Inquinanti dal depuratore, tre arresti. Il gip: «Gli indagati consapevoli che non funzionava». Le intercettazioni: «Sembra Gardaland»

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Giovedì 23 Settembre 2021, 08:51 - Ultimo aggiornamento: 24 Settembre, 11:26

 Sono tutti accusati di inquinamento ambientale il presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato della società ‘A e À spa, l’amministratore di fatto della stessa società, il responsabile degli impianti Cosilam gestiti dalla ‘A e À, il project manager della società e il responsabile dell’impianto di depurazione Cosilam di Villa Santa Lucia, destinatari delle misure cautelari emesse dal gip del tribunale di Cassino ed eseguite questa mattina dai carabinieri forestali di Frosinone.

Nei confronti dei primi tre, Riccardo Bianchi, Roberto Orasi e Amedeo Rota, sono stati disposti gli arresti domiciliari; per le altre due rispettivamente l’obbligo di dimora e di presentazione alla Polizia Giudiziaria e il divieto di dimora nel Comune di Santa Lucia e di presentazione alla polizia giudiziaria.

Secondo quanto emerso dalle indagini del nucleo investigativo di Polizia Ambientale agroalimentare e forestale, in concorso morale e materiale tra loro, avrebbero «in relazione all’attività di depurazione dell’impianto Cosilam nel comune di Villa Santa Lucia, gestito in regime di ‘in housè dalla "AeA" spa abusivamente, in violazione delle prescrizioni autorizzative e dei limiti tabellari - come si legge nell’ordinanza del gip Vittoria Sodani - consentito lo scarico nel fiume Rio Pioppeto di reflui non correttamente depurati con concentrazioni altissime e oltre i limiti consentiti di Cod, Bod5, solidi sospesi, alluminio, solfuri, solfati e fosforo totale, assumendo con i loro ruoli l’obbligo giuridico di impedire l’evento, omettendo deliberatamente e reiteratamente di adottare le necessarie cautele e gli opportuni provvedimenti, cagionavano la compromissione e il deterioramento del corpo recettore del corso d’acqua, che risulta ora alterato per la presenza di fanghi, schiume e materiali in sospensione; delle acque pubbliche del Rio Pioppeto, rendendole qualitativamente e notevolmente peggiori delle acque reflue che scorrono in una comune rete fognaria, e rendendole inidonee alla vita dei pesci. Il tutto con l’aggravante di aver prodotto l’inquinamento in area sottoposta a vincolo paesaggistico».

Dalle conversazioni telefoniche e ambientali captate nel corso delle indagini dei carabinieri forestali che hanno portato il gip di Cassino, Vittoria Sodano, ai mettere cinque misure cautelari e a disporre il sequestro del depuratore Cosilam, emerge come gli indagati fossero a conoscenza delle problematiche che presentava l’impianto di depurazione di villa Santa Lucia. Ciò nonostante, sottolinea lo stesso giudice nell’ordinanza, «si preoccupavano essenzialmente di non far trasparire all’esterno i problemi, piuttosto che adottare gli accorgimenti necessari per evitare l’inquinamento del corso d’acqua».

Uno dei responsabili indagati ammette: «... sta in mezzo alla merda, che il depuratore sembra Gardaland. Praticamente quella vasca di ossidazione mi sembra Gardaland».

In una conversazione telefonica del 18 maggio 2020 tra il responsabile degli impianti Cosilam, Amedeo Rota, e un dipendente, anche lui indagato, i due parlano delle pompe ferme: una criticità che si ripete da tempo: «c’è qualche problema alla 1, perché ogni tanto io l’ho trovata sempre in stacco termico» fa notare il dipendente al capo.

Colpisce, scrive il gip, come a voler risolvere il problema sia lo stesso dipendente «però domani mattina dobbiamo controllarla sta pompa eh», mentre Rota appare preoccupato più della gente che ha segnalato la criticità: «già stanno a rompe il ca...». 

 In un’altra conversazione lo stesso dipendente descrive a Rota la gravità della situazione che sta riscontrando alla stazione di sollevamento: «è grave sta cosa» evidenziando un malfunzionamento del sistema automatico di partenza delle pompe. Riferisce anche, scrive ancora il gip, che i liquidi trasbordano dalla stazione di sollevamento e vanno a finire nel Rio sottostante e che i presenti se ne sono accorti «sotto qua al gruppo, l’acqua del pozzo va sotto quella vaschetta dove stanno le valvole di ritegno e e questi l’hanno visto questo fatto qua». Rota conosce bene la problematica «eh lo so, lo so» e sa cosa dovrebbe fare, ossia riparare la tubazione, ma consapevole che ci vogliono 10, 15.000 euro, con tono ironico dice al dipendente di farseli dare da chi aveva segnalato il problema «dicci che se ce li dà 10, 15.000 euro li aggiustiamo» invitandolo a non disturbare più: «Non rompesse li cogl...».

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