All’Opéra Garnier parigini in fila per il suo Don Pasquale: dramma buffo di Donizetti che il regista Damiano Michieletto ha chiuso in una stanza Anni Sessanta, insieme con gli oggetti cult del boom economico.
Repliche fino al 16 aprile, mentre a Roma sono già in corso le prove dell’operetta di Lehár, in cartellone dal 14 aprile al Costanzi: una Vedova talmente allegra che snobba il valzer e si scatena nel foxtrot.
In attesa che il “semi-musical” segni il passo, Michieletto è all’Opera di Francoforte dove oggi debutta il suo Der ferne Klang (Il suono lontano), uno dei lavori più significativi di Schreker e del clima della Secessione austriaca.
Damiano Michieletto, 43 anni, veneziano, è un’eccellenza del teatro musicale, con premi Abbiati e Olivier nel cassetto e un curriculum che vanta anche una Bohème con la Netrebko, un Falstaff ambientato nella casa di riposo “Giuseppe Verdi” di Milano e un Guillaume Tell con una scena di stupro che ha diviso platee.
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