Frosinone/ ​Decreto Sicurezza, Ottaviani:
"Le leggi vanno rispettate anche dai sindaci"

Frosinone/ Decreto Sicurezza, Ottaviani: "Le leggi vanno rispettate anche dai sindaci"
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Giovedì 3 Gennaio 2019, 19:51
“Le leggi della nostra Repubblica, anche se non condivisibili, sotto il punto di vista politico, da una parte dell'elettorato, sono, comunque, norme dell'ordinamento giuridico nel suo complesso e, dunque, devono sempre essere applicate dagli ultimi, figuriamoci se possono essere violate dai primi cittadini del Paese". È intervenuto, in questi termini, il sindaco di Frosinone, Nicola Ottaviani, tracciando il netto distinguo dalla posizione di alcuni altri colleghi sindaci, che hanno deciso di non applicare il Decreto Sicurezza che ridefinisce, tra le altre questioni, anche la materia delle regolarizzazioni delle migrazioni in Italia. "Ancora una volta, alcuni sindaci di città capoluogo italiane come Palermo o Napoli, anziché amministrare i territori con atti di propria competenza, quali delibere di giunta o di consiglio, preferiscono sforare le proprie attribuzioni portando avanti comportamenti non certo assimilabili alla filosofica categoria della disobbedienza civile, bensì affermando chiaramente di voler disapplicare una legge dello Stato, senza rendersi conto che, in tal modo, si introdurrebbe il pericoloso precedente di scegliersi le leggi da applicare, volta per volta, a proprio gusto e piacimento. Se un sindaco vuole cambiare una norma, senza violarla, ha davanti a sé una strada profondamente democratica, ossia quella di rivolgersi al Parlamento, assumendo, magari, anche direttamente il mandato elettorale di deputato o senatore, cambiare eventualmente una maggioranza parlamentare e legiferare, emanando norme nuove in grado di abrogare le precedenti. Basta sfogliare un piccolo Bignami di diritto costituzionale, o dare una letta veloce alla Carta del 1948 per capire come le leggi possano essere legalmente emanate, modificate e anche abrogate. Del resto, basta farsi una passeggiata, oggi, nelle aree metropolitane di Palermo e di Napoli, per capire come alcuni sindaci continuino a distrarsi quotidianamente dalle emergenze vere dei loro territori, che vanno dallo scarso livello dell'assistenza sociale, alla mancanza di occasioni per la creazione di lavoro e prodotto interno lordo, per finire all'interesse per la sanità e la cura dell'ornato urbano. Non è un mistero per nessuno che lo Sprar, così come era stato concepito inizialmente in Italia, sia diventato, via via, da strumento volto all'integrazione e all'accoglienza, a vero e proprio business per imprenditori senza scrupolo che, in molti casi, finivano per lucrare sul disagio e sulle minime esigenze di vita dei migranti, abbandonati a loro stessi senza la necessaria formazione e istruzione, per cogliere l'obiettivo della integrazione. La nuova legge potrebbe anche aver bisogno di alcune modifiche ma, intanto, almeno in queste ore, essendo appunto una legge, non può essere violata da chicchessia. Il nostro è un Paese che fonda le proprie origini sulla vocazione giudaico-cristiana e sulla cultura laica dell'accoglienza verso quei migranti che fuggono dalla guerra, dall'oppressione etnica, razziale o politica. Ma per tutelare con convinzione queste categorie, dobbiamo evitare di fare come quei farisei che, sostenendo di interpretare in modo autentico il codice etico, condannavano i profeti e i giusti alla pena capitale. La collettività deve metabolizzare e socializzare i costi dell'integrazione, solo se ciò non si tramuta in una speculazione e se, anche attraverso l'accoglienza, al primo posto, rimane sempre il rispetto della legge, da parte di tutti, sindaci e migranti compresi.
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