Ennio Morricone, il calco della mano realizzato da un artigiano romano: «Mi regalò un suo spartito»

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«So'  Morricone. Ma 'sta mano la famo o no?». Dante Mortet, artigiano e dunque artista con bottega a Piazza Navona, dall'altra parte del telefono per poco non cade dal motorino. «Era un giorno di novembre di 4 anni fa. Il maestro aveva saputo che facevo sculture di mani, si era recuperato il telefono e mi aveva contattato. Ero su Ponte Cavour e in quel momento ho incontrato una persona immensa», dice Dante, oggi commosso per il passato e per il presente. Mortet immortala la mano di Morricone in una scultura in bronzo, «una mano che il maestro teneva in mostra a casa sua, poi io ne feci un'altra copia la notte che vinse l'Oscar, la feci inginocchiato mentre lo premiavano».

«Andai a fare il calco a casa sua. Mise subito le cose in chiaro: "deve essere la mia mano che scrive la musica, insomma con la penna ma quale bacchetta"», ricorda Dante, una famiglia di cesellatori da 5 secoli. E quella mano in effetti viene alla luce nell'atto più concreto della creazione musicale, quella in cui le note fluiscono nell'inchiostro e prendono sostanza nello spartito. Insomma quell'atto semplice e potente in cui il mestiere diventa arte. «"Io la musica la scrivo" mi diceva il Maestro - spiega Dante - e a suggellare questo mi regalò lo spartito in cui aveva scritto il brano che colsi nel calco: era il motivo principale del Il buono, il brutto e il cattivo, insomma sì L'ululato del coyote».

Un vero gesto di stima «considerando che Morricone, mi disse poi un suo collaboratore, i suoi spartiti se li riportava sempre via e non ne lasciava mai nessuno in giro». Il calco, fatto in un pomeriggio tra tante chiacchiere romane, «il caffè della signora Maria e un video girato col telefonino 'che fa il film', come diceva il Maestro», poi si trasforma in una scultura in bronzo. «Il materiale lo abbiamo scelto insieme - dice Dante - perchè è il materiale di Roma, anche il Marc'Aurelio è in bronzo. E Morricone è un monumento di questa città, anzi di questo mondo».

Da quella mano, solida e bella che tiene la penna e sembra strappata ad un affresco michelangiolesco, la vita artistica e umana di Dante cambia. «Te porta fortuna, vedrai», mi disse Morricone. Da lì Dante, bottegaio col dono dell'arte, fa le mani di Robert De Niro, Kirk Douglas, dell'intero cast del film di Tarantino 'The Hateful Eight', fa persino il calco dei piedi di Pelè. Ora sogna di immortalare nella materia le mani del grande fotoreporter Sebastiao Salgado, il fotografo del lavoro impastato di fatica nel bellissimo libro di 350 scatti «La Mano dell'uomo». Ma il legame di Dante con Roma resta ed è fortissimo tanto che è suo il logo del premio Roma Best Practice Award che quest'anno, per volere dell'organizzatore Paolo Masini, sarà dedicato a Ennio Morricone. Da stamattina Dante tra le sue mani, belle e potenti come quelle del maestro, rigira quello spartito che Morricone gli ha regalato. «È un pezzo mondiale», gli disse Morricone finendo di vergare le ultime note. «Io me lo tengo qui, nella scatola delle cose più belle, qui ci sono ancora le sue mani», dice Dante stringendo le note d'inchiostro e musica, le mani immortali del Maestro.