per carpire i colloqui che avrebbe avuto con Tuzi. Quatrale, pur essendo noto che il 1 giugno fosse in servizio nella caserma di Arce che ora la Procura indica come scena del delitto, non è stato mai lambito dalle indagini. Anche quando, nel 2011, vennero iscritti per la prima volta sul registro degli indagati i colleghi Franco Mottola e Francesco Suprano.
Il suo nome spunta solo nel 2017, dopo che il gip Angelo Valerio Lanna, nel 2016, aveva respinto la richiesta di archiviazione della Procura e disposto nuovi accertamenti. Indagini che per la prima volta permetteranno d’ipotizzare che l’omicidio sia avvenuto all’interno della caserma.

LA TRAGEDIA IN POCHI GIORNI
Nel 2008, qualche giorno dopo il primo interrogatorio di Tuzi (28 marzo), Quatrale addirittura collabora con la Procura per approfondimenti sul brigadiere: «Mi è venuta la pelle d’oca leggendo l’intercettazione riportata da Il Messaggero a noi sconosciuta - racconta Maria - Conferma quello che ho sempre pensato: mio padre andava protetto. È stato lasciato solo in un momento in cui aveva cominciato a raccontare quello che sapeva. Forse oggi sarebbe vivo. Non sono un’esperta di queste cose, ma bisognava trovare il modo per trattenerlo almeno per qualche giorno: mio padre era provato come dimostra anche il resto dell’intercettazione, stando a quanto ho letto».
Il colloquio nell’auto di Quatrale con Tuzi viene intercettato l’8 aprile 2008. Il giorno successivo il brigadiere viene sentito di nuovo in Procura: prima ritratta, poi conferma di aver visto Serena entrare in caserma. Due giorni dopo, l’11 aprile, si uccide sparandosi un colpo al cuore.
Ora il fascicolo sulla morte di Tuzi è confluito in quello dell’omicidio Mollicone, nel capo di accusa ipotizzato per Quatrale. La riapertura del caso è avvenuta nel maggio 2016 dopo l’opposizione all’archiviazione presentata dalla figlia del brigadiere. Le indagini sono state condotte dai carabinieri della compagnia di Pontecorvo (allora diretta dal maggiore Fabio Imbratta), e coordinate dal sostituto procuratore Alfredo Mattei.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA