Coronavirus, sarà un’epidemia a cicli: tregua prima dell’estate

Sarà un epidemia a cicli, tregua prima dell estate
di Mauro Evangelisti
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Mercoledì 1 Aprile 2020, 00:22 - Ultimo aggiornamento: 20:39

Plateau, epidemia a ondate, aperture e chiusure a soffietto in base all’andamento dei contagi e per singole categorie di persone, mini-zone rosse mirate. La battaglia contro il coronavirus sta rinnovando, ogni giorno, il vocabolario, ma la sintesi è semplice: la percentuale dell’aumento dei ricoveri per Covid-19 è scesa ben al di sotto dell’1,5 per cento, addirittura quella delle terapie intensive è all’1 per cento. Deve essere chiaro un concetto: non torneremo alla vita di prima anche quando il numero dei nuovi contagi sarà vicino allo zero, probabilmente attorno alla fine di maggio; dovranno restare misure di distanziamento sociali; potrebbe esserci un andamento simile a quello dell’influenza, con una tregua estiva e una nuova offensiva del contagio in autunno.

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ALTOPIANO
Secondo il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, siamo arrivati al plateau, concetto simile ma non identico a quello del picco: dopo una troppo ripida e rapida salita sostanzialmente ci troviamo su un altopiano e ci aspettiamo che presto inizierà la discesa. Ma non significherà che potremo andare tutti allo stadio o in spiaggia. No. «Dovremo vigilare, alleggerire ma comunque mantenere misure di contenimento e regolare gli interventi per evitare che i risultati dei sacrifici di questi giorni vadano dispersi» dice il professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università di Milano.

Ci sono esperienze di altri territori, come Hong Kong e Singapore, che dimostrano come una frenata dei contagi non è per sempre: l’epidemia va appunto a ondate e bisogna essere pronti a rispondere, con chiusure e limitazioni, appena si riaccende l’allarme. Pregliasco: «Quando saremo in una situazione stabilizzata, dovremo essere tempestivi nell’isolare nuovi focolai con zone rosse circoscritte ma severe».

Come ogni giorno si controllano i dati delle centraline dello smog, diventerà un’abitudine verificare costantemente l’andamento di nuovi casi di Covid-19 e se si supereranno determinati limiti, bisognerà intervenire. Ieri l’Organizzazione mondiale della Sanità ha spiegato: «Arriverà un momento in cui i governi dovranno cominciare a pensare di sollevare le misure di chiusura e questo dovrà avvenire gradualmente, per arrivare a un equilibrio fra il controllo della malattia e la necessità di riportare le società alla normalità».

C’è un altro dato importante che ci fa capire come i sacrifici delle ultime settimane non sono stati inutili: l’R0, cioè - spiega l’Istituto superiore della Sanità - «il numero medio di infezioni secondarie prodotte da ciascun individuo infetto». Racconta la velocità di trasmissione del virus, quante persone contagia un paziente positivo. Per il coronavirus il valore è molto alto, può arrivare anche a 3,4. Brusaferro ha annunciato che in Italia si è avvicinato a 1. «L’obiettivo è andare al di sotto dell’1 e il fine ultimo quello di arrivare a zero». Resta però un problema enorme: la reale fotografia della diffusione del contagio in Italia non l’abbiamo, esperti e ricerche internazionali ripetono che i positivi nel nostro Paese possono essere moltiplicati anche per dieci. Ed è stato accertato che anche gli asintomatici possono essere contagiosi. Per questo tra gli esperti, a partire dal virologo Roberto Burioni, prende forza la tesi che serve rispondere a queste domande: «Quante persone in Italia hanno contratto il virus? Quante sono guarite e sono immuni?».

FOTOGRAFIA
Si torna al tema dei test a campione su categorie di persone e di test sierologici per comprendere, in base alla presenza degli anticorpi, quanti sono gli immunizzati (anche se Ranieri Guerra dell’Organizzazione mondiale della sanità ha avvertito che ancora questo tipo di analisi non sono affidabili). A questo si può aggiungere il tracciamento dei pazienti positivi o dei loro contatti; limitazioni agli spostamenti solo per determinate categorie che, secondo le statistiche, risultano più a rischio (ultra settantenni ma anche persone con più di una patologia). Brusaferro: «Sono tutti strumenti importanti, dovremo proteggere le fasce deboli, dovremo intercettare più velocemente le persone positive. Non c’è solo una strategia, in una prima parte dovremo immaginare di lavorare con una approssimazione, mettendo insieme molti strumenti».
 

 
 

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