La chef Salvatore Tassa: «Al ristorante ci vuole garbo, non si può andare in bermuda e ciabatte»

La chef Salvatore Tassa: «Al ristorante ci vuole garbo, non si può andare in bermuda e ciabatte»
di Annalisa Maggi
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Mercoledì 28 Dicembre 2022, 09:24 - Ultimo aggiornamento: 29 Dicembre, 06:46

Il suo regno è la cucina, l'ingrediente che la rende unica è la mentalità. È grazie all'idea innovativa e al tempo stessa saldata alle radici, riprodotta nel logo stesso del ristorante Colline Ciociare ad Acuto, che Salvatore Tassa ha scalato le classifiche dei templi del palato più apprezzati in Italia conquistando i fautori della cucina gourmet e imponendosi come un precursore, uno studioso del gusto, un filosofo del mangiare per stare bene, un personaggio da cui trarre spunto per trarre il massimo dal minimo tra i fornelli.

Reduce da una conferenza sulla cultura, i simboli e l'arte dell'alimentazione presso la cattedra di antropologia culturale dell'università La Sapienza di Roma, il libero cuciniere di Acuto, come ama definirsi, si racconta alle porte del 2023 e fa un bilancio dell'anno che se ne va.

Che anno è stato il 2022?
«Dopo due anni di pandemia il 2022 è stato un mezzo anno di rinascita, di ripresa dopo la sberla.

La società si era come addormentata su certi stili e concezioni di vita, mettendo al centro l'io e la certezza del futuro. Poi è arrivata la pandemia che ci ha riportati con i piedi per terra cambiando i connotati al modo di rapportarci agli altri e alla cose. Tutto sommato non è un anno negativo, piuttosto un tempo di presa di coscienza di qualcosa che non ci aspettavamo, un anno per certi versi positivo e di riflessione».

Che conseguenze ha avuto sulla sua attività?
«Trovo cambiato il modo di considerare il lavoro. Durante la pandemia si parlava degli stipendi sottopagati e si è messo in discussione il benessere sociale, è come se avessimo preso coscienza che godevamo era un benessere finto».

C'entra anche il reddito di cittadinanza?
«Non credo tanto al reddito di cittadinanza come deterrente perché sarebbe l'annullamento dell'uomo che si fa mantenere dallo Stato affogando la propria intelligenza nella bambagia. Il reddito di cittadinanza, piuttosto, da una parte ha fatto venire a galla il problema del lavoro sottopagato, dall'altra ha creato deviazioni nel mondo del lavoro per cui è vero che c'è stata ed è un bene una rivalutazione dei compensi ma ha portato anche una sopravvalutazione delle competenze. Tanta gente pretende tanto dando in cambio poco. La pretesa economica a fronte di stipendi giusti si giustifica solo con la competenza. È stato svelato il velo del pressapochismo. Prima andava tutto bene perché pur di lavorare ci si accontentava, oggi si pretende e basta. Anche per impiattare ci vuole esperienza, non bastano i corsi televisivi da masterchef; fare lo chef è un mestiere duro che ti impegna molte ore, un piatto lo devi prima creare per saperlo impiattare».

Come sono andate le feste natalizie?
«Abbiamo lavorato bene sia con le Colline Ciociare che con la trattoria Nu', forse meglio di quanto si potesse prospettare. Certo è che i clienti hanno maggiore consapevolezza perché cominciano a misurare come spendere i soldi e per chi sta dall'altra parte quello che dai deve essere congruo con quello che chiedi».

Cosa si aspetta dall'anno in arrivo?
«Sono sempre stato convinto che dal futuro l'uomo si deve aspettare quello che crea nel presente, bisogna tener conto delle opportunità che ti dà la vita non delle speranze, per cui il 2023 sarà come qualsiasi anno che verrà e sarà sempre l'espressione di ciò che abbiamo creato oggi».

Ci svela qualche progetto?
«Io ho gradi progetti a prescindere dal 2023 perché credo nelle mie forze e i progetti sono il filo continuo della mia vita: incrementare la trattoria per farne un luogo principale di convivialità, della giustezza popolare, mentre le Colline saranno un ruolo di lusso che non è legato all'aspetto prettamente economico e mi spiego: al ristornate ci si va per stare in un contesto di condivisione, non si può andare in bermuda o in ciabatte. Occorre avere un certo garbo che dovrebbe appartenere all'uomo in ogni situazione. Andare al ristorante deve essere un'esperienza vera, che entra dentro, perché trovi cose che fuori non troveresti. Oggi, anche a causa dei social, non ci stupiamo più di niente, manca quel M'illumino di immenso di cui parlava Ungaretti e che mi auguro possa provare, invece, chi viene a trovarmi».

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