Crac Videocon, fu bancarotta
Ecco come è fallita la fabbrica
ciociara di televisori al plasma

Crac Videocon, fu bancarotta Ecco come è fallita la fabbrica ciociara di televisori al plasma
di Pierfederico Pernarella
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Domenica 15 Aprile 2018, 18:03
Bancarotta fraudolenta dietro uno dei più grandi crac della storia industriale della Ciociaria. Quello della Vdc Technologies, la fabbrica di televisori di Anagni fallita nel giugno del 2012. Fallimento causato, secondo la Procura, dalle condotte poste in atto da amministratori, liquidatori e membri degli organi di vigilanza che hanno comportato o non impedito la dissipazione e la distrazione del patrimonio sociale. L’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Barbara Trotta, ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di dieci persone. Ieri, davanti al gup Antonello Bracaglia Morante, c’è stato un primo round del procedimento.

GLI IMPUTATI

Ha chiesto un patteggiamento a un anno e 4 mesi Marco Padella, direttore e poi amministratore della Vdc dal 2002 al 2007, difeso dall’avvocato Antonio Grillea. Patteggiamento anche per gli imprenditori indiani (tutti difesi dall’avvocato Roberto Rampioni) che hanno rilevato l’industria nel 2005 fino alla messa in liquidazione nel 2010: 3 anni per Subash Nabar, 2 anni per Sanjay Karwa e Pradeepkumar Dhoot. Ha richiesto un patteggiamento a un anno e 4 mesi anche Andrea Lo Sasso (difeso dagli avvocati Claudio Cardarello e Giuseppe Spaziani) presidente della Cervino Technologies, un ramo di azienda della Vdc.
Un altro amministratore di quest’ultima società, Mario Malacalza ha già patteggiato nei mesi scorsi una pena a un anno e 4 mesi.

Hanno chiesto il rito abbreviato i membri del collegio sindacale: il presidente Mauro Di Gregorio (difeso dall’avvocato Fabrizio Federici) e i sindaci Stefano Rauco e Sergio Goio rispettivamente assistiti dai legali Carlo Schiuma e Vito Patta. Infine il pubblico ministero ha chiesto il non luogo a procedere per Pierluigi Sassi (difeso dagli avvocati Francesco Bruno e Francesco Salvi) amministratore della Cervino srl.
Si tornerà in aula il 19 ottobre per la formalizzazione delle richieste, con l’assenso del pm, di patteggiamento e quelle pere l’abbreviato.

LE CONTESTAZIONI
L’accusa, innanzitutto, contesta il fatto che le scritture contabili, così come accertato anche dal curatore fallimentare, non hanno consentito di ricostruire il patrimonio e i movimenti degli affari in quanto cuna miriade d crediti verso clienti e pagamenti, anche verso l’estero, sono stati messi in contabilità senza essere supportati dalla dovuta documentazione.

La Procura ha contestato anche pagamenti fatti a favore di una serie di professionisti nei giorni immediatamente precedenti e successivi al deposito della domanda di concordato preventivo.
Inoltre, stando alla ricostruzione dell’accusa, sono stati dissipati circa 69 milioni di euro per l’acquisto di macchinari per la produzione di televisori al plasma che non sono stati mai utilizzati e circa 158 milioni di euro per il costo sostenuto dalla società tra il 2005 e il 2010 atteso che, scrive la Procura, il «numero dei dipendenti mantenuti in forza alla società era di gran lunga superiore a quello necessario per la mera attività di assemblaggio televisori svolta dalla società fallita con componenti acquistati da terzi».

Il fallimento, infine, accusa la Procura, è stata causato dalla mancata adozione degli unici provvedimenti che potevano essere presi (riduzione di capitale o richiesta di liquidazione) dal momento che nel bilancio 2009 risultava una perdita di 154 milioni di euro, superiore al terzo del capitale sociale che era di 225 milioni di euro. Non solo: nel 2011, dopo il rifiuto dei creditori ad un accordo per la ristrutturazione del debito, è stata presentata una domanda di concordato preventivo che non ha fatto altro che aggravare la situazione e comportato spese a favore di professionisti per un ammontare complessivo di circa 600mila euro e oltre 100mila euro per i costi di gestione della Cassa integrazione.
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