Coro di no contro il biodigestore a Frosinone, ma tutti i rifiuti organici della provincia finiscono già nel capoluogo

L'area in cui dovrebbe sorgere il biodigestore e dove si trova l'impianto di trasferenza della Sangalli
di Pierfederico Pernarella
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Mercoledì 2 Dicembre 2020, 22:39 - Ultimo aggiornamento: 22:41

Tutti o quasi, Comune compreso, contrari al biodigestore, ma nel frattempo i rifiuti organici prodotti in provincia di Frosinone finiscono già nel capoluogo, proprio a una manciata di metri dall’area interessata dal progetto presentato dalla società “Maestrale”, prima di essere trasportati in Nord Italia e quindi trasformati in biometano e compost.

L’area in cui viene portata la frazione umida proveniente dalla raccolta differenziata dei Comuni ciociari è lo stabilimento della società “Sangalli Giancarlo” (ex Sari), nella zona Asi, alle spalle del Centro commerciali “Le Sorgenti”, a due passi come detto della proprietà di Turriziani. Il sito, sulla scorta di un contratto con la Saf, funge da impianto di trasferenza. Una volta portati qui, i rifiuti organici sui tir della Sangalli partono alla volta della Lombardia per essere trattati da impianti che producono biogas o compost.

 

Il sistema in tilt dopo la chiusura dell'impianto di Colfelice

Ma perché i rifiuti organici finiscono temporaneamente a Frosinone per essere poi portati in Nord Italia? La situazione è precipitata circa due anni fa con la chiusura dell’impianto di Colfelice ormai inadeguato a produrre compost. Tanto che il grosso dei rifiuti organici, invece di essere trattato, negli anni scorsi sarebbe finito in discarica come emerso da un’inchiesta del 2017 dei forestali che ha portato alla contestazione dell’ipotesi di truffa in pubbliche forniture ai danni degli stessi Comuni soci per circa 6 milioni di euro.

Il sistema di trattamento dell’umido è andato in tilt perché in provincia di Frosinone non ci sono altri impianti per il trattamento di questa tipologia di rifiuti e quelli in funzione nel Lazio lavorano già a pieno regime.

I Comuni, per un periodo, hanno provato a fare da soli, individuando siti anche al di fuori del Lazio, ma la soluzione si è rivelata particolarmente dispendiosa e poca agevole dal punto di vista logistico. E così dal febbraio del 2019 la Saf, per conto di tutti i Comuni della provincia, in qualità di intermediario ha trovato la soluzione economica più vantaggiosa. Appunto con la Sangalli.

I Comuni oggi pagano 145 euro a tonnellata più IVA. Nel 2019 i rifiuti organici portati nell’impianto di trasferenza della Sangalli a Frosinone sono stati pari a circa 24mila tonnellate, conferite da 57 Comuni. La Ciociaria, all’anno, produce all’incirca 42mila tonnellate di rifiuti organici, ma ad oggi come detto non dispone di impianti per il loro trattamento.

 

Una raffica di progetti in provincia di Frosinone 

In compenso si sono moltiplicati i progetti per inserirsi in questo settore con l’obiettivo di trasformare la frazione organica in una risorsa energetica, in particolare biometano. Settore appetibile, oltre che per la richiesta di mercato destinata a crescere con l’incremento della differenziata, anche perché gli incentivi pubblici del Gse per le energie rinnovabili e i contributi UE per l’economia circolare consentono di coprire buona parte dell’investimento iniziale, non trascurabile, con rischi ambientali contenuti rispetto ad altre tipologie di rifiuti.

Prima del progetto della “Maestrale” (50mila tonnellate all’anno), è arrivato quello della Recall a Patrica: più o meno con la stessa tecnologia intende realizzare un impianto per la lavorazione di 300mila tonnellate di frazione organica all’anno. Il progetto, al vaglio della Regione, si è incagliato perché le falde del sito in cui dovrebbe sorgere l’impianto sono risultate contaminate.

Ci sono poi i progetti che interessano Anagni e il territorio tra Roccasecca e Colfelice con a partnership tra Saxa Gres e Saf che dovrebbero lavorare non meno di 100mila tonnellate di rifiuti organici ognuno per la produzione sempre di biometano ma anche dI energia necessaria agli stabilimenti della Saxa Gres. Infine c’è il progetto dell’Air Green a Ferentino, ma si tratta di una tipologia d’impianto diversa dalle precedenti, per la lavorazione della frazione verde (20mila tonnellate l’anno) da trasformare in compost agricolo e in biogas.

Nel complesso, quindi, ci sono progetti per lavorare oltre 500mila tonnellate di frazione organica  più o meno il quantitativo che viene prodotto in un anno in tutto il Lazio (quasi un milione se si considerano anche gli sfalci verdi). Numero destinato a crescere con l’incremento della differenziata in cui la frazione umida rappresenta il 30%. Metà dei rifiuti organici prodotti del Lazio però vengono inviati, trattati e smaltiti fuori regione.

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