Frosinone, la consigliera Sardellitti guarita dal Covid: «Il virus ti lascia impotente in mezzo a una giungla di procedure»

La consigliera Alessandra Sardellitti
di Matteo Ferazzoli
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Mercoledì 18 Novembre 2020, 07:00 - Ultimo aggiornamento: 20 Novembre, 08:43

«La sensazione peggiore è il senso di impotenza, l’ incertezza». A parlare è Alessandra Sardellitti, consigliere frusinate comunale e provinciale del Partito Democratico. Da poco, ha sconfitto il Covid e ha deciso di raccontare la sua esperienza. La comunicazione del contagio è arrivata a inizio novembre: «Non è stato sufficiente adottare tutte le precauzioni nella vita sociale, lavorativa e politica, il Covid è entrato prepotentemente nella mia famiglia, colpendo indistintamente tutti i componenti, ad eccezione del piccolo Tommaso, rimasto eroicamente negativo», spiega il consigliere. 

«Non sono stati giorni facili, non tanto per i sintomi fisici, assimilabili ad una brutta influenza, febbre, mal di ossa, perdita gusto ed olfatto, quanto piuttosto per il timore che sopraggiungessero delle complicazioni a livello respiratorio che avrebbero costretto a ben altro percorso».

Per questo, è stato costante «il monitoraggio della saturazione, della febbre e dei battiti cardiaci, soprattutto per i membri più adulti della famiglia. Ammalarsi tutti insieme di un virus sostanzialmente sconosciuto non è una gran bella esperienza, soprattutto mentre ti giungono notizie di persone che conosci, amici di famiglia, che nel giro di pochi giorni, vengono sconfitti dal Covid».

La sensazione peggiore provata, però, in quei giorni difficili, come testimoniato da lei stessa «è il senso di impotenza e di incertezza che ti circonda, perché non conosci il virus, non conosci il suo comportamento e perché ti accorgi che anche i medici di base, assediati da decine e decine di pazienti che si sentono impauriti ed abbandonati, si muovono con difficoltà.

Mi chiedo solo perché il sistema continui a non funzionare».

La convalescenza a ostacoli

La Sardellitti, quindi, in base alla sua esperienza, accende i riflettori sulla questione sanitaria: «Il problema è evidentemente strutturale, laddove il medico di famiglia dovrebbe essere supportato dall’azienda sanitaria per la messa in quarantena e il monitoraggio a domicilio, ovunque è lasciato solo a gestire un numero spropositato di malati. Senza dimenticare che ancora non esiste, come detto, un protocollo unico e nazionale per la gestione dei positivi a domicilio. Basterebbe – riflette il consigliere- un documento guida per i medici di famiglia, con indicazioni sui farmaci da prescrivere per le cure a casa ed un capillare monitoraggio anche da remoto, per migliorare il sistema. E poi – osserva - il sistema è complicato da far comprendere, soprattutto alle persone più anziane ed inesperte con l’uso dei mezzi informatici. Prenotazione del tampone al drive-in solo per via telematica, risposte via email, password, ricette dematerializzate, telefonate teleguidate. Tutto giusto per noi che nella tecnologia ci viviamo quotidianamente ma per mia madre e per tutte le altre madri o gli altri padri ultrasettantenni? E poi la confusione tra tamponi antigenici e molecolari, dove farli, quando sono validi, quando è obbligatorio uno dei due. Tutto tremendamente complicato».

Il consigliere, quindi, testimonia: «Insomma ho trovato una giungla, dove l’aspetto più bello è stata la solidarietà di chi si preoccupa delle tue condizioni, di chi ti dà una mano nella gestione delle incombenze quotidiane, di chi ti dà consigli, di chi ti rassicura. Di chi c’è in un momento complicato». Adesso, però, vinta la battaglia col Covid «ho una motivazione in più per attenzionare la nostra sanità e pretendere che la stessa migliori, nelle scelte dirigenziale, nella gestione quotidiana, nel rispetto verso il malato. Perché il Covid ha messo in luce tutte le debolezze della nostra sanità, debolezze su cui il Governo e le Regioni – conclude- dovranno riflettere attentamente e proporre soluzioni quanto più immediate ed efficaci possibili».

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